Il lago
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mizuumi
Basta ritagliarsi un momento per evadere dal tempo, dai soliti ritmi, dal medesimo standard.
Per non rischiare il collasso e perdere pizzichi pregevoli e' sufficiente abbandonarsi, consapevoli di un orizzonte diversamente bello. Così si impara, libro dopo libro, a mutare il primo approccio a Kawabata. Diventa fatale acquisire quel passo che permette di assopirsi in territori ameni, senza inciampare nelle difficolta'di forma o contenuto, assuefatti ad un oblìo così dolce e rigenerante.
" Il lago" e' un intreccio poco lineare di contemporaneo e di ricordo, due entita' che talvolta si incontrano soltanto , talaltra si fondono.
Concreto e inconsistente , vacuo ma profondo, elementare eppure poetico, intimo, onirico.
E' un Giappone dell'immediato dopo guerra, nel pieno del cambiamento, dove pero' la tradizione stenta a dileguarsi. E' un cielo nero punteggiato di lucciole che fuggono verso le stelle, o di insetti chiusi loro malgrado nelle lanterne luminose. E' la bellezza di una donna che fluisce abbagliando nel candore del collo e dei lobi. E' la rabbia remissiva di una giovane concubina nei confronti dell'anziano sostenitore. E' un concetto ricorrente, radicato in tanti autori giapponesi, che vuole nella morte l'unica via per cristallizzare l'apice della bellezza.
Non so valutare un testo del Nobel nella sua globalita'. Non mi e' necessario, e' una stima estranea, perche' in lui amo il classicismo che rende magnifica la singola frase, la scena solitaria, il dettaglio.
Che importanza ha la trama di questo libro, mero traguardo aleatorio, non conta correre per capire, ci si appaga solo cosi', percorrendo il piacere della letteratura .
" La velocita' con cui la ragazza aveva mutato animo lo amareggio' come se avesse calpestato un fiore."
Buona lettura.