Il diavolo Il diavolo

Il diavolo

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Il lungo racconto "Il diavolo", composto nel 1889, venne pubblicato postumo un anno dopo la morte di Tolstoj, avvenuta nel 1910, seguendo dunque la stessa sorte di "Padre Sergio", un altro dei suoi racconti che per non pochi aspetti a questo si avvicina. "Il diavolo" infatti è, anche qui, la tentazione dei sensi: tema fondamentale nell'arte di Tolstoj, che si trova sviluppato in numerose sue opere e in particolare anche in un altro famosissimo racconto lungo, "La sonata a Kreutzer", pubblicato proprio nel 1889.



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Il diavolo 2012-09-01 10:56:27 DanySanny
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    01 Settembre, 2012
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Diavolo, tentazione e tormento

E' essenzialmente un racconto sulla passione, quello di Tolstoj, su quella passione assillante che giace all'interno del corpo e corrode il cuore e la mente sino rendere un uomo svuotato di ideali, preda che soggiace alla tentazione, la cui dignità sembra disintegrarsi di fronte alle pulsioni. E' un uomo schivo, automa senza capacità di decidere. La tentazione diventa religione. La passione diventa ossessione. Esiste solo la dimensione dell'appagamento del desiderio.

Tolstoj, il grande scrittore russo, riflette sul tema del sesso, unico pensiero fisso di un uomo che nonostante l'idillio familiare non riesce a distogliere lo sguardo da una contadina. Un desiderio irrazionale che pone in discussione qualsiasi certezza, tutto si sacrifica all'obiettivo, tutto cede innanzi alla pulsione.
E' il Diavolo che tenta, il Diavolo è il male. O forse la tentazione è il vero Male, e il Diavolo la concretizzazione di una prospettiva distorta dal desiderio?
E d'altra parte, chi decide cosa è Male? La ragione non sempre, anzi, spesso soccombe alla fantasia, alla possessione, all'ossessione.

E' male ciò che trascende la normalità. Ma è sempre così? O forse la normalità è una gabbia che tenta di rinchiudere e anestetizzare le passioni in nome di un'apparente tranquillità? E' ricco di interrogativi questo racconto, nonostante la brevità, un testo che spinge a riflettere sulla normalità, sul desiderio. E' un racconto che scandaglia l'animo umano alla ricerca della causa dell’insoddisfazione.
Perché il protagonista, nonostante il denaro, una moglie, la felicità secondo il pensiero comune, rifugge plagiato da un desiderio incontenibile tra le braccia di un'altra donna?
La pulsione sessuale è l'effetto di una disarmonia con se stessi che non si vuole ammettere, dell'insostenibilità di una situazione che non si vuole modificare in nome delle apparenze. Il sesso non è il Diavolo, come può sembrare, sebbene sia visto da Tolstoj come un nemico dell'uomo in quanto è capace di annichilire coscienza, dignità in nome del desiderio. L'eros non è il male, ma lo può facilmente diventare in quanto limite, in un cero senso, alla libertà.

Ma forse, a questo punto, sorge un sospetto: forse l'Eros è Amore? Forse è l'amore che disgrega il matrimonio e la razionalità, aprendo le porte verso il raggiungimento della felicità. E l'amore no tollera ostacoli, tranne forse uno che ne eguaglia il potere: la Vergogna. Un dissidio imperituro che riecheggia tra le pagine di libri e libri, fino a riproporsi nella penna dell'autore russo, che, nonostante non raggiuga stilisticamente i livelli di Anna Karenina, porta in scena un contrasto che troppo spesso viene liquidato con diabolica e crudele freddezza dalle convenzioni sociali.

Amore e Vergogna, pentimento e rimorso si scontrano nella dicotomia di un uomo il cui equilibri galleggia pericolosamente tra i fuochi della passione, e le onde turbinanti del pentimento. E qual è l'unica soluzione? Come riacquisire la stabilità?
Tolstoj propone due finali, io ho preferito il secondo, più in linea, a mio avviso, con la personalità dell'uomo, ma anche qui il dubbio imperversa, come se la riflessione su questo racconto debba essere infinita. Ed in effetti, a ben pensarci, i tratti di questa lotta si ripresenta in continuazione, spesso obliati dal giusto e dall'ingiusto, senza che questo discernimento arbitrario poggi su basi che siano differenti da quelle delle convenzioni. Tolstoj non smentisce il suo sguardo acuto, la penna polemica che talora si sovrappone all'autobiografico. Non è un Tolstoj lucido, è un uomo che subisce su di sé lo stesso contrasto del protagonista. Il diavolo è ciò che ognuna tenta di evitare, pur essendone inevitabilmente attratto. Il diavolo è il disequilibrio, il non ascoltare se stessi.

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Il diavolo 2012-03-19 16:23:14 Sara moncalieri
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Sara moncalieri Opinione inserita da Sara moncalieri    19 Marzo, 2012
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Maschio, caucasico, che si lava la coscienza

Sono ancora arrabbiata!
Di questo libro avrei apprezzato il tentativo, e sottolineo tentativo, di parlare dell'aspetto sessuale della vita in un'epoca in cui i tabù erano molti e non c'era la libertà di espressione di oggi.
Era il 1890 e Tolstoj "si era dedicato allo studio dei problemi dell'amore sessuale".
In realtà il tentativo non ci fu nemmeno poiché l'autore non volle pubblicare la novella e, cito testualmente, "preferì nasconderla ai suoi familiari per non ridestare una non sopita gelosia della moglie": E CI CREDO !!!
Infatti, cosa poteva fare uno scrittore per alleggerirsi la coscienza, tenuto conto che:
1 - era stato allevato da alcune zie molto religiose;
2 - aveva sostenuto che "Il Vangelo ha avuto un grande e benefico influsso sulla mia vita";
3 - qualche anno prima di sposarsi aveva avuto una relazione con una contadina / dalla quale aveva avuto un figlio / che lui non aveva voluto riconoscere / che in seguito avrebbe assunto come cocchiere???

E dunque, con questo scheletro nell'armadio, decide di esorcizzare il proprio senso di colpa scrivendo un racconto parzialmente autobiografico in cui scaricare tutte le colpe sulla contadina di cui sopra. Facile, no?!?
Siccome, guarda caso, a scrivere era lui, ed era sempre lui ad avere la penna dalla parte dell'impugnatura, già nelle prime pagine della novella si premunisce auto-assolvendosi e chiarendo che sì, il protagonista (lui) aveva cercato il sesso fine a se stesso, ma per pura motivazione scientifica: lo faceva per la salute. E cosa non si farebbe per la salute, dopotutto!
Per eliminare ogni ragionevole dubbio nei propri lettori, inoltre, spiega che: "Basta soltanto regolarsi in modo che nessuno lo sappia; d'altronde non è per vizio, ma soltanto per la salute". Ecco, lui è a posto. Che poi debba pagare Stepanida, la contadina, dopo ogni prestazione, poco importa: la salute viene sempre e comunque prima di tutto, come si diceva, le medicine hanno il loro prezzo, e il servizio sanitario, purtroppo, non gli fornisce certi medicinali in esenzione.
Il romanzo procede con il matrimonio di lui e l'interruzione degli incontri a pagamento - tanto ha trovato un'altra "medicina"... la moglie...
Ma gli resta un tarlo nascosto, che diventa un chiodo fisso nel momento in cui rivede Stepanida. Inizia così ad avere forti sensi di colpa perché è ancora attratto dalla bella contadina con il "fazzoletto rosso" (manco fosse un toro a una corrida…).
Per questo Evgenij, il nostro protagonista, dopo varie elucubrazioni e momenti di depressione anche acuti, decide che la colpa risieda esclusivamente in lei, l'unica colpevole e tentatrice. Il Diavolo.
Ed esiste solo un modo - no, in verità due, come le varianti del finale - per risolvere la questione e ripulire per bene, una volta per tutte, una coscienza scurita dall'uso.
A voi la scelta dunque del finale preferito. Io, per me, non ho dubbi...


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