Il castello di Dumala
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Un castello in Curlandia
E. von Keyserling, aristocratico baltico, scrisse questo breve romanzo nel 1907 a Monaco di Baviera, lontano dal suo castello in Curlandia, nell'attuale Lettonia.
Sappiamo che era già praticamente cieco; perciò risulta commovente leggere le belle descrizioni del paesaggio invernale nordico, splendido e riposante durante le nevicate notturne che imbiancano sentieri e boschi : le conservava nell'animo e le riviveva nella scrittura.
J. Brokken, in "Anime baltiche", ne parla come di un Proust nordico : "Descrive gli abeti, le spiagge candide, i laghi incendiati dal sole della sera come fossero le sue belle innamorate di gioventù, i parchi dietro i castelli come fossero il ritratto di sua madre".
Il romanzo, con una trama incalzante, rappresenta il mondo della nobiltà baltica nella fase di decadenza. Per questo l'autore è stato accostato a T. Mann e a J. Roth, anche se ritengo che i suoi libri non raggiungano i livelli dei grandiosi romanzi "I Buddenbrook" e "La marcia di Radeztky".
Siamo in un castello, con tre uomini (il marito, un barone delle vicinanze e un pastore d'anime) che ruotano attorno ad un'affascinante figura femminile.
Lo scrittore rappresenta quel mondo in decadenza, che sarà presto travolto dall'ondata della Storia, non come colui che ne fa parte, bensì senza compiacimenti o nostalgie. Sa cogliere l'aspetto umano dei personaggi, il disagio esistenziale, per cui quelle figure letterarie si animano vive e toccanti : il lettore resta spettatore commosso.
Il senso di solitudine e isolamento diventa palpabile; lo scorrere del tempo è tangibile nella sua dimensione crepuscolare : "Ah, tutto corre così velocemente, tutto passa così in fretta, come le immagini di una lanterna magica"; "camminiamo affettuosamente nella luce del tramonto e uno racconta amichevolmente all'altro le sue bugie". "Si crede di essere fortemente e dolorosamente legati a qualcuno, di essergli molto vicino, e poi ognuno va per la sua strada senza sapere che cosa è accaduto nell'animo dell'altro. Al massimo uno saluta l'altro dall'intimo della sua solitudine".