I racconti del mistero
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Con la sua paradossale capacità di invenzione, Poe indaga le zone d'ombra nascoste dietro la normalità apparente delle nostre esistenze e dà vita a inquietanti discese nei recessi più bui dell'animo umano...
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Eppure non sono pazzo...
Un uomo misterioso munito di lucerna scandaglia imperturbabile l’abisso;
intrepido, visita i recessi dell’animo umano in cui, più o meno sepolte, giacciono le ancestrali radici della paura.
In questa raccolta di racconti, sfavillante nella pregevole veste dell’edizione BUR Deluxe ornata delle illustrazioni di Harry Clarke (atmosfere oscure, drappi gotici e sguardi inquietanti, perfettamente in tema), ritroviamo un ampio, curatissimo campionario della genesi del terrore secondo Edgar Allan Poe. Guidati da una narrazione immersiva, spesso rigorosamente in prima persona, in cui ogni parola è calibrata allo scopo di generare tensione, saggiamo l’angoscia per l’attesa nel buio, viviamo il panico dell’impotenza davanti alla furia degli Elementi, scopriamo l’orrore dell’efferatezza, misuriamo i passi dentro l’oblio, sperimentiamo lo sgomento per l’incomprensibile e la follia.
- E ogni sera, verso mezzanotte, giravo il paletto della sua porta e aprivo l’uscio… ah quanto piano! E poi ottenuta un’apertura sufficiente perché la mia testa potesse passarvi, mettevo dentro una lanterna cieca, tutta chiusa, ben chiusa, in modo che non ne uscisse nessuna luce, e poi spingevo innanzi il capo. […] Lo muovevo lentamente, molto, molto lentamente […] –
Proprio la follia, tema ricorrente in ogni capitolo, costituisce la chiave di volta di buona parte del lavoro dello scrittore americano, presentata come variabile imprevedibile della condotta umana, scarsamente intellegibile e per questo fonte di dubbio, superstizione e timore.
Discorso a parte meritano i celeberrimi “I delitti della Rue Morgue” e “Il mistero di Marie Roget”, rivelantisi più che racconti del terrore, come misteriosi casi apparentemente indistricabili, risolti soltanto dal provvidenziale intervento delle straordinarie doti analitiche del conturbante Cavalier Auguste Dupin.
Dupin non è un autentico investigatore, ma la sua morbosa inclinazione per la “lettura del pensiero” e l’interpretazione dei fatti ne fanno uno strumento nelle mani dell’autore per sviscerare punto per punto con soddisfazione i complessi casi dei crimini oggetto dei due racconti. Purtroppo per il lettore, il personaggio di Edgar Allan Poe non gode della consistenza e del fascino di uno Sherlock Holmes o di un Hercule Poirot, ragione per cui, contro ogni pronostico legato alla fama, queste pagine deludono, anche e soprattutto perché troppo dedite alla pedanteria del dettaglio e poco all’azione e allo sviluppo di una trama.
Lontano dall’essere raffrontabile agli scritti odierni che affrontano l’horror e il thriller, quello di Poe è uno stile attiguo al decadentismo piuttosto che votato al “brivido”, dotato di una prosa ridondante di vocativi, a tratti lirica, in generale poco incline al cruento, più affine alla filosofia che alle “notti insonni”.
Quindi è bene sottolineare che questa lettura potrebbe facilmente lasciar frustri gli appetiti dei lettori appassionati del genere, soprattutto nella sua esegesi più moderna.
In conclusione rimane comunque un volume imperdibile, pietra miliare per i cultori dei Grandi.