I miei amici
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Profondo, nella sua disarmante semplicità.
Questa è la storia di un uomo solo, la storia di un uomo al margine, un uomo alla ricerca di amici, di amori, di rapporti. Victor rimane in noi nonostante la sua povertà di spessore ancor prima della sua povertà economica, una miseria a trecentosessanta gradi, una esistenza al limite.
Per tutta la durata della storia ho avuto la sensazione che il protagonista si abbandonasse per diventare un clochard, in realtà si ostina a cercare amici, amori e lasciarsi alle spalle la solitudine, vero cruccio della sua esistenza. La narrazione è priva di una trama tradizionalmente conosciuta come tale, la storia si compone di una collezione di incontri, “I miei amici” per l’appunto.
Bove usa uno stile interessante, atipico e originale, tante vicende compongono la storia che è una parte della vita del protagonista, una parte che l’autore trasforma in tutto. Victor usa forse inconsapevolmente la sua pochezza e povertà per attirare su di se amici e amori, girovaga per Parigi alla ricerca della non solitudine, non cerca un lavoro, non cerca fortuna. Il suo essere attira su di se le attenzioni di diversi “Amici” che lo considerano più con un senso di compassione che per vero interesse di fratellanza e amicizia.
Continuo vagare alla ricerca di qualcosa che permetta di spezzare quel circolo vizioso di incontri e abbandoni, di speranze e disillusioni, ma che non cancellano mai quel orrendo senso di solitudine che dura una vita.
Profondo, nella sua disarmante semplicità.
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Un autore troppo spesso dimenticato
“Certi uomini forti non sono soli nella solitudine, ma io, che sono debole, sono solo quando non ho nessun amico”
Così dice il personaggio principale esprimendo, in una breve ma intensa frase, tutto il suo essere.
Victor Baton, protagonista de “I miei amici” è un ex soldato ferito durante la prima “Grande Guerra”, che vaga per i quartieri di una Parigi poetica, immerso in una spaventosa solitudine.
Lo sviluppo del libro consiste negli incontri - visti e raccontati da Baton - che il protagonista farà con diversi personaggi, cercando in ognuno di loro un’amicizia o un amore; provando a suscitare in essi moti di compassione e tenerezza per la sua figura e la sua vita solitaria. Sognerà grandi amicizie o rapporti d’amore idilliaci, restandone sempre deluso. Victor sembra aspirare ardentemente ad una dimensione sociale, ma i suoi continui tentativi di fuggire alla solitudine in realtà si trasformano in un continuo processo di emarginazione; per questo “I miei amici” può essere considerato un capolavoro dell’inazione.
Non è difficile definire Baton un eroe dostoevskijano per la sua inettitudine e la sua mediocrità, alla continua e disperata ricerca dell’amore e dell’amicizia, senza mai riuscire a soddisfare il suo bisogno d’essere capito amato ed accettato.
Ciò che fa di quest’opera un capolavoro è la capacità dell’autore di unire uno stile di scrittura “povero” ad un’ ossessiva descrizione dei dettagli e dei piccoli gesti, apparentemente insignificanti, che riescono a descrivere – più della storia stessa- la povertà e la solitudine del protagonista. Un esempio di questa capacità descrittiva la possiamo trovare fin dalle prime pagine del libro, di seguito riporto una citazione:
“Appena uscito dalle lenzuola mi siedo sul bordo del letto. Le gambe mi penzolano a partire dal ginocchio. I pori delle cosce sono neri. Le unghie dei piedi sono dure e taglienti: un estraneo le troverebbe brutte.”
Tutti i dettagli che ci vengo forniti, a partire dalle ginocchia penzolanti fino alle unghie dei piedi,
ci danno una chiara immagine del protagonista di abbandono, trasandatezza e solitudine, ed è proprio per questa sua capacità che Emmanuel Bove era stimato da Samuel Beckett che di lui diceva: “ Nessuno come lui ha il dono del dettaglio che colpisce”. Nonostante fosse apprezzato dalla critica dell’epoca e nonostante annoverasse fra i suoi estimatori personaggi del calibro di Rilke, Gide, Saint-Exupéry, nell’arco del tempo è stato dimenticato. Infatti nel 1945, anno dell’uscita del suo nuovo romanzo “Le piège” (La trappola), dove denuncia il collaborazionismo della Repubblica di Vichy con il regime nazista, molti editori come Gallimard decidono di rifiutarlo, proprio per i temi trattati che avrebbero rovinato la gioia della liberazione e la voglia di dimenticare. Solo nella metà degli anni ’70, grazie all’intuito di alcuni intellettuali alcune opere di Bove vengono rieditate.
In conclusione l’opera di Bove “I miei amici” è un romanzo che lascia nel lettore un senso di tristezza e solitudine, tuttavia necessarie per comprendere la psiche di Baton.