Germinal Germinal

Germinal

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Quando nel 1885 fu pubblicato "Germinal," la Francia gridò furiosa allo scandalo: lo scrittore che aveva "calunniato" gli operai parigini trattandoli da ubriaconi in "L'Assommoir" venne questa volta accusato di calunniare i minatori, protagonisti del nuovo romanzo. Ma tra accuse e consensi ben presto il libro conquistò i francesi. Con Zola il romanzo moderno acquistava un nuovo protagonista, il proletariato, e non a caso. Era infatti inevitabile che uno scrittore che, sulla via indicata da Balzac, aveva saputo dipingere un grande affresco della società borghese del suo tempo, cercasse, da indagatore attento e minuzioso qual era, di aderire alla storia, affrontando il grande tema del rapporto padroni-operai.



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Germinal 2021-01-18 21:32:01 cristiano75
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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    18 Gennaio, 2021
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La Fatica di sopravvivere

Altro capitolo della serie del "I Rougon-Macquart" questo tomo ha dalla sua la denuncia delle infami condizioni umane e lavorative in cui debbono vivere i minatori e le loro famiglie, sospese in un mondo a parte, dimenticato da tutti, dove le giornate sono scandite dalle fatica, la fatica e ancora la fatica.
Fin quando morte non sopraggiunga per qualche complicazione polmonare o qualche malattia della pelle. O peggio ancora il crollo della miniera stessa. Sotterrati vivi.
Un inferno in terra, dove il buon Zola decide di farci sprofondare sin dai primi capitoli del libro.
I visi stravolti dalle immani fatiche di scavare e sprofondare nelle viscere della terra, laddove non giunge luce, dove gli occhi a stento riescono a rimanere aperti a causa dei miasmi del terreno e della polvere che si insinua mortifera nel corpo, che acceca, che rende la pelle nera come pece.

E poi la sofferenza di riemergere ancora vivi, come morti arrancare verso le misere abitazioni, talmente stanchi da non riuscire neanche a mangiare una ciotola di misera minestra e ancora sporchi mettersi a dormire in attesa che giunga l'alba e un altra giornata di fatica immane.

Insomma una lettura che toglie il fiato, che ci conduce, sempre con precisione certosina, di questo genio di autore francese, nella psiche e nel fisico dei personaggi descritti con maniacale precisone e chirurgica perfezione. In certi passaggi sembra di essere anche noi sprofondati in questo immane girone dantesco che erano (sono) le miniere.
Si spengono le luci della scintillante Parigi. E' finita l'illusione di una società più equa dove con il progresso industriale, ci sarebbero state meno disparità sociali. L'ideologia del potere si consuma attraverso il destino di migliaia e migliaia di sfortunati che hanno avuto la più grande sventura che possa capitare quando si nasce: essere atavicamente inesorabilmente poveri, con tutto quello che ne consegue.
E mentre nei cafè di Montmatre e di Montparnasse, mesdames et messieurs
sorseggiano seduti ai loro tavolini un buon thè o addentano un croissant alle mele baciati da un tenero sole primaverile, chiacchierando amabilmente sul tempo e sullo spettacolo che daranno all'Operà, a pochi chilometri dalla ville lumière, inghiottiti dalla terra, quasi ciechi migliaia di disperati si chiederanno se riusciranno a rivedere la luce del sole e intanto scavano e scavano ancora......la Democrazia che bella invenzione......

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L'assomoir
Nanà
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Germinal 2018-08-19 07:39:35 Niki
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Niki Opinione inserita da Niki    19 Agosto, 2018
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Vivere un romanzo come se ci si fosse dentro

Sono un'appassionata lettrice di Zola, sin da ragazzina e 'Germinal' è il mio preferito insieme a 'Teresa Raquin'. Le descrizioni dei luoghi, dei paesaggi, delle vie, delle case, sono 'vere', reali come se si fosse lì, negli squallidi vicoli della cittadina mineraria, nelle dimore dei ricchi borghesi o nei cunicoli delle miniere stesse. I personaggi con le loro sensazioni, i loro sentimenti, le loro aspirazioni, paure e, più di tutto, con la loro vita di tragedie scandite dall'apatia e dall'abitudine, sono palpabili, veri, presenti. Si partecipa a tutto: alla lotta sindacale, alla meschinità dei rapporti tra poveri, alla rabbia e all'impotenza per una situazione (quella dei minatori) che si vive come 'senza fine', al freddo menefreghismo dei padroni e, in ultimo, all'agonia di chi resta intrappolato nel crollo della miniera. Un romanzo perfetto, umanamente e storicamente interessante, sorretto da una scrittura in cui emerge la passione dello scrittore, il suo voler essere testimone della verità.

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Germinal 2018-05-03 18:38:05 Clangi89
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Clangi89 Opinione inserita da Clangi89    03 Mag, 2018
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Non solo minatori

Zola permette di tuffarci nel clima del Nord della Francia in mezzo ai minatori, ai pericoli del sottosuolo, alle sofferenze ed agli slanci di molte famiglie. Bambini, donne, ragazzi e uomini che ogni mattina scendono nelle viscere della terra.
Le piccconate non cessano mai di stancare i muscoli mentre i polmoni, gli occhi, la pelle e le vite stesse sono velate di polvere ed umidità fin nelle anime.
Amori, promiscuità, invidie e tare delle famiglie si alternano trascinando il lettore nella scoperta dei personaggi.
Stefano Lantier conduce il paese di minatori in una lotta serrata contro la compagnia mineraria che continuamente abbassa i salari. I risultati di tale resistenza però sono tutt'altro che scontati.
Lo spaccato di una società che presenta molte crepe ma anche grandi slanci di furore. Dai personaggi prendono voce visioni differenti sulla lotta di classe e l'autore non manca di sottolineare i timori e gli stratagemmi della borghesia nonché le aspirazioni di crescita del protagonista.
"Chi era dunque il colpevole? E appunto questa domanda, che Stefano rivolgeva a se stesso."
Lettura che fornisce interessanti prospettive su numerosi aspetti sociali.

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Germinal 2017-04-10 09:00:56 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    10 Aprile, 2017
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J’accuse

Nelle ultime pagine del romanzo si comprende il motivo del titolo: Germinale è un mese del calendario che corrisponde all’inizio della primavera e con essa di nuove foglie, di fiori, insomma di una rinascita; infatti, mentre il protagonista Stefano lascia le miniere per recarsi a Parigi passando per i campi, d’istinto accosta i minatori ai vegetali che nascono dalla terra e germogliano, così che questa fioritura diventa la metafora dell’insurrezione operaia, di quel lunghissimo sciopero con cui, pur se usciti sconfitti, hanno acquisito la certezza di costituire una forza che prima o poi finirà per trionfare su una esosa e crudele borghesia.
Per scrivere il suo romanzo l’autore, come sua abitudine, si documentò con certosina pazienza, andando addirittura a visitare delle miniere, a vedere con i suoi occhi le inumane condizioni di lavoro a cui erano costretti gli operai, remunerati solo di quel tanto che consentiva loro di sopravvivere.
Zola, uno fra i capostipiti di quella corrente letteraria frutto del positivismo e che prenderà il nome di naturalismo, si prefigge lo scopo di rappresentare la realtà nel modo più oggettivo che sia possibile, osservando, descrivendo e, con lo scopo di mostrare le grande distorsioni di una società. All’epoca della stesura (correva il 1884), a fronte di una borghesia che aveva di fatto soppiantato l’antica nobiltà, esisteva un vasto proletariato, ampiamente sfruttato e spesso abbrutito dalle condizioni di miseria. In questa classe sociale indubbiamente ai minatori spettava la palma dei più disgraziati, costretti a far lavorare sotto terra anche i figli più giovani, senza ritrarre un guadagno dignitoso, ma anzi con una remunerazione appena sufficiente per non morire. E se la paga era inadeguata, l’ambiente di lavoro e i rischi erano infernali; inascoltati, vessati dai padroni questi disgraziati mancavano di tutto, ma specialmente della speranza di un miglioramento della loro condizione. La vicenda descritta del romanzo, cioè quella del giovane meccanico Stefano Lantier, giunto in quelle terre di miniere dopo essere stato licenziato per avere alzato le mani sul suo capo, sceso nelle viscere della terra per trarre il minimo indispensabile per vivere, e che, smanioso di avere un po’ di giustizia per sé e per gli altri, diventa capo popolo, organizzando un colossale sciopero a oltranza, è una di quelle che non può lasciare indifferente il lettore. Zola, poi, sa toccare i tasti giusti, descrive in modo mirabile l’ambiente, ricreando un’atmosfera lugubre, quasi gotica, in cui si muovono, si agitano, si spengono più che degli esseri umani, dei dannati. Se lo scopo iniziale di Stefano era di reclamare per sé e per gli altri un po’ di dignità, mano a mano che si accorge di essere seguito e osannato, di aver realizzato un po’ di potere personale, subentra, pur restando presente lo scopo civile, l’ambizione, il desiderio di primeggiare, di disporre degli altrui destini. Pur con le debite proporzioni, Stefano diventa simile a quei borghesi che combatte, a dimostrazione che è insanabile nell’uomo la sua natura di essere bestiale, portato, qualora circostanze e occasioni lo mettano in luce, al predominio sui suoi simili, in barba a qualsiasi concetto di uguaglianza. É un’amara constatazione quella che lascia trasparire Zola, ma non può sottacere quello spirito di corpo che ha compattato i minatori per uno sciopero da cui non trarranno vantaggi, ma che lascerà una lunga e disperata scia di lutti e di sangue. Senza mai indulgere alla facile commozione, l’autore ha la capacità di stemperare il furore della massa con la struggente visione della giovane Alzira, una dei figli di Maheu, nata rachitica, con la gobba, e che muore di inedia nei lunghi giorni dello sciopero. Come un regista che sa ben manovrare la macchina da presa ci offre immagini memorabili dello scontro con le truppe, in una tensione che arriva a coinvolgere ai massimi livelli il lettore, ma poi c’è tutta una dolcezza di rara bellezza nell’unico rapporto, nella mota, fra Stefano e Caterina, un’altra figlia di Maheu; sono due righe, scritte con un tenero pudore che tutto dice senza malizia e solo con grazia.
Dall’uomo del j’accuse della vicenda Dreyfus, quindi Germinale è un altro j’accuse a una borghesia gretta e insensibile, all’uomo in sé, ricco di egoismo e avaro di altruismo.
É un grande capolavoro, da leggere, rileggere e meditare.



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Germinal 2012-02-08 12:54:43 staralfur
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staralfur Opinione inserita da staralfur    08 Febbraio, 2012
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Un libro incredibile

La dura realtà della classe operaia del 1800, in particolare quella dei minatori. Adulti, vecchi e bambini, donne e uomini costretti a spaccarsi la schiena fino a sputare carbone, con due soldi sopravvivono a stento, non riescono a liberarsi dalle catene di una borghesia che continua a deriderli nonostante la tragedia che avvolge l'intero paese.

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