Fino a dopo l'equinozio
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Tra desideri ed indolenza
Il titolo mi ha tratto in inganno, l’ho capito dopo aver letto la prefazione dello stesso Soseki, indiscusso maestro di Tanizaki, Kawabata e Mishima:
“In realtà Fino a dopo l’equinozio è un titolo privo di senso che ho scelto solo perché ho messo mano al lavoro il primo giorno del nuovo anno, con l’intenzione di terminarlo poco dopo l’equinozio di primavera”.
Dalle prime pagine si assapora immediatamente una scrittura elegante e sofisticata e non potevo certo lasciarmi scoraggiare da questa prefazione. Ho trovato infatti incantevoli descrizioni naturalistiche di un Paese del Sol Levante ante-occidentalizzazione, descrizioni di stati d’animo magistrali. C’è una profonda consapevolezza della qualità della propria scrittura al punto che l’autore, pur dichiarandosi al di là di ogni etichetta naturalistica, ha veramente lasciato che i diversi racconti del romanzo procedessero, entro certi aspetti, autonomi, poiché un romanzo è diverso dal disegno di un architetto, possiede una propria vitalità e una propria necessità evolutiva rispetto al progetto iniziale (cfr. prefazione dell’autore) .
Come ho appena anticipato, il romanzo si compone di più racconti che, all’inizio, mi avevano lasciata perplessa, poiché non ne avevo subito colto il collegamento, inoltre la lettura faticava a decollare poiché la prima parte non mi aveva particolarmente coinvolta.
Se prendiamo insieme le due “macrostorie” dei due giovani laureati nullafacenti, quella del giovane Keitaro all’inizio che, terminati gli studi è tormentato dalla necessità di trovare una degna occupazione e Sunega, che tale tormento non lo tange, perché preso totalmente dall’analisi del proprio carattere indolente e incontentabile, vi si trova alla fine un fil rouge, quello della ricerca di una propria identità nel mondo.
La tecnica di Soseki è quella del punto di vista multi focale : ogni racconto è narrato da personaggi diversi e manca il narratore onnisciente, tutto questo rimanda sicuramente alla volontà dell’autore di riflettere la disgregazione degli antichi valori nel mondo giapponese moderno. Discorso quanto mai attuale per un libro scritto nel lontano 1912.
“La mente umana è molto più resistente di quanto pensassi. Ti confesso che dopo la nostra conversazione ero spaventato a morte. Eppure, malgrado tutto, la mia mente non è ancora andata in pezzi. Credo proprio che potrò usarla ancora a lungo!“.
Non c’è molta azione in questo libro e la trama è essenziale, lo consiglio dunque a tutti quei lettori appassionati di letteratura, interessati alle descrizioni di stati d’animo contrastanti che desiderano scoprire il grande padre del romanzo giapponese moderno.