Diario di un seduttore
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La parabola dell'esteta
Søren Kierkegaard è, come noto, un pensatore più che un narratore e, pur se la sua imponente produzione comprende anche opere di carattere narrativo, queste non possono essere comprese ed interpretate se non all’interno del pensiero filosofico complessivo dell’autore.
Ciò è tanto più vero nel caso del Diario di un seduttore, che a rigori non esiste come testo a sé, ma è solamente una parte di una delle opere più famose di Kierkegaard, Enten-Eller (solitamente tradotto come Aut-Aut).
Recensire questo Diario è quindi un’operazione complicata, perché significa addentrarsi nei meandri di uno dei più complessi, sfaccettati e controversi sistemi filosofici elaborati nel corso della storia del pensiero, e ciò richiederebbe una preparazione specifica che va ben al di là di quella posseduta da chi scrive.
Tuttavia, avvalendosi anche di letture parallele al testo, tra le quali una abbastanza approfondita voce che Wikipedia dedica al filosofo danese, è possibile fornire alcune chiavi interpretative del diario che possano servire anche da introduzione, pur se forzatamente limitata e dilettantesca, al pensiero di Kierkegaard.
Mi sia consentito sin da subito – quindi – criticare l’edizione in cui ho letto questo libro. Già in altre occasioni (ad esempio nel caso de I gioielli indiscreti di Diderot) mi era capitato di lamentare la superficialità e la mancanza di apparato critico di questi volumi della collana Acquarelli, e non posso che ribadire tale critica anche in questa occasione, proprio per il necessario collegamento che si deve stabilire tra questo testo e il pensiero di Kierkegaard per comprenderlo appieno: è vero che all’inizio del volume è presente una breve presentazione, ma questa è del tutto insufficiente – a mio avviso – per stimolare il lettore a riflettere sul contesto complessivo di cui il Diario di un seduttore fa parte; Il rischio è quello di considerarlo un’opera romantica, una delle tante storie d’amore che la letteratura ottocentesca ha prodotto, e di non cogliere invece la sua essenza (per usare un temine chiave del pensiero kierkegaardiano) di tassello esemplificativo della concezione complessiva dell’essere umano che il filosofo ha elaborato.
Per questo credo di poter consigliare chi fosse interessato all’autore e al suo pensiero di leggere questo Diario nell’ambito originale in cui è collocato, ossia quello di Enten-Eller, piuttosto che come opera a sé stante.
Ciò non toglie tuttavia che, per chi è appassionato di letteratura ottocentesca, il Diario di un seduttore sia una lettura piacevole, ricca di spunti e di elementi di riflessione anche per sé stessa.
La storia è quella della seduzione e del repentino abbandono di una ragazza, Cordelia, da parte di un giovane, Johannes, che annota su un diario le fasi del suo avvicinamento all’obiettivo. Il diario, sottratto da un cassetto di Johannes da un suo conoscente e amico di Cordelia, viene da quest’ultimo pubblicato con una sua iniziale prefazione, inframmezzato da lettere di Johannes a Cordelia e preceduto anche da alcune lettere spedite da quest’ultima al seduttore dopo essere stata abbandonata.
Come detto, il Diario di un seduttore è parte integrante di Aut-Aut. Il titolo di quest’opera è relativo alla alternativa tra la vita estetica e la vita etica tra le quali l’uomo può scegliere, che tuttavia, per Kierkegaard, sono entrambi modelli inadeguati di comportamento e che possono essere superati solo dalla scelta della vita religiosa (i cui fondamenti l’autore elaborerà in Timore e tremore).
Johannes (il cui nome è un’evidente allusione al Don Giovanni) è l’esteta, e il suo diario è l’esemplificazione dei modelli comportamentali a cui questi si ispira.
Per Johannes, infatti, il godimento non consiste tanto nel possesso di Cordelia, quanto nella sua capacità di condurre il gioco che lo porterà verso quel possesso. Più volte Johannes dice che considererebbe volgare costringere Cordelia a concederglisi, che egli deve essere tanto abile da fare in modo che Ella scelga liberamente di fare questo passo. Egli si osserva compiaciuto mentre – disprezzando ogni convenzione e ogni atteggiamento morale – esplora ciò che chiama l’interessante del suo rapporto con Lei, mentre suscita in Lei l’erotico, inteso come prevalenza della sensualità sulle convenzioni e sulla razionalità. C’è un passo che spiega bene l’atteggiamento dell’esteta, ed è quello in cui l’autore ci dice che obiettivo dell’esteta può anche essere quello di ottenere un semplice saluto da una donna, e che ciò nulla toglie al piacere dell’azione posta in essere per ottenerlo.
Logica conseguenza dell’atteggiamento estetico è che, non appena l’obiettivo è raggiunto subentra la noia e l’indifferenza per l’oggetto, per lo strumento che ha permesso di raggiungerlo. Pertanto Johannes non può che abbandonare Cordelia nel momento stesso in cui la possiede: il gioco, l’interessante è finito, e all’esteta non rimane che inventarsi altri giochi su cui concentrarsi. Il Diario di un seduttore termina nel momento dell’abbandono di Cordelia, e quindi non esprime giudizi sul comportamento dell’esteta (salvo qualche accenno nella parte introduttiva) ma Aut-Aut ci dice che la conseguenza ultima dell’atteggiamento estetico è il vuoto, sono la noia e la disperazione esistenziale.
Come detto, in Aut-Aut Kierkegaard contrappone alla vita estetica la vita etica, rappresentata, specularmente alla figura di Johannes, da quella di Guglielmo, marito e funzionario esemplare, che aderisce ai valori della società: anche se per Kierkegaard la scelta etica è comunque superiore a quella estetica, in quanto comporta un’assunzione di responsabilità individuale, essa è comunque destinata ad essere limitante per l’esistenza del singolo, in quanto sfocia nel conformismo e nell’adesione (si potrebbe dire acritica) ad imperativi morali predefiniti che limitano oggettivamente le possibilità di scelta dell’individuo.
Gli interrogativi posti dal pensiero di Kierkegaard hanno segnato una parte importante dell’evoluzione del pensiero occidentale moderno, soprattutto in ambito nordico – essendo fortemente legati al consolidarsi anche teorico di quella che è definita l’etica protestante – ed il pensatore danese è considerato, anche se in una forma spuria, il padre dell’esistenzialismo novecentesco. Questo Diario ci permette, sia pur con mille limitazioni, di riflettere sulla sua proposta filosofica attraverso un testo apparentemente leggero ma che se osservato in profondità rivela abissi di conoscenza per la cui esplorazione dovremo armarci di scafandri conoscitivi con una tenuta ben più solida di quella di cui siamo abitualmente dotati.