Dedalus
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L’anima di un uomo
In un’Irlanda claustrofobica, colonizzata dagli anglosassoni, paralizzata dalle sue stesse paure e da tradizioni gaeliche quasi misconosciute e all’uopo rivitalizzate, in una terra dove fervono le anticipazioni dei moti separatisti e si preparano i futuri moti civili che porteranno, dopo la prima guerra mondiale, all’agognata libertà a prezzo dell’eterna schiavitù dell’Ulster, cresce un bambino. Questa è la sua storia, o meglio una parte, fino a lambire una sorta di maturità adolescenziale, trampolino di lancio per un salto notevole: oltre il mare, oltre il confine, oltre i limiti di ogni genere.
Si tratta di Stephen Dedalus e non so se mi è piaciuto di più il bambino della “muuuuuucca”o il collegiale che non subisce il sopruso gesuitico o il giovane alla scoperta timida, impacciata e peccaminosa del sesso o quello che si sottrae alle grinfie di una pericoloso abbordaggio in terra votiva ( leggi: proposta di farsi sacerdote) o ancora e di più quello che matura, in coscienza, il proprio destino, seguendo le sue inclinazioni, i suoi pensieri, affinando un senso estetico sconosciuto ai più. Personaggio complesso dunque il nostro, alter ego dell’artista da giovane a voler calcare lo stesso titolo dell’opera che Pavese confinò a sottotitolo preferendogli il più incisivo Dedalus. Un uomo ormai quasi fatto quello che lasciamo nell’ultima pagina mentre affida a striminzite pagine di diario i primi cocci della sua giovane vita trascorsa: le conoscenze, l’amico, l’amore, i genitori e tutti gli amen e gli alleluia del piccolo mondo che lo ha formato in ottica cristiana, soffocandolo o tentando di farlo. Eppure non c’è astio, nessun rancore, solo la lucida consapevolezza di voler preservare l’anima…
” - L’anima(…) nasce anzitutto in quei momenti di cui ti ho parlato. La nascita è lenta e tenebrosa e più misteriosa di quella del corpo. Quando, in questo Paese, nasce l’anima di un uomo, subito la si irretisce per impedirle di fuggire. Tu mi parli di nazionalità, di lingua, di religione; ebbene io cercherò di sottrarmi a tali reti.- “
Gradevole lettura, inizialmente stentata e poco scorrevole perché incentrata sulla rappresentazione dei pensieri del personaggio in stile mimetico rispetto all’età narrata, condita da evidente frammentazione, procede in crescendo, alternando blande sequenze narrative che generano una certa progressione sempre utile a soddisfare la curiosità del lettore con più frequenti inserti riflessivi via via più interessanti e utili a chiarire il contesto storico, culturale ma soprattutto l’avvenuta formazione del giovane uomo e la sua scelta di lottare per se stesso. Lo consiglio sicuramente.
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Profondo, riflessivo e struggente.
Questo libro è l'emblema dei conflitti che possono colpire ogni uomo nel proprio sviluppo. Analizza rapporti fondamentali come quello con: la religione, la famiglia, gli amici, la scuola. Personalmente sono rimasto piacevolmente colpito dalla profondità e particolarità nella rappresentazione dei pensieri di Stephen, che in questo romanzo è un bambino poi in seguito un ragazzo che combatte per la sua indipendenza spirituale, influenzato dal suo mondo. Il concetto chiave al quale è stato dedicato buona parte del libro è la lotta tra precetti religiosi e pensiero razionale. Un romanzo davvero affascinante, consigliato per tutti!
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-Ulisse
Conoscersi
Il ritratto che Joyce fa dell'artista da giovane costituisce una semi-autobiografia, un racconto in cui viene descritta la graduale evoluzione di un individuo. Se, infatti, la figura di Stephen Dedalus ci viene inizialmente presentata come quella di un semplice giovane irlandese il cui pensiero appare vincolato dalle intimidazioni del mondo religioso (presentate in modo monotono, tanto da "appesantire" i capitoli centrali), nel corso della lettura appare sempre più evidente una progressiva maturazione del protagonista: la sua personalità emerge solo in seguito a una profonda introspezione e analisi della propria fede, delle proprie paure e di quelle esperienze che andranno ad accumularsi incrementando confusione e speranze di redenzione al tempo stesso. La vera e propria maturazione di Stephen sta in una nuova consapevolezza, nel risveglio intellettuale che lo tramuta finalmente in uomo e lo spinge inevitabilmente a liberarsi di quelle che per l'animo umano sono "reti gettate per impedire che fugga".
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Aspettative deluse
Sarebbe bello poter scrivere una recensione positiva su questo libro. Sarebbe bello e doveroso, perché è un classico e perché è frutto di una penna autorevole come quella di James Joyce. Ma quando una lettura in cui si ripongono grandi aspettative ci lascia addosso solo un senso di tedio e pesantezza non è facile scriverne bene anche se si tratta di un capolavoro universalmente riconosciuto. Certo è fuori discussione la bellezza di una prosa curata ed elegante che denota il grande talento letterario dell'autore; solo che, messa al servizio di una trama spenta e confusionaria perde di consistenza e di fascino. Così come non si può negare l'importanza dei temi trattati, a cominciare dall'indipendentismo irlandese e proseguendo con l'ingerenza della religione nella vita pubblica. Ma in particolare dovrebbe essere interessante l'analisi dei tormenti interiori di un giovane studente alle prese con la decadenza di prestigio della sua famiglia, con screzi e incomprensioni nel rapporto con compagni ed insegnanti, con tormenti amorosi, con formicolanti impulsi fisici in contrasto con la bigotta e puritana morale che gli viene impartita. Ma riesce difficile farsi coinvolgere da un personaggio privo di carisma e della capacità di creare empatia, che per quasi tutto il libro si dimostra passivamente succube dei precetti religiosi dei gesuiti e che anche quando decide di ribellarsi lo fa con apatia e indolenza. Anche il metodo usato dall'autore nel presentare la psicologia di Dedalus non appare molto efficace, essendo per lo più affidato a vaghi ricordi d'infanzia e a dialoghi che cominciano e finiscono in maniera piuttosto occasionale, non permettendo al lettore di avere una chiara analisi introspettiva del protagonista ne di seguire un vero e proprio filo logico. Pesante il lungo capitolo nel quale vengono esposte le punizioni e i tormenti a cui sono destinati i peccatori che andranno all'inferno, sconclusionato il diario finale scritto in prima persona dal protagonista. Probabilmente ci sono dei libri che sono belli ovunque e in tutte le lingue, altri come questo che invece vanno letti necessariamente in lingua originale perché forse la traduzione, l'adattamento ad un'altra lingua e ad un’altra grammatica, il differente contesto culturale in cui vive il lettore straniero non riescono a dare lo stesso risultato dell'originale. Mettiamola così, altrimenti riesce difficile spiegarsi come quest'opera possa meritare la fama che ha.
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Storia di un giovane aspirante artista
Romanzo semiautobiografico noto in italiano anche con la traduzione del suo titolo originale cioè "Ritratto di un artista da giovane", il libro accompagna il giovane Stephen Dedalus, successivo Telemaco adottivo di Leopold Bloom in "Ulisse" dalla sua primissima infanzia fino ai venti anni quando cioè grazie a un'epifania ( episodio apparentemente banale che però riveste grande importanza rivelativa in chi lo vive) il giovane prende coscienza della sua volontà di diventare artista o meglio scrittore.
La lingua segue l'evoluzione del suo personaggio che all'inizio si esprime in maniera infantile e vive delle esperienze sensoriali (la mamma aveva un bel profumo, il papà aveva la barba si legge nelle prime pagine) per poi evolversi via via nei capitoli successivi fino a toccare le conversazioni filosofiche sulle teorie di san Tomaso d'Aquino fatte tra Stephen e i suoi compagni alla teorie letterarie: l'artista ( per dirla col Flaubert) è come il Dio della creazione che dopo aver creato l'uomo sta a guardare rimirandosi i pollici.
Nome del protagonista fortemente allegorico: Stephen è il protomartire, Dedalus colui che volle volare nella mitologia greca, intriso delle conoscenze "forti" dello scrittore: letteratura europea, filosofia, mitologia e religione, il romanzo è l'evoluzione più diretta e più proiettata verso il futuro della scrittura di Joyce, meno legato al realismo come avviene in Gente di Dublino e più sperimentale per uso di linguaggio e punteggiatura.Imperdibile.