Canto di Natale
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"Hai troppa paura del mondo"
“Canto di Natale”, celebre racconto di Dickens pubblicato nel 1843, ha avuto decine di adattamenti teatrali, cinematografici, televisivi e fumettistici. Una delle trasposizioni più conosciute è quella disneyana con Zio Paperone che interpreta Scrooge, Topolino nei panni del dipendente Bob Cratchit e Paperino in quelli del nipote Fred. Un cortometraggio di appena 26 minuti che ha ottenuto una nomination ai Premi Oscar del 1984 e che, con la distribuzione home video, ha guadagnato grande popolarità conquistando intere generazioni di bambini.
Anche se, come spesso capita in questi casi, mentre l’intento di trasmettere certi valori ai più piccoli è lodevole, il rischio di semplificare un’opera per renderla accessibile a chiunque è concreto. Non si tratta certamente del testo più complesso, sfaccettato e maturo dell’intera produzione letteraria dickensiana. Ma è comunque presente un messaggio importante che, se privato del contesto attorno al quale il breve libro è stato scritto, potrebbe apparire come semplicistico, paternalista, utopico. I romanzi sono eterni, ma per apprezzarne veramente la forza evocativa è fondamentale ricordare che sono figli di un certo periodo storico.
Dickens aveva 31 anni al momento della pubblicazione di “Canto di Natale”. Per il nativo di Landport, quartiere di Portsmouth, era ancora indelebile il ricordo del padre imprigionato per debiti nel carcere della Marshalsea, con il dodicenne Charles costretto a trovare lavoro, per dieci ore al giorno, in una fabbrica di lucido per scarpe, subendo maltrattamenti e sfruttamenti. È questa esperienza che lo ha spinto a diventare cronista e a viaggiare in tutta la Gran Bretagna per conoscere un paese diviso tra luci e tante ombre periferiche. Nel 1843 l’Inghilterra era nel pieno di una terribile carestia (i cosiddetti “Hungry Forties”), che si era abbattuta in particolare sulle classi meno abbienti. Nei decenni precedenti si era sviluppata la prima rivoluzione industriale, capace di trasformare radicalmente il sistema produttivo del paese, provocando al contempo profonde contraddizioni sociali ed un progressivo peggioramento delle condizioni di vita del proletariato urbano.
Nel 1834 era morto Malthus, le cui teorie sono parzialmente citate da Scrooge. L’economista inglese era stato fautore dell’idea in base alla quale la popolazione tenderebbe a crescere in progressione geometrica, mentre la disponibilità di risorse (gli alimenti) avrebbe un andamento aritmetico e quindi meno rapido. Ciò causerebbe, nel lungo periodo, una saturazione di tali risorse. Non a caso il fantasma del Natale presente, scimmiottando Scrooge a proposito di un bambino malato, afferma “E allora? Se deve morire che muoia, e faccia decrescere la popolazione in eccesso”. La corrente del malthusianesimo sosteneva il ricorso al controllo delle nascite mediante determinati freni preventivi, per impedire il progressivo impoverimento dell'umanità. Teorie che avrebbero subìto dure critiche da parte di ferventi oppositori, tra i quali ricordiamo Marx. Malthus considerava inoltre dannosa la politica assistenziale dell'Inghilterra nei confronti dei poveri, che secondo lui non faceva altro che causare una dannosa sovrappopolazione. Tra i sistemi assistenziali rivolti alle fasce più povere si ricordano le Poor Laws, codificate nel 1572, revisionate durante il regno di Elisabetta I e di nuovo modificate nel 1834 dal governo Whig, prima di essere definitivamente abolite nel 1948. Nella versione finale, le Poor Laws prevedevano la creazione delle Union Workhouses (citate, sempre da Scrooge, nella prima strofa. “E le Union Workhouses? Funzionano ancora?”), dove tuttavia spesso si praticava lo sfruttamento dei lavoratori, tra i quali erano presenti molti minorenni (si pensi a “Le avventure di Oliver Twist”).
È questo il panorama che fa da sfondo al breve dramma, cronologicamente posto a metà tra le prime produzioni importanti dell’autore, come l’umoristico “Il Circolo Pickwick”, e quel “David Copperfield” avente una forte componente autobiografica, che perfezionerà la combinazione tra l’analisi e la denuncia delle contraddizioni sociali e la continua e dolorosa rivisitazione delle proprie esperienze personali.
In virtù di tale contesto, persino un’opera minore e apparentemente infantile come “Canto di Natale” regala molteplici verità profonde e la parabola fiabesca dell’avido e scontroso Scrooge, maschera caricaturale magistralmente descritta i cui tratti umani sono deformati come nelle vignette satiriche, si carica di sincero realismo. Grazie alle visite dei tre spiriti avviene il miracolo del cambiamento. I vecchi lineamenti si distendono, il naso puntuto e le gote raggrinzite si addolciscono, le labbra bluastre si aprono finalmente al sorriso. Scrooge sconfigge l’egoismo ed il pregiudizio, in una storia universale che predispone alla speranza, alla bontà, alla compassione, all’amore per il prossimo.
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“Ma è NATALE!”
È vergognoso ammetterlo, ma prima d'ora non avevo mai letto “Canto di Natale”, pur conoscendone da sempre la vicenda narrata attraverso una vecchia rivisitazione animata della Disney. Sono felice di aver posto rimedio ora a tale mancanza grazie a una bella edizione impreziosita dalle suggestive illustrazioni di William Geldart che permettono al lettore di addentrarsi ancor più tra le emozioni di questa storia scritta da Charles Dickens nell'ormai lontano 1843.
Una storia, dunque, lontana nel tempo, ma probabilmente sempre attuale poiché l'essenza dell'umanità, in fin dei conti, poco è cambiata. Ricco di vivace fantasia e di triste realtà, questo lungo racconto, ambientato sullo sfondo di una Londra in rapida espansione dove s'intrecciano miseria e fasti dell'età vittoriana, venne completato dall'autore nel giro di poche settimane al fine di guadagnare velocemente qualcosa, considerata all'epoca la sua non certo rosea situazione finanziaria. Ad animarne le pagine, intrise della magica atmosfera natalizia, personaggi memorabili, da quello di Ebenezer Scrooge al terzo e ultimo spirito, quello dei Natali futuri, che non potrà che predire al vecchio spilorcio un epilogo davvero miserevole e poco invidiabile.
Adatta a giovani e meno giovani, una piccola storia di grande speranza che resiste al tempo e, nonostante tutto, alle brutture del mondo, insegnandoci che – Natale o non Natale – senza sentimenti non siamo niente e che non è mai troppo tardi per cambiare la rotta della nostra esistenza.
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Scrooge e la ricerca del bene
Lo scorso inverno, in prossimità del Natale, in libreria scorgo questo volume in edizione festività, molto bella con una rilegatura e una copertina spettacolari.
E' Natale e malgrado uno invecchiando sente il proprio cuore sempre più indurirsi, decido che è la volta buona in cui mi immergo nell'atmosfera natalizia, dopo il periodo adolescenziale.
Ancora oggi a distanza di un anno, quando parlo con una persona tendenzialmente avara, mi viene da sorridere e dico: "ecco uno Scrooge in carne e ossa".
Come diceva un amico di mio padre, la ricchezza non è quella che si possiede nascosta in banca o sotto al materasso, la ricchezza è quella che uno riesce a godersi e a spendere.
L'autore riesce lentamente a far redimere il suo bieco protagonista, a portarlo alle lacrime, riuscendo a trovare un briciolo di umanità in un'anima solitaria è avvizzita.
Mi ricordo un bellissimo film con Bill Murray che vidi bambino al Corso su Roma: S.o.S Fantasmi.
Storia presa a piena mani dal racconto di Dickens.
Alla fine un libro dovrebbe lasciare un insegnamento, solcare un cammino di vita o modificarne uno già intrapreso.
Qui il messaggio, che io vi ho letto è che se uno ha ricchezze è meglio che se le gode o le fa godere a chi gli gravita intorno, perchè sennò quel tesoro che uno pensa di possedere per sempre, non sarà altro che la sua rovina e la sua prigione.
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Il Natale dei sentimenti e della fratellanza giuoc
È la vigilia di Natale, uno dei tanti, altri ne seguiranno accompagnati da quel magico tocco che solo la sacralità di questo giorno sa condensare, diffondendo quiete e candore in ogni dove.
Invero non tutte le notti sono popolate da splendidi sogni, vi è un luogo dove il Natale non si festeggia da tempo e una solitudine voluta, invocata, protratta cela un passato dissolto, ingrigito dalla memoria, e fattosi triste, ripudiati affetti e amicizie, in un presente impoverito da avarizia, odio, solitudine, tirchieria.
Tanti giorni siffatti hanno accompagnato la vita di Ebenezer Scrooge, dopo la morte del socio in affari Jacob Marley, la vecchiaia è ormai compagna fidata, con il proprio seguito di vuoto ed assenze protratte.
A nulla sono serviti gli inviti e le suppliche del nipote Fred, la vicinanza di Robert, impiegato sfruttato e sottopagato, il semplice incontro con la gente comune, da anni Ebenezer è insensibile al contorno ed odia attraversare strade vestite a festa disprezzando la folla gaudente in questo giorno di gioia ed armonia universale.
Vive di un' arida e solo teorica opulenza, impoverito nell' animo, trasandato nell' aspetto e con la morte nel cuore, da tempo arcigna compagna, contrapposta al senso della sacralità del Natale.
Ormai il corso degli eventi si è fatto immutabile oltre ogni possibile cambiamento per il quale andrebbe invocato un miracolo insperato e neppure agognato.
Ma quando Ebenezer è sprofondato nella notte più buia, smarrita anche la propria coscienza, ammuffito, ingrigito, ottenebrato da odio e denaro, affossato dalla propria inettitudine, d' improvviso la sua stanza si popola d' altro e tre spiriti, specchio del Natale passato, presente e futuro, si mostreranno, annunciati dal fantasma di Marley incatenato alla futilità ed al peso di colpe e desideri.
È un ultimo soffio vitale per riacquisire quel senso di se' sepolto in un angolo remoto del proprio vissuto ridestando affetti perduti, o solo tragicamente rigettati e dimenticati.
Ha inizio un viaggio della memoria e dei sentimenti, rivisitazione di dolori e gioie d' infanzia, giovanili e dell' oggi, fino all' arida conversione al Dio denaro, abbandonata una promessa d' amore, tra ombre, speranze dissolte ed affetti svaniti, per finire a guardare incredulo e terrorizzato una scritta funesta che porta inciso il proprio nome.
Il passato alimenta il presente, il futuro ne sarà solo l' epilogo, quando ombre di morte sovrasteranno ogni dove ed ormai sarà troppo tardi.
La rinascita, dopo il pentimento, riporterà affetti insperati e segnerà nuovi giorni, ridestando la gioia di vivere e scrivendo una nuova storia.
Canto di Natale non è un semplice dramma in cinque atti, o una parabola di redenzione e buoni sentimenti. Segna il passaggio di Dickens all' essere romanziere e presenta tratti di racconto gotico e una scrittura traboccante di ricchezza espressiva.
Una voce fuori campo guida lo svolgimento della trama che ha influenze picaresche e tratti di denuncia sociale ( come tutti i romanzi dell' autore ).
La storia di Scrooge si erge a morale suprema, allegoria verso l' umanità intera, in un monito di saggezza ed armonia, perché il Natale è simbolo di pace ed amore.
Ecco la semplice verità: rivivere ed interiorizzare un passato in equilibrio tra gioie e dolori, addentrarsi in un percorso arricchito da ascolto e condivisione, tralasciare il superfluo, estirpare avidità e puro egoismo, aprire il proprio cuore, abbandonandosi alla semplicità di gesti cordiali, spensierati, semplicemente umani.
Male e bene ritornano sempre in misura uguale e contraria, c' è ancora la possibilità di un riscatto e di un cambiamento di rotta.
In fondo " basta vivere nel passato, nel presente e nell' avvenire ". Tutti e tre gli Spiriti ci parleranno dentro, esternamente avremo a che fare semplicemente con gli uomini.
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Il regalo di Scrooge
A Natale, si sa, “siamo tutti più buoni”. Natale è il tempo dei miracoli, delle magie, delle favole raccontate davanti al camino nelle gelide sere d’inverno, dei pacchetti colorati sotto l’albero che ci portano in dono ciò che più desideriamo. E cosa si potrebbe desiderare nel giorno di Natale, in cui la venuta di un salvatore promette speranza per tutti, se non un mondo migliore abitato da persone migliori? Per il giorno di Natale è proprio questo il regalo che Dickens e Scrooge, il protagonista del racconto, ci consegnano: la redenzione miracolosa del vecchio, burbero, avaro, affarista, gelido Scrooge, che mal sopporta il clima gioioso delle festività natalizie e che proprio nella notte di Natale, accompagnato da tre spiriti in un viaggio rocambolesco tra il passato, il presente e il futuro, scopre il valore e il significato di ciò che tanto aveva disprezzato, è la possibile redenzione dell’umanità intera. Scrooge è il male del mondo che, come ci viene raccontato nelle favole fin da bambini, nella notte dei doni, delle speranze e dei desideri si converte al bene e dimostra concretamente che la possibilità di cambiare e migliorare noi stessi e il mondo che ci circonda esiste davvero.
Tra la suggestiva atmosfera delle festività vittoriane, risvolti da ghost story e un’ironia che percorre leggera la narrazione, cittadine ricoperte di neve e botteghe traboccanti di specialità natalizie, famiglie che si riuniscono a festeggiare davanti ai caminetti e poveri affamati bisognosi di aiuto non soltanto nel giorno di Natale, Dickens racconta un’incantevole favola natalizia che tuttavia resta saldamente ancorata alla realtà terrena più amara, quella della povertà, della sofferenza, della miseria. Forse gli atti caritatevoli di un vecchio scorbutico che, dopo essere stato benevolmente soccorso, si trasforma egli stesso in una sorta di benevolo soccorritore, non saranno sufficienti a scacciare il dolore e la misera umana dal mondo, ma contribuiranno a renderlo un posto migliore e non soltanto nel giorno di Natale. Né Dickens né il buon vecchio Scrooge avrebbero mai potuto farci un regalo più bello.
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Quel buon diavolo di Scrooge
La trama di questo libro è nota. Il signor Scrooge è avaro, freddo, insensibile crudele. Per strada i bambini cambiano strada quando lo incontrano, nessuno lo saluta o gli augura buone feste. A pochi giorni dal Natale viene visitato per tre notti consecutive dagli spiriti del Natale Passato, Presente e Futuro. Il primo spettro gli fa ricordare le festività della sua gioventù, il secondo gli mostra come si preparano alla natività alcuni suoi conoscenti e l'ultimo gli fa immaginare il modo freddo con cui verrebbe accolta la sua dipartita dai suoi conoscenti. Basteranno queste visioni a fargli cambiare vita.
Anche se questa è una fiaba lo stile di Dickens è sempre quello. Ambienti di estrema povertà descritti in modo vivido e crudele, ma sempre addolciti da buoni sentimenti e speranza per il futuro.
Ma parliamo di Scrooge che cattivo non può esserlo se per essere redento gli è bastato un sogno particolarmente realistico. Concordo che potesse essere " duro e aspro.. solitario e chiuso in se' stesso come un'ostrica", ma se si è trasformato in " un uomo così buono, come mai poteva averne conosciuto quella vecchia città aveva già una base solida. ma questa è una favola e per di più natalizia e quindi tutto è possibile. Buon natale
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Cambiamenti
Mentre mi apprestavo a leggere questo racconto già sapevo a cosa andavo incontro, avendo visto milioni di volte l’adattamento cinematografico disneyano e avendolo amato profondamente. Non potevo fare a meno di associare Scrooge a Paperone, Cratchit a Topolino, Fred a Paperino, Jacob Marley a Pippo e così via. Ora che ne ho completato la lettura, non posso fare a meno di porgere il mio plauso all’autore di questo piccolo capolavoro in cui il Natale è solo un pretesto per porre l’accento su qualcosa di più profondo.
Ebenezer Scrooge è l’emblema del cambiamento. Il cambiamento che travolge la nostra anima in seguito alle batoste che la vita ci dà, rendendoci più egoisti e meno aperti al prossimo, che identifichiamo erroneamente e nella sua interezza la fonte d’ogni male. Scrooge è al culmine del suo cambiamento negativo, è ormai un avaro, egoista e impietoso vecchio, che nella festa in cui tutti si aprono al prossimo, seppur per un solo breve giorno, è capace di diventare ancor più intrattabile di quanto non sia già. Egli non è consapevole del danno che sta recando a sé stesso, provando a salvaguardarsi dagli altri sta soltanto provocando la sua stessa distruzione, firmando la propria condanna a una morte solitaria e triste. Per quanto possiamo fidarci soltanto di noi stessi, abbiamo bisogno degli altri e del loro caldo abbraccio, una vita solitaria di quale giovamento può mai essere per la nostra anima? Per quanto molte delle persone che ci circondano possano essere superficiali o cattive, bisogna rendersi conto che ognuno compie degli errori e imparare a sorvolare. Anche noi sbagliamo, anche se spesso è difficile ammetterlo. A Scrooge serviranno ben Tre Spiriti per capirlo, ma noi non abbiamo queste entità misericordiose ad aprirci gli occhi e mostrarci le conseguenze dei nostri comportamenti e modi d’essere, abbiamo soltanto la nostra coscienza. Il cambiamento che avrà infine Scrooge perciò, non potrà che partire dalla nostra stessa anima. Chi vuole fare l’inclemente fine di Scrooge l’avaro? Credo proprio nessuno. Scusate, ora vado a guardare il Canto di Natale di Topolino.
“Come, zio, Natale una sciocchezza! Voi non lo pensate di certo!”
“Altro se lo penso! Un Natale allegro! Ma che motivo hai tu di stare allegro? Che diritto? Sei povero abbastanza, mi pare.”
“Via via, che diritto avete voi d’essere triste? Che ragione avete di essere uggioso? Siete ricco abbastanza, mi pare.”
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Charles Dickens.
La più bella favola sul Natale
Il protagonista di questo libro è un uomo il quale vive solo per il lavoro e l'arricchirsi a discapito di tutto e tutti, per lui il Natale è un giorno come tutti gli altri, tratta con freddezza e fastidio il nipote quando lo invita al pranzo di Natale, concede con fastidio un giorno di riposo al suo dipendente per Natale.
Ma la vigilia riceve la visita dei fantasmi del Natale, passato, presente e futuro, i quali gli mostrano tutta la sofferenza che egli ha causato nel corso della sua vita e le conseguenze che essi avranno in futuro nella sua vita.
Egli cambierà e nessuno più di lui saprà festeggiare il Natale riparando agli errori del passato.
Non solo imparando festeggiando a dovere il Natale, ma anche essendo un amico e d'aiuto per tutti i propri cari e le persone che conosce.
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MERRY CHRISTMAS!
Ebenezer Scrooge è un vecchio avido, egoista, privo di sentimenti.
Per lui esistono solo i suoi soldi e il suo lavoro.
Per lui il giorno di Natale è una sciocchezza, una scocciatura, una scusa per spendere dei soldi, finchè… finchè un bel giorno, o meglio una notte, non gli compare davanti lo spettro del suo socio, Marley, che costretto a vagolare per il mondo, consapevole degli errori compiuti in vita e impossibilitato in eterno a porvi rimedio, cerca di avvertire l’amico delle conseguenze delle sue azioni correnti e lo informa dell’imminente visita di tre spiriti: lo spirito dei passati Natali, lo spirito del Natale presente e lo spirito dei futuri Natali. Questi tre spiriti mostreranno a Scrooge la sua vita passata, presente e futura, lo porteranno a conoscenza di quello che pensano di lui le persone che gli stanno intorno (suo nipote Fred, il suo impiegato Bob, i suoi colleghi azionisti) e gli faranno capire i suoi sbagli, i suoi errori nel giudicare le persone, i suoi atteggiamenti errati nei confronti della vita, dei conoscenti, degli estranei e soprattutto dei poveri, soggetti bisognosi di aiuto, di cui ci si dovrebbe ricordare non solo nel giorno di Natale, ma in tutti i giorni dell’anno.
Ebbene si, devo ammettere che non avevo ancora letto questo piccolo capolavoro; l’ho visto l’altro giorno in libreria e spinta dall'atmosfera natalizia non ho potuto fare altro che portarlo a casa con me.
E’ una piacevole scoperta riconoscere come questo libricino sia maledettamente attuale anche dopo anni e anni dalla sua pubblicazione; pensate che trovò la luce nel lontano 1843 e se non fosse per le carrozze trainate dai cavalli, per le candele e per il riscaldamento antiquato che appaiono nel racconto, non si noterebbe la sua veneranda età.
Questo libro è stato scritto da Dickens appositamente per richiamare l’attenzione sulla classe sociale meno abbiente della popolazione; non solo racchiude in sé un impegno sociale e la volontà dell’autore di raggiungere il maggior numero di persone, ma ha anche il merito di aver contribuito a creare il Natale moderno, ovvero quell'insieme di usanze e di atmosfere natalizie che tanto amiamo e che tanto ci coinvolgono in questo periodo dell’anno; è stato proprio Dickens a rendere popolare il classico augurio “Merry Christmas”.
Che dire di più? BUON NATALE RAGAZZI!
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E Natale fu
Sembra che il Natale così come lo si intende nell'età contemporanea sia una "invenzione" dell'epoca vittoriana grazie alla regina Vittoria che importò dalla Germania ( la sua famiglia e il marito Alberto erano tedeschi) la tradizione dell'albero addobbato. Dickens pertanto scrisse il suo celebre racconto in parte per "pubblicizzare" l'idea e in parte per continuare la sua opera a favore delle classi sociali meno abbienti.
A metà tra una storia strappalacrime e un racconto gotico per molte descrizioni grottesche e tenebrose la storia di Dickens gode al giorno d'oggi di nuova fama grazie alle numerose trasposizioni filmiche rivolte generalmente al pubblico dei più giovani perché quasi sempre realizzate a cartoni animati. (le fantasiose elucubrazioni dello scrittore rendono praticamente impossibile una trasposizione affidata esclusivamente a personaggi di carne ed ossa senza ricorrere a qualche artificio cinematografico).
La storia del'avaro per eccellenza Scrooge successivamente pentitosi a seguito dell'orrenda visione degli spiriti del Natale di varie epoche passati e future afferisce all'antica tradizione dei miracle e dei mystery plays che avevano un intento didattico:si pensi ad Everyman che in punto di morte riceve la visita di peccati e virtù che lo spingono a scegliere la via del male o del bene.
Dickens, da buon scrittore della sua epoca si erge a guida e spiega al lettore qual è la retta via da seguire ma lo fa affascinando e turbando con il suo stile da grande affabulatore. Un racconto adatto a tutti grazie alla capacità dello scrittore di saper parlare a ogni età e in ogni epoca.