Boule de suif
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Un episodio di bullismo antico
Bastano poche righe di questo racconto per essere catapultati nel mondi dell’Ottocento. Poche righe in cui ritrovi lo stile, le dinamiche di gruppo, la storia, l’invasione dei prussiani, la rabbia tumultuosa, anche interiore, le classi sociali. La protagonista è una ragazza di facili costumi, formosa, inizialmente mal tollerata dal gruppo delle coppie in fuga che sono i coprotagonisti del racconto. Se non che la carrozza in cui si trovano resta bloccata dalla neve e la ragazza è l’unica che ha provviste, da cui tutti attingono. Fino ad obbligarla a cedere anche se stessa alle grazie di un ufficiale, per garantire a tutti la libertà. E’ un esempio, antico, di body shaming e di bullismo. E ciò che fa più male sono le lacrime con cui la ragazza, alla fine, piange la sua vergogna. In una manciata di pagine, un turbinio di significati.
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Lacrime
Gocce trattenute d’acqua salata si staccano lente dai bordi delle palpebre e rigano le guance paffute di “Boule de suif”, lasciando un sentiero di rabbia e di dolore. È la stessa scia di scoramento che rimane impressa nell’animo del lettore, il quale, chiusa l’ultima pagina, si sente furioso e impotente verso l’untuosa ipocrisia e il falso moralismo di chi cura solo i propri interessi, condendoli per di più con melliflue parole e impeccabili maniere mascherate da gentilezza e filantropia. Allora come oggi.
Siamo nel 1870, nella campagna normanna di Rouen occupata dai tedeschi durante la guerra franco-prussiana. E proprio da Rouen parte una diligenza in fuga con dieci personaggi: integri aristocratici e ricchi borghesi, due pie suore, un celebre democratico e una prostituta, soprannominata “Boule de suif”, palla di sego, per la sua floridezza. Bastano poche pennellate, ironiche e incisive, alla superba penna di Guy de Maupassant per far prendere vita ai sentimenti che animano la carrozza. Attraverso sguardi, gesti e parole percepiamo disprezzo e sdegno, generosità e patriottismo, solidità morale e arroganza, e veniamo messi di fronte alle ingiustizie della vita, che tradisce le speranze e gli ideali di un cuore buono in nome di ipocrisie e meschinità senza tempo.
Impossibile dunque non definire questo racconto un capolavoro, capace di coniugare finezza psicologica, altissima qualità letteraria e un’attenta riflessione sulle miserie e le debolezze umane. Nonostante il secolo che si porta sulle spalle, “Boule de suif” non ha a mio avviso perso smalto, freschezza e forza espressiva, restando un’opera capace di conquistare il lettore moderno così come fece con Zola e Flaubert.
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Il rischio 'ideologico'
Il racconto, scritto al nascere del Naturalismo, è ben congegnato e, oltrepassate le prime pagine, si fa leggere agevolmente. A me, però, sembra contenere un difetto, proprio dove si colloca l'intenzione di trarre un punto di forza: la denuncia dell'ipocrisia della società, nel perseguire i propri interessi, nella carenza di solidarietà. Tale obiettivo, che ha una nobiltà d'intenti, qui pare non giovare alla qualità letteraria, perché rischia di fare della giovane prostituta un monumento, un'eroina proprio per la sua condizione emarginata: l'ideologia, che sta alla base dell'opera, rende un po' fragile il racconto, con la suddivisione in 'buoni' e 'cattivi', per raggiungere il fine dello smascheramento sociale. La povera giovane commuove il lettore che diventa solidale con lei, anche perché è l'unico personaggio a cui l'autore ha dato approfondimento psicologico, che ha reso cioè 'umano'.
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Un "rispettabile" caso di cannibalismo
Perbenismo. Un suono sibilante, viscido, scivoloso come la lingua di una vipera.
Perbenismo. Una parola diversa dalle altre, perché falsa, meschina, debordante.
Perbenismo. Non è realtà ma maschera della realtà. Uno stratagemma per dissimulare la più sozza mediocrità, la più lurida maldicenza dietro i grandi nomi di rispettabilità, onore, decoro.
Perbenismo. Un male che ancora dilania la nostra società. La sincerità lo scandalizza, la piatta ottusità lo ristora.
Perbenismo. E pensare che una volta era la virtù per eccellenza, la meta da raggiungere, il meglio che si poteva avere. Fu cantato come miracolosa scorciatoia agli ostacoli dell'esistenza, come unica via per il conseguimento del successo. Un'intera classe sociale, la borghesia, ne fece il proprio motto. I benpensanti banchieri, gli onorevoli imprenditori, le impeccabili dame spopolarono in questo mostruoso inferno di cartapesta.
Perbenismo. Per fortuna non vi furono solo servili sostenitori ma anche obiettivi critici. Il santo Vero palpitava in questi uomini contro corrente, spesso tormentati, dilaniati dai loro vizi ma estremamente sinceri nel non nasconderli. Dobbiamo a loro l'isolamento di questo virus, annientabile unicamente con la prevenzione. Ed è a loro che si sono inimicati la società, a loro che hanno affrontato titanicamente la dottrina imperante, a loro che è necessario dire grazie. E tra i tanti eroi ricordiamo Dickens, Tolstoj, Dostoevskij, Verga, i naturalisti francesi e il loro più ardente e passionale membro: Guy de Maupassant (1850-1893).
Dimenticatevi i fastosi balli e gli ambienti dorati di Parigi perché ci troviamo nella provincia, a Rouen. Dimenticatevi pure le bucoliche campagna della Normandia, perché è inverno e tutto è ricoperto da un'algida poltiglia di neve e fango. E infine dimenticatevi pace e sicurezza. Il “grande” Napoleone III è stato appena sconfitto e catturato a Sedan e i famelici prussiani occupano mezza Francia.
Elisabeth Rousset è una nota prostituta rovenese, soprannominata per la sua precoce e fresca pinguedine Boule de suif ( balla di sego). E' in fuga dalla sua città in una scomoda e tetra carrozza insieme (incredibilmente) alla créme della créme di Rouen: imprenditori, grossisti, conti blasonati. Il viaggio verso la “salvezza” si allunga più del previsto e nessuno degli augusti passeggeri ha con sé delle provviste eccetto Boule che le condivide amorevolmente con coloro che in città la guardavano dall'alto in basso con viziosa altezzosità. Appena arrivano all'Hotel de Commerce di Totes ( a metà percorso) si verifica un altro intoppo e ben presto la colpa si riverserà sull'indifesa Boule, che verrà divorata dai suoi rispettabilissimi compagni di viaggio, che mostreranno tutta la loro grettezza e trivialità...
Maupassant con il suo fare sobrio ed elegante dà vita ad una breve e allo stesso tempo denso racconto che rende a tinte forti il perbenismo e l'arrivismo borghese in tutte le sue formi. A vivere la sua storia non vi sono re o regine, cavalieri o dame da salvare, eroi o eroine, maghi o fate ma la nuda e cruda realtà. Non ci sono finali epici o melodrammatici e neppure il classico happy end bensì l'inevitabile decorso di una vicenda segnata già dai suoi esordi. Eppure l'autore non cade mai nel banale o nel noioso, anzi incanta, ammalia, diverte e appassiona il suo lettore, grazie al suo cavallo di battaglia: lo stile. La sua ironia, il suo sarcasmo sono talmente acidi, pungenti, corrosivi che un esercito non sarebbe riuscito minimamente a raggiungere i risultati che egli ha ottenuto con la parola. Nessuno dei suoi personaggi ne è graziato: dalla suora devastata del vaiolo “ come se qualcuno le avesse mitragliato a bruciapelo in piena faccia” all' asmatico albergatore di Totes, che pare avere un fischietto piuttosto che l'ugola. Tuttavia il cinismo, l'anticlericalismo,la spregiudicatezza dell'autore non vanno minimamente a urtare con l'eleganza dello stile, sensuale negli ammiccamenti e lirico nelle rare descrizioni paesaggistiche.
Un'opera brevissima ma estremamente profonda, che mandò (giustamente) in estasi il grande Flaubert e che non potete assolutamente perdere. Buona lettura!