Amok
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Idrofobia letteraria
"Amok” è un racconto che si può leggere in un pomeriggio: breve, intenso, febbrile. Lo stile di Stefan Zweig è perfettamente adattato alla vicenda che vuole raccontare: un medico spedito ai tropici che si trova improvvisamente vittima di una specie di febbre detta Amok. Ma cos'è precisamente? Amok è un termine malese che sta per "follia rabbiosa, una specie di idrofobia umana... Un accesso di monomania omicida, insensata”. Il racconto di questa febbre ci viene presentato dallo stesso protagonista, che si confida con un passeggero della nave Oceania. Le parole del medico, il suo modo di esprimersi, rende evidente come questo Amok non si sia ancora spento, solo sopito, nonostante la sua fuga dall'insostenibile ambiente tropicale in cui era stato costretto a operare per anni.
Il pregio maggiore di quest'opera sta proprio nel protagonista della sua storia, la cui condizione ci viene descritta in maniera chiara e che è capace di sconvolgere anche il lettore, perché in fondo è tutto il libro ad essere influenzato da questi folli sentimenti. Questa novella, dunque, è febbrile dalla prima all’ultima pagina, ci trascina nel suo corso come se anche noi fossimo afflitti da una sorta di Amok letterario, che non si sopisce se non quando il libro viene chiuso definitivamente. Credo fosse proprio questo l'obiettivo di Stefan Zweig; obiettivo raggiunto pienamente, anche se la storia che ci viene raccontata non sia propriamente indimenticabile.
“[…] l'unico diritto umano che alla fine ti resta è quello di crepare come credi... senza essere scocciato dall'aiuto altrui."
I rudimenti dell'Amok
Come già lautamente enunciato da Carlo Lucarelli e Massimo Piccozzi nel loro ultimo lavoro intitolato “Amok. Le stragi dell’odio”, detto termine ha origine dalla parola malese “mengamok” e si traduce in quella carica furiosa e disperata che prende campo nel folle omicida che al momento di compiere un assassinio non ha consapevolezza e responsabilità in quanto detta colpa è “insita interamente nel demone tigre, nello spirito del male chiamato hantu belian che si” è, al momento della consumazione del reato, “impadronito del corpo e della mente del killer costringendolo a colpire e correre, correre e colpire”.
La omonima novella a firma Stefan Zweig, scritta nel 1922 e ambientata nel 1921 sulla nave Oceania, ha quale protagonisti due uomini: un primo che rievoca i fatti del viaggio accaduti durante l’ormeggio al porto di Napoli, e un medico tedesco prossimo alla pensione, che narra di quel periodo della sua esistenza comprendente gli ultimi dieci anni (e nello specifico gli ultimi due) di carriera. Si noti bene che la scelta di quest’ultimo di imbarcarsi per le Indie e di dirigersi in una località sperduta nei pressi di una città sita indicativamente tra Batavia o Surabaya, era stata determinata dal fatto che il sanitario, per accontentare i voleri di una donna ammaliante, aveva approfittato della cassa dell’ospedale causandone un ammanco significativo. Con la carriera, dunque, aveva chiuso e l’unico modo plausibile per auspicare alla pensione e a concludere gli anni mancanti a questa, altro non era, che congedarsi dal vecchio continente e partire con del denaro anticipato (e ancor prima di giungere sulla nave dilapidato per saldare i debiti e per rispondere ai desideri di un’altra donna di gran fascino) per questi luoghi sconosciuti. Il tedesco è consapevole di essere condannato dall’Amok e dalla solitudine e per questo decide di affidare la sua storia al passeggero per giungere, di poi, a quello che sarà il congedo finale.
Al tutto si somma uno stile narrativo fluido e preciso e una narrazione che alterna presente e passato, l’Europa alle ambientazioni, agli usi e ai dogmi coloniali, alla morte per mano propria, alle oscurità umane, al tentativo invano di redenzione.
Certamente, fondamentale per comprendere le ragioni della stesura dell’opera, è il contesto storico: Zweig pone in essere il suo componimento raccontandoci una vicenda privata alquanto comune e ordinaria che ha ad oggetto una follia collocata tra soggetti ben definiti e che tocca tematiche che si estrinsecano tra ricatti, orgogli, convinzioni di poter comprare una persona, estremizzazioni di gesti che portano a conclusioni inevitabili di altre vite umane, ma che è sicuramente da leggere in un’ottica più ampia, macro-dimensionale in quanto predisposta a ridosso di quell’Amok già percepibile nell’aria e che avrebbe, di lì a poco, portato all’avvento dei regimi dittatoriali, e che quindi avrebbe contagiato tutti i popoli europei.
Nel complesso, pertanto, il racconto è una piacevole lettura che sa farsi apprezzare per gli intenti e per la collocazione storica ma che non brilla di originalità e approfondimento. Per chi già ha letto altri testi sull’argomento o viene come me da studi giuridici e criminologici, la vicenda non può che risultare dal punto di vista dell’ampliamento delle nozioni, pressoché sufficiente. Al contrario potrà maggiormente essere amata da chi, incuriosito dal che cosa sia l’Amok, vi sia al primo contatto.
Indicazioni utili
- sì
- no
No = a chi al contrario ne ha già conoscenza e cerca un elaborato per approfondire la tematica
Una tragedia borghese che ci racconta...
... i limiti dello scrittore
Dopo La novella degli scacchi e Il mondo di ieri eccomi di nuovo alle prese con Stefan Zweig, ed ancora una volta ad esprimere le mie perplessità su questo autore peraltro tanto amato ancora oggi dai suoi lettori.
Amok è una novella pubblicata nel 1922, quando la popolarità di Zweig a livello internazionale stava crescendo, quando il suo mondo di ieri si era già sgretolato e alla durezza di quello di oggi, risultato dell’immane ecatombe bellica, l’autore opponeva l’ideale di una cultura europea salvifica, capace di unire i popoli e le nazioni che sino a pochi anni prima si erano scannati sui campi di battaglia.
Mi sono già dilungato, nei commenti alle precedenti opere di Zweig da me lette, sui limiti che attribuisco a questa sua posizione politica, a questo suo cosmopolitismo ingenuo e miope di origine altoborghese, che gli avrebbe impedito di capire ciò che realmente stava accadendo attorno a lui, ingenuità e miopia che a mio avviso si riflettono anche nel suo modo di scrivere, preciso e piano, uno stile moderato che si pone in netta opposizione allo sperimentalismo che caratterizzava le più alte espressioni artistiche di quella tumultuosa epoca di drammatici cambiamenti, uno stile che in fondo è pienamente funzionale al suo essere scrittore di successo. Leggendo Amok ho di fatto ritrovato tutti questi limiti della personalità letteraria di questo scrittore, tutta la sua inadeguatezza culturale.
Al fine di analizzare il contenuto della novella è necessario innanzitutto illustrare brevemente cosa sia l’Amok che le dà il titolo. Come già fatto rilevare da numerosi commenti alla novella, Amok è una sindrome culturale tipica del sud-est asiatico, caratterizzata da una improvvisa esplosione di violenza che spinge chi ne è colpito a uccidere prima i familiari e poi, correndo all’impazzata, tutti coloro che incontra sulla sua strada; la violenza può essere scatenata da una qualche perdita familiare o da insulti subiti. Per sindrome culturale si intende, secondo la relativa voce di Wikipedia, ”un quadro clinico che unisce disturbi somatici e psichici, con un significato particolare e tipico di un certo spazio culturale o gruppo etnico”. È proprio questo aspetto che ritengo particolarmente significativo rispetto all’interpretazione della novella, vale a dire il fatto che Zweig scelga come suo titolo una sindrome in grado di scatenare una violenza cieca, irrazionale e incontenibile che ha origine nella cultura stessa di un gruppo sociale. Cercherò di sviluppare questo punto più oltre.
La vicenda si svolge su una nave, l’Oceania, che da Calcutta sta tornando verso l’Europa. Il narratore racconta i fatti anni dopo che sono accaduti, trasportandoci nel 1912, quando viaggiò sulla nave. Dato che gli era stata assegnata una torrida cabina vicina alle caldaie, non riuscendo a dormire, in una calda e stellata notte tropicale passeggia per il ponte, sistemandosi a prua per godere della magica atmosfera notturna. Poco dopo si rende conto che nei pressi è seduta un’altra persona, di cui scorge solo il rosso della pipa accesa. I due si scambiano pochi convenevoli in tedesco, ma prima di lasciarsi lo sconosciuto prega il narratore di non rivelare la sua presenza, perché a causa di un lutto non vuole incontrare nessuno.
La notte successiva il narratore torna a prua, dove nell’oscurità ritrova il suo nuovo conoscente che, spinto dal bisogno di confidarsi ed aiutato da una bottiglia di whisky, racconta la sua tragica vicenda. Il racconto durerà sino all’alba occupando gran parte della novella.
Lo sconosciuto è un medico tedesco, che a seguito di una malversazione ha dovuto abbandonare una promettente carriera, firmando un contratto decennale con il governo olandese e trasferendosi in una piccola e remota località coloniale, dove per otto lunghi anni ha esercitato la sua professione isolandosi sempre più anche rispetto ai pochi europei, inaridendosi e aspettando solo di poter tornare in Europa, traendo conforto dal whisky e dagli occasionali rapporti con le donne del luogo che si concedono facilmente ai bianchi.
Un giorno riceve la visita di una gran signora giunta in automobile dalla lontana città, che con fare altero e sprezzante gli fa capire di essere incinta e gli chiede di farla abortire, offrendogli una somma rilevante come compenso per il reato. Colpito dalla bellezza della signora, immaginando la sua sensualità, volendo umiliare la sua alterigia ed eccitato dall’avere vicino dopo anni una donna bianca, il medico le lascia intendere che avrebbe praticato l’operazione solo in cambio di un rapporto sessuale. Sdegnata, la donna rifiuta e se ne va, inutilmente inseguita dal medico, subito pentitosi dalla sua proposta indecente.
Venuto a sapere che la signora è la la moglie inglese di un ricchissimo commerciante olandese, in Europa da cinque mesi e in procinto di tornare, il medico capisce il pericolo di essere quantomeno disonorata che la signora corre, e da quel momento si pone l’unico obiettivo di salvarla, mettendosi a sua disposizione. Corre quindi in città abbandonando la sua condotta e cerca di rimettersi in contatto con la signora. A causa sia del suo essere maldestro nei tentativi di contatto sia dell’odio che la signora prova per chi ha cercato bassamente di approfittare della sua situazione, vi riesce solo dopo che la signora è ricorsa ai servigi di una mammana, non potendo tuttavia salvarla dalla morte per emorragia. Prima di morire la signora gli chiede di fare in modo che nessuno conosca le cause della morte, così, quando il marito torna, egli è riuscito a far stilare dall’ufficiale sanitario un certificato che ne attesta la morte per paralisi cardiaca. Sconvolto da ciò che è accaduto e dal senso di colpa il medico abbandona tutto ciò che ha e si imbarca sull’Oceania, dove però scorge il marito della signora e il carico della bara nella stiva: sospettando che il marito voglia fare eseguire una autopsia sulla salma della moglie in Europa, sa che il suo compito, preservare l’onore della morta, non è ancora terminato, ed anche per questo motivo si arrovella di notte in compagnia della bottiglia. Il lungo racconto del medico come detto si conclude all’alba, e la novella avrà il suo tragico epilogo dopo poche pagine.
Per alcuni dei commenti che ho reperito in rete, quelli più critici, Amok ha i tratti del melodramma, ed in effetti il fatto che si tratti di una vicenda di adulterio che si conclude tanto tragicamente avvicina la novella a tematiche ottocentesche e le conferisce un’aura melodrammatica. Si tenga presente, al proposito, che Zweig in quel periodo era, come detto, uno degli scrittori europei più letti, un autore in un certo qual modo di cassetta, e la necessità (o l’intento) di rivolgersi ad un pubblico vasto era parte integrante della sua scrittura: quale modo migliore di rispondere a questa necessità che far leva sugli elementi classici del dramma borghese? La donna di classe, altera e superba, tragica vittima di un momento di debolezza, pronta a difendere il suo onore personale e sociale di fronte a tutto e a tutti, pronta a sacrificare la sua stessa vita pur di non perdere il suo status è una sorta di eroina negativa in grado indubbiamente di toccare corde profonde dei lettori dell’epoca (ed anche di quelli di oggi). Lo stile stesso di scrittura, che come detto è quello tipico di Zweig, nel quale la convenzionalità si traduce anche nell’inutile enfasi con la quale viene descritta la notte tropicale, come pure nell’impacciato modo di rendere le esitazioni e l’angoscia che caratterizzano il racconto del medico, concorre a darci l’idea di un racconto scritto con l’occhio attento al suo successo al botteghino.
Al netto di questo, tuttavia, la novella è a mio modo di vedere costruita in modo tale da rivelare facilmente il suo essere pienamente immersa nel novecento, ed in particolare in quel drammatico periodo che seguì, specie nei paesi sconfitti, la fine della prima guerra mondiale, con la perdita di ogni certezza sociale ed anche individuale, con la consapevolezza del tradimento delle classi dirigenti che avevano provocato la catastrofe, con l’incapacità di costruire una prospettiva diversa da un lugubre ritorno all’ordine che avrebbe preparato di lì a poco una seconda catastrofe.
Come ho affermato più volte, Zweig vive oggettivamente da protagonista questo clima, ma è inadeguato a comprenderlo, si rifugia nel suo elitarismo altoborghese, ha nostalgia di un mondo di ieri nel quale è stato inoculato il virus del disordine e della confusione, nel quale per motivi imperscrutabili la barbarie ha preso il sopravvento. Molti elementi di questa visione del mondo a mio avviso traspaiono dalla vicenda narrata in Amok, quando la si guardi come una piccola metafora delle vicende europee dell’inizio del ‘900.
Prendiamo lo spunto da alcuni dati oggettivi ripercorrendo la vicenda e chiedendoci innanzitutto perché Zweig la ambienti in un mondo lontano ed esotico. In fondo la piccola storia di un adulterio avrebbe potuto essere più semplicemente ambientata a Vienna o in una qualsiasi città europea. La risposta più ovvia a questa domanda attiene alla necessità dello scrittore popolare di conferirle un’aura esotica così da renderla intrinsecamente più attraente. Forse però vi è un motivo più sottile: questa ambientazione, paradossalmente, permette a Zweig di dare alla vicenda una connotazione pienamente Europea. Il medico è tedesco, la signora è inglese ed ha sposato un olandese. Tre nazioni, delle quali due nemiche ed una neutrale, quindi gli schieramenti della guerra appena conclusa riassunti nei due protagonisti assoluti. È evidente che una ambientazione austriaca o in generale europea avrebbe reso più ardua una simile internazionalità dei protagonisti rispetto alla libertà che offre all’autore l’ambiente coloniale.
In tale ambiente remoto si svolge un dramma che riguarda l’élite sociale. I due protagonisti mancano entrambi ai loro doveri: il medico è stato un truffatore, e di fronte alla richiesta di aiuto della signora di fatto la ricatta; la signora si è macchiata di una colpa che pensa di cancellare con il denaro, facendo così trasparire da un lato la sua venalità e dall’altro il suo disprezzo per il medico che ritiene certa di poter comprare.
Il medico è quindi preso dall’Amok, una frenesia distruttiva che lo porta a sbagliare tutte le mosse, a perseguire la sua redenzione avvalendosi di mezzi stupidi, che non fanno che peggiorare la situazione e rendere inevitabile la tragedia: esemplare, a questo proposito, il suo comportamento durante il ricevimento, quando i tentativi di avvicinare la signora non fanno altro che allontanarla definitivamente, essendo socialmente disdicevoli. L’amok di cui egli è preda è una malattia, anzi è una sindrome culturale, come abbiamo visto, di cui il medico si libererà solo quando, troppo tardi, proverà a curare la signora, devastata dall’intervento della mammana.
La novella quindi, a mio avviso, può anche essere letta come una metafora della sindrome culturale che ha colpito l’Europa e che ha portato alla guerra, imputata da Zweig al venir meno da parte delle classi dominanti ai propri doveri morali, e la piccola tragedia privata con la quale si conclude può essere intesa come l’unica conseguenza possibile di tale tradimento.
Avvalorano questa possibile interpretazione alcuni ulteriori elementi: innanzitutto il fatto che la vicenda si svolga nel 1912, vale a dire nel periodo precedente la guerra. L’amok che colpisce il medico non sarebbe altro, in questa ottica, che il prodromo del grande Amok che avrebbe di lì a poco colpito tutti i popoli europei. Vi è poi il fatto che il racconto si svolga su una nave, ambientazione che significativamente Zweig avrebbe ripreso nel suo ultimo racconto, La novella degli scacchi. In questo caso l’Oceania, che torna verso l’Europa, simboleggia il ritorno alla normalità delle relazioni e della vita dopo la malattia della guerra, che emblematicamente viene chiusa definitivamente in quello che può essere considerato, tanto più dal mitteleuropeo Zweig, un luogo di avvicinamento all’Europa come il porto di Napoli.
In definitiva a mio avviso questa novella, considerato il periodo in cui è stata scritta, intende raccontarci qualcosa di più della tragedia privata, peraltro piuttosto banale, che ci espone. Se ciò, vista anche la limitatezza dell’indagine psicologia dei personaggi, attiene come ritengo alla tragedia che aveva attraversato l’Europa, esso è gravemente condizionato da ciò che considero la inadeguatezza intellettuale dell’autore, per il quale una sorta di oscura ed irrazionale malattia esotica ha colpito la borghesia europea portandola sull’orlo dell’autodistruzione. Zweig insomma non è in grado di trasporre nella sua arte le vere cause della tragedia, rifiutandosi ostinatamente, da buon borghese moderato, di ammettere che le cause della crisi non stavano nella degenerazione ma nella stessa essenza dei rapporti economici e sociali.
Resta da aggiungere che nella novella mostra la sua vera natura anche il solidarismo cosmopolita dell’autore, che appare limitato alla cerchia dell’intelligencijia europea e della borghesia di cui è parte: il modo in cui il buon Zweig tratta i pochi personaggi indigeni (il boy della signora, la mammana) che appaiono nella vicenda rasenta il razzismo, rendendo perfettamente l’idea di quale fosse l’unico mondo per lui degno d’interesse e considerazione. Così Amok finisce innanzitutto per raccontarci gli invalicabili limiti culturali del suo autore.
Indicazioni utili
L'unico diritto umano
Scritta nel 1922 questa bella novella dal sapore esotico è ambientata nel 1912 sulla nave Oceania, la quale , proveniente da Calcutta , fra il suo carico umano variegato fa emergere i due coprotagonisti della vicenda. L’uno è il narratore che in seguito ai fatti accaduti durante l’ormeggio al porto di Napoli rievoca il viaggio stesso, l’altro è il medico tedesco da lui incontrato sul ponte della nave per ben due notti di seguito e a cui consegna la sua vicenda personale.
La nave stracarica, tutta stantuffi e gemiti, l’accozzaglia umana, la calca, il caldo, l’orizzonte monotono segnato dalla navigazione, l’oscurità della notte che, unica sul ponte, concede degno refrigerio ai sensi urtati da eccessiva umanità, restituiscono alla memoria altre belle pagine di Zweig pur anticipandole cronologicamente. Sono quelle della memorabile transoceanica partita a scacchi affidata all’ ultima novella scritta dall’austriaco prima del suicidio. Il tema del suicidio poi è accarezzato dalle parole del medico tedesco al servizio del governo olandese, al rientro in patria, depauperato di tutta la sua esistenza : né pensione, né averi personali, in fuga, condannato dall’amok , una sorta di idrofobia accompagnata da follia omicida che colpisce gli indigeni indonesiani e che lo ha ostacolato nella sua missione di medico nell’incontro fortuito con una donna che avrebbe potuto aiutare se solo non …
Ora ne parla al nostro passeggero ma è un condannato come quello buzzatiano che attende lo scontro finale con il colombre dopo che gli ha impresso il sigillo di morte certa. Non c’è la possibilità dell’aiuto umano, è destinato a stramazzare al suolo , prima però compirà il gesto di redenzione, l’atto salvifico e al tempo stesso di congedo : “la prego, non si disturbi … l’unico diritto umano che alla fine ti rimane è quello di crepare come credi … senza essere scocciato dall’aiuto altrui”.
L’ambientazione coloniale richiamata dall’evocazione dei fatti accaduti prima dell’imbarco, il potere di un mondo di fagocitarti l’animo, il sovvertimento dei sensi, la solitudine voluta e ricercata, l’amore e la morte rendono indimenticabile la narrazione che incede tumultuosa fra i meandri dell’animo umano in pagine febbrili, deliranti, rapitrici quanto l’amok. Degna prova del miglior Zweig.