Altezza reale Altezza reale

Altezza reale

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Con un tono sospeso tra la fiaba e la puntuale, ironica descrizione realistica, in Altezza Reale Thomas Mann narra la vita di Klaus Heinrich, principe di un immaginario e decadente piccolo Stato della Germania guglielmina. Filtrando e intrecciando spunti e situazioni della propria vita, Mann descrive la fredda solitudine del principe, che non gli impedirà, tuttavia, di conquistare l'amore di Imma Spoelmann, figlia di un magnate americano delle ferrovie.



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Altezza reale 2019-04-22 09:01:39 sonia fascendini
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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    22 Aprile, 2019
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Il non principe azzurro

Con questo libro Mann ha mischiato i suoi contenuti realistici con descrizioni precise accurate di luoghi e di personaggi mischiandoli abilmente con alcuni dei contenuti delle favole classiche. Ne è uscito qualcosa che non è fiabesco e che difficilmente può essere inserito in una cronaca fedele della realtà. Ci racconta di un principe, che però è tutt'altro che azzurro: è il figlio cadetto e quindi gli tocca solo l'attività di sostituto in pubblico del fratello debole di salute. In apparenza incarna l'immagine del bel principe che sognano le ragazze, ma in realtà ha una menomazione a una mano che ha imparato a nascondere fin da piccolo. Vive sì in un castello, ma in modo ben poco principesco. un regno gestito male dai suoi predecessori gli ha portato in eredità molti debiti, mobili tarlati e giardini ricchi di erbacce. Infine si innamora di una principessa tutto meno che Bella Addormentata, Cenerentola, Biancaneve o altra fiabesca ragazza . In definitiva un mondo che vorrebbe essere ancora ovattato e quasi inutile come quello che si incontra nelle fiabe, ma che deve per forza di cose scontrarsi con il mondo moderno. Sarà la principessa arrivata da oltreoceano a svegliare questo immaginario regno tedesco dal suo torpore? O forse le doti a cui mirano il marito e i dignitari del regno non sono l'intelligenza e la cultura, ma piuttosto quelle che suo padre custodisce gelosamente in banca?

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Altezza reale 2015-02-28 07:13:38 viducoli
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viducoli Opinione inserita da viducoli    28 Febbraio, 2015
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L’antitesi ai Buddenbrook in una "quasi fiaba"

**Attenzione: Spoiler **

Thomas Mann pubblica Altezza reale nel 1909, otto anni dopo I Buddenbrook: tra il grande romanzo dell’esordio e questa fiaba, come la definiscono molti critici, Mann pubblica solo racconti, tra i quali due grandi racconti: Tristano e Tonio Kröger. La distanza temporale e di produzione letteraria tra i due romanzi non è quindi molta, eppure mi pare di poter dire che poche volte si può notare in un autore una differenza così netta d’impostazione e di tematica come quella che corre tra il romanzo che narra le vicende dei mercanti di Lubecca e questa opera, storia di un principe ambientata in uno dei tanti staterelli in cui la Germania era suddivisa sino alla fine della prima guerra mondiale.
Nella parabola drammaticamente declinante della famiglia Buddenbrook è stato sin troppo facile scorgere, da parte dei critici che non si sono accontentati di analizzare la storia in sé e il suo stile, la coscienza e l’esplicitazione della irreversibile crisi dei valori su cui si era fondata l’espansione economica e politica della borghesia nel XIX secolo, tanto che I Buddenbrook è stato spesso definito, anche per la data della sua comparsa, il romanzo che inaugura il novecento letterario (io ritengo invece che I Buddenbrook abbiano avuto parecchi antesignani in qualche modo novecenteschi tra le opere di autori a cavallo dei due secoli, soprattutto in ambito anglosassone). Perché Altezza reale si pone in modo così dialettico rispetto a I Buddenbrook e, anche se probabilmente in misura meno eclatante, anche con la sua produzione successiva (si pensi in particolare a La morte a Venezia e a La montagna incantata, che costituiranno le successive più importanti prove narrative di Mann)? Perché Mann sente il bisogno, dopo la grande prova di realismo del primo romanzo, di rifugiarsi in una dimensione come detto quasi fiabesca? Per cominciare a capirlo (o meglio per cominciare a illustrare come io cerco di rispondere a questa domanda) partiamo dalla trama.
Klaus Heinrich è il secondogenito della casata dei Grimmburg: suo padre è il Granduca, sovrano del piccolo stato tedesco, e suo fratello Albrecht è l’erede al trono. Il paese è vicino al disastro economico La vecchia economia feudale, basata sull’agricoltura, sulle miniere e sui boschi, non regge più; le comunicazioni sono arretrate, e non c’è turismo; il debito pubblico sta diventando insostenibile (ma guarda…). Mann spende un intero capitolo a descriverci minuziosamente le cause e gli effetti della crisi economica che attanaglia il paese da decenni, e che è simboleggiata dalla decadenza dei castelli e delle tenute granducali. Seguiamo Klaus Heinrich dalla nascita, giorno in cui ci si rende conto che ha il braccio sinistro rattrappito, agli studi giovanili, durante i quali ha come maestro, anche di vita, il dottor Überbein, figura complessa sulla quale torneremo.
Morto il granduca padre, gli succede Albrecht, che però è malaticcio e a causa del carattere chiuso rifugge il contatto con il popolo: egli delega quindi al fratello, di carattere più aperto ed amato dai sudditi, la maggior parte degli impegni ufficiali e di governo, riservandosi un ruolo solo formale.
Un grande magnate americano ormai anziano, Samuel Spoelmann, di origini tedesche, giunge un giorno nella piccola capitale dello stato per curarsi con le sue acque termali, e si trova tanto bene da acquistare uno dei cadenti palazzi granducali, rimodernarlo e ritirarvisi con la giovane figlia Imma e una sedicente contessa, dama di compagnia di quest’ultima. La giovane, da buona americana, è molto vivace ed anticonformista, aliena ai formalismi dell’aristocrazia del paese, incarnati da Klaus Heinrich. Egli tuttavia la nota e decide di farle la corte, restando però soggiogato dalla sua personalità, che vede in lui una persona che si cura solo delle apparenze e dalla vita condizionata dal ruolo che riveste. Mentre il rapporto tra i due si approfondisce tra alti e bassi dati dalla diversità di carattere e cultura, il possibile matrimonio viene visto dal governo come una grande opportunità per salvare il paese, ed in un importante (anzi centrale) colloquio il ministro degli interni illustra a Klaus Heinrich le reali condizioni economiche del paese, esortandolo a considerare, oltre che il suo interesse personale, anche quello generale che rappresenta. Da quel momento Klaus Heinrich studia economia, e attraverso questa nuova concretezza conquista Imma. Si sposano, il vecchio genitore di lei acquista, come promesso, i titoli del debito pubblico e lo stato può riprendere a prosperare tra il giubilo del popolo per i due giovani sposi.
Dunque apparentemente davvero una bella fiaba. Siamo però di fronte a Thomas Mann, e forse è necessario qualche approfondimento.
In senso generale ritengo di poter affermare che Altezza reale è una sorta di autorisposta manniana a I Buddenbrook. E’ come se Mann (non dimentichiamoci, grande borghese) avesse avuto paura di una interpretazione radicale della tesi esposta nel primo romanzo, quella del disfacimento dei valori borghesi ottocenteschi, e tentasse con questo romanzo una sorta di riparazione, di spiegazione più articolata della sua posizione. Sembra dirci: ”E’ vero, io vi ho detto che le antiche virtù etiche che accompagnavano il commercio e l’accumulazione si stanno perdendo, ma è solo attraverso il recupero della freschezza e della vitalità di questi originari valori in un’ottica moderna che la nostra vecchia Germania si salverà, che avremo un futuro.” I due romanzi possono così essere letti quasi all’interno di una logica dialettica di tipo Hegeliano, rappresentando uno la tesi e l’altro l’antitesi che portano ad una sintesi, a mio avviso rappresentata dalla discesa finale di Hans Castorp dalla Montanga incantata, tutta giocata all’interno di una visione comunque organicamente borghese, cui l’autore fu fedele per tutta la vita e che si ritrova in tutta la sua opera.
Nel romanzo, scritto con una leggerezza che spesso sconfina nell’ironia, anche se sono evidenti, pur nell’ambientazione come detto quasi fiabesca, richiami alla Germania reale in cui viveva Mann, a partire dall’esplicito riferimento a Guglielmo II rappresentato dal braccio rattrappito di Klaus Heinrich, manca tuttavia a mio parere una reale coscienza critica del disegno egemonico e militarista che l’impero tedesco stava perseguendo, e che avrebbe inevitabilmente in pochi anni portato alla catastrofe della prima guerra mondiale: questa è forse la più grave pecca del libro e questa è la più grave accusa che si può rivolgere a Mann: un intellettuale delle sue capacità analitiche non avrebbe dovuto non accorgersi di ciò che si andava preparando, ed anzi suggerire, come fa in Altezza reale, un matrimonio altamente simbolico tra l’autoritarismo prussiano (visto con gli occhi di una satira tutto sommato benevola che si limita a prendere in giro l’eccessivo formalismo dei suoi rappresentanti) e gli spiriti animali del capitalismo.
Ancora poche parole su alcuni dei personaggi minori della storia, che iniziano a giocare quei ruoli paradigmatici che Mann svilupperà appieno ne La montagna incantata. Su tutti emerge la figura del dottor Überbein, il maestro degli anni giovanili, che – con la sua vita difficile, da bastardo, ed i suoi tratti fisici quasi ripugnanti – rappresenta la coscienza arretrata della Germania feudale, nella quale il potere era sublimato in una distanza quasi mistica tra regnante e popolo, ed era proprio l’inaccessibilità del primo a costituire la sua legittimazione nei confronti del secondo, come emerge chiaramente dai più significativi colloqui tra l’insegnate e il regale allievo. Significativamente, Überbein si suicida il giorno del fidanzamento ufficiale di Klaus Heinrich con Imma, il giorno in cui la distanza tra aristocrazia e capitale viene annullata.
Un altro personaggio che compare solo in poche pagine è il poeta Axel Martini: il suo colloquio con Klaus Heinrich è una piccola summa del pensiero manniano circa il ruolo dell’intellettuale nella società, ed anche un capolavoro di ironia sulla figura reale, privata, dell’intellettuale.
Altri personaggi andrebbero citati, da quello di Spoelmann ai parenti di Klaus Heinrich, ma credo che la loro scoperta vada lasciata al piacere della lettura.
Dietro la forma di una fiaba tedesca e una scrittura leggera si cela insomma in Altezza reale un romanzo complesso, come deve essere in uno scrittore quale è Thomas Mann, un romanzo in cui emergono a mio avviso tutte le contraddizioni di questo grandissimo scrittore, che segna di sé la cultura europea della prima metà del novecento, ma che non è esente da colpe (sia pure indirette) rispetto all’andamento che ha avuto, e che forse si è accorto troppo tardi di aver guardato con troppa indulgenza ai piccoli mostri che più tardi, cresciuti, avrebbero cercato di divorarlo.

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Altezza reale 2014-06-11 19:59:56 Ale96
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Ale96 Opinione inserita da Ale96    11 Giugno, 2014
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La non esistenza delle vette dell'umanità

“Cos'è lei? Questo è più difficile.. Diciamolo: una quintessenza, una specie di ideale. Un vaso. Un'esistenza simbolica, Klaus Heinrich, e quindi un'esistenza formale. Ma forma e immediatezza- ancora non sa che si escludono a vicenda? Si escludono. Lei non ha diritto a confidenze intime, e se tentasse di farlo scoprirebbe lei stesso che non le si addicono, le troverebbe inadeguate e insulse. Devo esortarla a mantenere il contegno, Klaus Heinrich...”

Altezza Reale. Un titolo solenne, grandioso che implica fama, potenza, ricchezza: castelli, parchi secolari, servi, domestici, lacchè, balli e feste. No, Altezza Reale non è niente di questo o,meglio, è molto altro. Altezza Reale è la lontananza forzata, il distacco imposto, l'esilio fatale della rappresentanza. Altezza reale è l'idealizzazione che il popolo fa della sua “guida”, del suo prinz. “ Il popolo vuole il suo meglio, la sua cosa più alta, il suo sogno, vuole vedere personificato nel suo principe qualcosa come la sua anima”. E il principe deve rassegnarsi a questo suo alto ufficio: deve sorridere, mostrarsi con garbo ed eleganza. Il principe deve far sì che l'incanto avvenga: la sua altezza impone che il popolo per un instante, un istante solo, alla vista del suo supremo rappresentante, si elevi alla dimensione della favola e rompa la piattezza della quotidianità. Ma al principe? Chi pensa al principe? Lui non ha un'anima, non ha un cuore, non ha dei sentimenti? No, deve solo sorridere, mostrarsi con garbo ed eleganza. D'altronde non ha castelli, parchi, servi e lacchè ai suoi piedi e centinaia di balli che lo attendono? E così il prinz continuerà la sua malinconica messinscena nella propria gabbia dorata sulle vette dell'umanità...

Klaus Heinrich, è il secondogenito del granduca Johann Albrecht, E' nato con il braccio sinistro paralizzato che sarà costretto a nascondere continuamente perché non può spezzare l'incanto che il popolo prova alla vista della famiglia granducale. E così il povero, curioso Klaus Heinrich vine educato alla vita di rappresentanza, anzi, alla non vita della rappresentanza. Deve solo fingere e mantenere il contegno. Così va a scuola per finta, va per finta all'università, fa per finta il soldato e porta per finta l'uniforme; concede per finta udienze, partecipa per finta a inaugurazioni, feste, anniversari, supplendo per finta agli incarichi di suo fratello maggiore, Albrecht che non ha mai sopportato il suo alto ufficio. E così Klaus Heinrich conduce solo e infelice la propria esistenza nel proprio decadente castello del proprio decadente paese. Ma una svolta inaspettata lo sta attendendo, che darà linfa a lui e al suo paese, la svolta dell'amore...

La grandezza di Altezza Reale, secondo romanzo di Thomas Mann pubblicato nel 1909, sta nei suoi svariati piani di interpretazione. E' la storia della solitudine del prinz che è la solitudine dell'artista, del creativo, dell'intellettuale, di chi non si lascia omologare dall'opinione vigente e va oltre, alla ricerca gravosa del vero. E' una satira sociale dettagliata, pungente e storicamente ineccepibile che ha come bersaglio le minuscole monarchie tedesche in via di estinzione del primo novecento: emblematica è la malformazione di Klaus Heinrich, la medesima del kaiser di Germania Guglielmo II, l'artefice della prima guerra mondiale. E' un'autobiografia: con queste commoventi vicende l'autore ripercorre il suo innamoramento per Katia Pringsheim, la futura signora Mann. Ma sopratutto Altezza Reale è una lunga fiaba da assaporare lentamente parola per parola. La grandezza di Mann sta nel rendere con il suo stile melodioso fatto di andanti e leitmotiv, con le sue descrizioni realistiche, pungenti, ironiche un'atmosfera trasognata, fiabesca che fa volare il lettore nonostante la profonda melanconia che pervade il tutto. Ed è proprio il fatto che Altezza reale è una fiaba a giustificare il finale, da molti criticato come poco “manniano” e affrettato. La conclusione mantiene e accentua il clima da sogno, lasciando,invero, la situazione irrisolta, evidenziando così la profondità del messaggio che l'opera possiede.

Non posso far altro che consigliarvi caldamente Altezza Reale e augurarvi una buona lettura!

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