Al limite estremo
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Il Mondo fuori
«Si rimise il cappello, frugò in due tasche, e fermatosi un attimo per avvicinare un fiammifero acceso all’estremità di un sigaro a buon mercato, soffiò un’amara nuvola di fumo a quel mondo che poteva riservare tali sorprese»
Classe 1857 Joseph Conrad nacque a Berdicev in Ucraina da genitori di origine polacca. Figlio di Apollo Korzeniowski, patriota che combatté contro l’imperialismo zarista e che per questo fu arrestato e condannato all’esilio nella Russia settentrionale sul finire del 1961 e che venne a mancare nel 1869, e di Evelina Bobrowska, deceduta all’età di appena trentaquattro anni nel 1865, Jozef, crebbe con lo zio materno Tadeus che gli consentì di frequentare una scuola privata sino a che, al compimento dei suoi diciassette anni, si imbarcò per dedicarsi alla vita di mare. Ed è da qui che hanno inizio i suoi racconti e i suoi libri. Questi traggono origine dal vissuto nelle acque più profonde ma anche dalle voci e dai riporti dei marinai che si trovavano al suo fianco nei vari peregrinaggi.
E con “Al limite estremo” egli spia. A cavallo del millenovecento, scruta l’incognita, assapora il gioco allusivo dell’anima, le tentazioni di quello sconosciuto che è il corpo. Protagonista è il capitano Whallay, vecchio albero maestro, che è simbolo del tempo irrimediabilmente passato, dell’onestà, della dedizione al lavoro, all’amore della famiglia. Ma ancora protagonista è anche il secondo capitano, Sterne che è al contrario emblema della mediocrità, della meschinità, dell’avidità, nonché del rifiuto della storia e della tradizione, e ancora protagonista è Massy, macchinista per caso divenuto armatore, nemico di ogni generoso sentimento, nemico dell’antica fedeltà al mare che il capitano incarna. Altra figura di spicco che si manifesta è il signor Van Wick, ex ufficiale di marina che ha gettato al vento una brillante carriera per farsi pioniere delle piantagioni di tabacco.
Mediante questi quattro personaggi Conrad abbraccia il proprio stesso destino di scrittore affacciato sul baratro dentro al quale soltanto l’oscurità è distinguibile, e ulteriormente si interroga sul medesimo. Quale fato si riserverà per ogni eroe descritto? Cosa farà la differenza? L’invidia di Massy? L’irrimediabile cecità del capitano Whalley? L’ambizione di Sterne? Oppure la tragicità della conclusione è semplicemente inevitabile? Da qui la vera protagonista dell’opera: la Cecità. La stessa che abbiamo riconosciuto in Saramago, ovvero la cecità “reale” del narratore, del lettore, del destino. Perché il domani dell’umano destino non è visibile né prognosticabile. È la disperazione di non vedere a nutrire la mente.
Oltre che “Al limite estremo” l’opera contiene al suo interno anche il celebre “Cuore di tenebra”, che prende spunto dall’esperienza africana e più precisamente in Congo, nonché “La linea d’ombra” testo che trae ispirazione dalle tragiche vicissitudini occorse in Bangkok dove lo scrittore ha il suo primo comando a seguito della morte del capitano tanto che eredita l’Otago. Con quest’ultimo scritto si assiste al passaggio dall’esistenza giovanile priva di responsabilità all’accettazione del mondo morale e della maturità.
Un volume profondo, ricco di spunti di riflessione e scritto con una penna acuta che alcunché lascia al caso. Un tuffo in un classico dell’avventura che non delude le aspettative.