Adina
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Uno straccione italiano!
Adina di Henry James è un delizioso racconto che contrappone la millantata superiorità americana alla tipologia dell’italiano rude e, anche per questo, affascinante (“Era tornato un irresponsabile fannullone d’Arcadia. Ma doveva avere una costituzione arcadica per sfidare la rugiada romana a quel modo”).
Il narratore riferisce i fatti di un suo soggiorno italiano con Scrope, poco avvenente amico, appassionato di antichità, ormai passato a miglior vita (“De mortuis nihil nisi bonum”): nel corso di un’escursione, Scrope aveva carpito a un pastorello (“Un nome che, di certo, avrebbe dovuto essere per colui che lo portava una sorta di talismano contro i guai: Angelo Beati”) un gioiello di età imperiale (“È una gemma – disse Scrope – dissotterrata da poco e ancora incrostata di fango”) appartenuto a Tiberio (“Divus Tiberius Caesar totius orbis imperator”).
Ben presto Angelo si ravvede dell’errore commesso e cerca di rientrare in possesso dell’oggetto dall’inestimabile valore (“Per me era più interessante osservare il nipote di Padre Girolamo che se ne stava immobile e guardava il mio amico con espressione grave”): di fronte al rifiuto oppostogli da Scrope, che nel frattempo si è fidanzato con la bella e giovane Adina, il giovanotto italiano concepisce una vendetta ampiamente intuibile nel corso di un racconto sorretto tanto dalle ambientazioni romane, quanto da stereotipi nazionalistici enfatizzati ad arte.
Giudizio finale: anticato, pastorale, beffardo.
Bruno Elpis