La tigre
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John Vaillant è giornalista e scrittore. I suoi reportage sono apparsi sul «New Yorker», «The Atlantic», «National Geographic» e «Outside». La tigre è stato selezionato tra i libri dell'anno da «Washington Post», «Seattle Times», «Publishers Weekly», «Amazon» e molti altri. Ha vinto, tra gli altri premi, il «British Columbia's National Book Award», «CBC Award for Best Overall Book» e il «Sigurd Olson Nature Writing Award». Einaudi l'ha pubblicato nel 2012. I diritti cinematografici del libro sono stati opzionati dalla società di produzione di Brad Pitt.
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Il diavolo a strisce
Questo è un libro difficile da definire. Attirato dalla bellissima copertina che riporta una possente tigre siberiana in corsa nella neve e dopo aver letto velocemente la quarta di copertina, ero convinto di essere in presenza di un romanzo d'avventura classico, in un ambiente selvaggio, con molta azione e tensione e l'ho immediatamente comprato. Già scorrendo le prime pagine mi sono però accorto che la mia prima valutazione non era esatta. Innanzitutto non è un romanzo ma un resoconto romanzato di un'avventuroso scontro tra l'uomo e tigre in una zona particolarmente impervia e selvaggia come quella in cui scorre l'Amur.
Non c'é niente di meglio allora che lasciarsi trasportare nel mondo di uno dei piú fieri felini, la tigre. Uno dei pochi grandi carnivori rimasti, una volta ampiamente diffuso in buona parte dell'Asia, venerato come uno spirito dalla popolazione locale, che lo ritiene capace, in caso di torti subiti, di tremende vendette.
“pensate alla testa grottescamente muscolosa di un pitbull, dopo di che immaginate come sarebbe se il pitbull pesasse duecentocinquanta chili. Aggiungete dei canini lunghi un dito in mezzo a file di denti aguzzi capaci di spaccare l'osso più duro. Passate adesso agli artigli: vie di mezzo tra un pugnale e un uncino da carne, che sulla curva esterna possono raggiungere i dodici centimetri, come gli unghioni dei velociraptor. A questo punto raffiguratevi il veicolo su cui montare i suddetti componenti: almeno due metri e settanta dal naso alla coda e un metro abbondante di altezza al garrese.”
E' in questo contesto a metá strada tra leggenda e realtá, in un ambiente ostile, in cui la sopravvivenza é difficoltosa non solo per l'uomo stesso ma anche per gli animali che ci vivono, che prende corpo questa strana sfida di vita o morte tra uomo e animale, tra spirito della foresta ed essere umano, dove alla fine non é ben chiaro chi sia il cacciatore e chi il cacciato.
“Nelle situazioni estreme ci sono due categorie di persone, quelli che prima si spaventano e poi cominciano a pensare; e quelli che prima cominciano a pensare e si spaventano a cose avvenute, Nella taiga sopravvivono solo i secondi”
La storia è sicuramente avventurosa ma è integrata da una miriade di informazioni che ne rallentano molto il decorso. Siamo in presenza quasi di un saggio sulla tigre in generale e di quella dell'Amur in particolare, ma non solo, vi sono numerosi ed interessanti riferimenti di antropologia, geografia, etologia, ecologia, storia russa. Tutte queste nozioni che ben si integrano con il racconto, prevalgono però sulla narrazione stessa della vicenda.