La spia corre sul campo
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Recensione della Redazione QLibri
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La spia che odiava la Brexit
Nat è un agente del Secret Service di mezza età. Sono venticinque anni che recluta e gestisce spie nell'Europa orientale e, quando viene richiamato a Londra dall'ultima missione in Estonia, si aspetta un decoroso pensionamento o un ricollocamento in qualche comoda sine cura dell’amministrazione inglese. Invece viene assegnato a un nuovo incarico nella sede londinese dell’Office. Quello che gli affidano è un dipartimento decisamente secondario, chiamato da tutti, spregiativamente, il “Rifugio” perché, lì, ci sono solo agenti accantonati dalle altre sezioni in quanto ritenuti privi di alcuna rilevanza. Inaspettatamente, però, al Rifugio si troverà di fronte a due scottanti situazioni.
La prima riguarda la sua giovane collega Florence. Lei si batte con ostinata determinazione perché i Capi approvino una strettissima sorveglianza su un faccendiere ucraino che sposta enormi quantità di soldi di provenienza quantomeno dubbia, con la complicità di potenti società della City. Riuscirà a far accettare il suo piano?
La seconda riguarda il Sergei, giovane russo-georgiano arruolato come agente dormiente dal suo Paese, ma che, sin dal suo sbarco in Inghilterra, ha dichiarato di voler disertare. Quando Mosca, finalmente, si ricorda di lui e gli chiede di attivarsi, Nat viene subito avvisato e intuisce che dietro all'operazione, di cui il ragazzo è solo uno dei tanti ingranaggi, c’è una degli agenti più in gamba di tutta la Russia la quale, forse, si appresta ad arruolare un funzionario inglese di spicco, pronto a tradire. Per Nat potrebbe essere il classico “colpaccio” che rilancerebbe tutta la sua carriera.
In parallelo a queste vicende lavorative Nat conduce una vita abbastanza ordinaria che divide con la moglie Prue, valente avvocato, specializzata nelle cause “etiche”, la figlia Steff, irrequieta diciannovenne contestataria, e il gioco del badminton per il quale ha una vera passione che, in passato, gli è stata pure utile per reclutare spie all'estero.
Sarà proprio nel suo club di badminton che Nat farà la conoscenza col ritroso Ed. Apparentemente si tratta di un ricercatore ventottenne che lavora per una agenzia di comunicazione. Ha sfidato Nat, campione del circolo, e in breve ne è divenuto l’avversario fisso in una serie di accanite partite. Ma è soprattutto nel relax del dopo partita che Ed si apre e sfoga tutto il suo risentimento contro la follia della Brexit, contro Trump (che paragona a Hitler), contro tutta la classe politica inglese, che considera corrotta e idiota. Chi è effettivamente Ed? Solo un giovane frustrato e deluso dal mondo in cui vive o è qualcos'altro?
È raro che una spy-story possa divenire un libro di valenza politica, ma da Le Carrè ci si può aspettare questo e altro. Nei suoi libri non si susseguono inseguimenti, mirabolanti avventure alla James Bond o suspense che si taglia col coltello. Le spie sono spesso pingui burocrati. Le vicende procedono piano con l’indolenza con cui si verificano, normalmente, le circostanze della vita. Ma più che in altri romanzi la nostra vita reale viene portata allo scoperto e diviene giocatore di primo piano nella narrazione.
Questa affermazione è quanto mai vera per ciò che riguarda questo romanzo. Un vecchio proverbio sentenzia che ne ha uccisi più la penna che la spada. Se il detto potesse applicarsi alla lettera, probabilmente Le Carrè sarebbe sotto processo per tentato omicidio plurimo. Infatti, quest’ultima sua opera, distribuita in contemporanea europea, è una vera arma puntata contro molti personaggi di spicco della scena politica internazionale. Evidentemente l’A., aveva così tanti sassolini nelle scarpe che se li è dovuti togliere tutti contemporaneamente; scegliendosi bersagli davvero grossi da colpire.
Attraverso la bocca dei suoi personaggi scarica tutto il suo livore contro l’attuale politica mondiale a cominciare da quella del suo Paese e dei suoi compatrioti favorevoli ad abbandonare l’Unione Europea, per passare a coloro che (ufficialmente in modo legale) guadagnano riciclando i capitali delle varie mafie (russa, ucraina, georgiana, etc.). Continua occupandosi dell’attuale amministrazione americana (vero bersaglio del libro e attaccata con pesantissimi epiteti) senza risparmiare colpi bassi a quella russa. Raramente mi è capitato di leggere un libro, che non fosse un mero libello politico, così pieno di invettive e violenti attacchi contro personaggi di spicco della politica mondiale viventi e operanti.
Abilmente Le Carrè non prende posizione, perché le ingiurie escono ora dalla bocca di Ed, giovanotto manifestamente disadattato e nevrotico, ora da quella di una vecchia spia in agiato ritiro a Karlovy Vary (quindi da personaggi immaginari e, in quanto tali, non incriminabili), ma è difficile pensare che quelle espresse non siano le opinioni personali dell’A.. C’è da immaginare, perciò, che questo romanzo farà parecchio discutere, soprattutto in un Regno Unito ancora squassato dall'incertezza sulla Brexit e che andrà alle urne tra poco più di un mese. Anzi non è affatto escluso che l’intento di Le Carrè sia pure quello di dare una scossa ai suoi compatrioti.
La trama, nello stile dell’A., non è incalzante, ma la tensione, che le vicende narrate dallo stesso Nat fanno intuire, è palpabile, anche se, spesso, è solo interiore ai personaggi; non è fatta di gesti eclatanti, ma è suggerita da accenni, da brevi frasi.
Il climax finale è emozionante anche se ci conduce ad una fine che non è una vera fine, ma forse solo un inizio di qualcosa di diverso. Ma, in fondo, non sono così tutte le vicende della nostra vita?
Insomma un libro decisamente accattivante che vale la pena leggere anche, se non soprattutto, per l’attualità dei temi trattati, si condividano o non si condividano le idee espresse dai personaggi.