La scomparsa dell'Erebus
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Di solito è il contrario.
Il libro, che racconta romanzandola la vera storia della scomparsa della spedizione Franklin in cerca del famoso Passaggio a Nord Ovest, ha il pregio di avere originato la scrittura di una delle più belle serie TV degli ultimi anni, la omonima The Terror. Avendo visto la serie ed avendone apprezzato la bellezza visiva, l'eccellente scrittura e il magnifico lavoro dietro la costruzione e l'evoluzione dei personaggi, mi aspettavo che il libro da cui é tratta permettesse di esplorare ancora più a fondo il carattere, i lati nascosti e le dinamiche dietro i personaggi che la serie avesse soltanto lasciato intendere. Purtroppo leggendo il romanzo ci si rende subito conto di come molti degli eventi e delle dinamiche che rendevano unici i personaggi principali, come il Capitano Fitzjames, il Dottor Goodsir ed il Signor Blanky soprattutto, mancano del tutto o non vengono affatto esplorarate se non ad un livello molto superficiale. Questo é un enorme problema, quando riusciamo a capire e ad avvicinarci maggiormente a un personaggio di cui vediamo solo le interazioni nella serie piuttosto che quando ci viene raccontato in prima persona nel romanzo. Anche nel caso del protagonista, il Capitano Crozier, benché ci siano dei punti di svolta, si ha l'impressione che non venga realmente cambiato, limitandosi ad una maggiore "forza di volontà" e all'adattarsi ai cambiamenti, fino a accettare placidamente la morte del suo equipaggio, che aveva giurato di proteggere, addirittura alleandosi con chi ne ha causato la distruzione. Sembra quasi che l'autore tenesse talmente tanto all'immagine che aveva dato del personaggio da volerla mantenere tale a dispetto dei cambiamenti che avrebbero dovuto influenzarlo. Il personaggio di Cornelius Hickey poi, antagonista principale, é estremamente monocromatico e completamente vago, non regge il confronto con la controparte scritta magistralmente per la serie, limitandosi ad essere il cattivo infingardo per natura. Ci sono pur sempre nel libro diverse scene ben congegnate e avvincenti, che hanno dato origine ai plot points della serie, ma in generale i punti di svolta e di approfondimento, i gesti di eroismo o di vigliaccheria, quei momenti che ci fanno capire a fondo il carattere ed avvicinarci al personaggio, non reggono il confronto e sono sostituiti da stancanti pagine di ricordi personali che spesso fungono da spiegazione forzata, da dialoghi e soliloqui che hanno l'unico scopo di introdurre (ancora...) particolari irrilevanti, e da lunghissime e sconnesse descrizioni, come l'enumerazione continua di elementi naturali, di minuziosi dettagli tecnici presi da altri libri, e del ripasso di eventi già avvenuti, tanto che ci sono almeno due interi capitoli separati dedicati al riassunto delle vittime, con tanto di grado nella gerarchia e circostanze della morte. "A volte il ghiaccio era cosí e a volte era cosà, a volte camminavano cosí e a volte camminavano cosà". Tutte queste continue divagazioni stancano e danno l'impressione di essere soltanto sterili riempitivi per allungare il brodo.
Un altro grosso problema, su cui purtroppo non riesco a passare sopra, é la pesante iper caratterizzazione dei personaggi, su cui non c'è molto da dire: Tutte le volte che un autore cerca di rendere i suoi personaggi delle maschere, tipo il gigante fortissimo ma tonto che parla frignando, il dandy dalla blesa pronuncia inglese, l'esquimese ridanciano col nome buffo o il marinaio sboccato dal linguaggio colorito, magari nel tentativo di fare ridere, non si accorge che sta menomando i suoi personaggi, sta irrimediabilmente distruggendo tutta la credibilità ottenuta e li sta rendendo delle macchinette. Sono i personaggi sinceri e reali che strappano un sorriso, non le mascherate. Allo stesso modo, quando un autore vuole inserire per forza un omaggio ad un altra opera letteraria, dovrebbe almeno cercare di farlo in maniera sottile o convincente, e non sperare che i lettori si bevano che un gruppo di marinai e ufficiali inglesi avrebbero ricreato alla perfezione l'ambientazione di una storia di E.A. Poe. per una festa. Tanto valeva che subito dopo comparisse pure la lucentezza di the Shining... ops.
Per finire si posso dire di aver trovato comunque dei punti positivi leggendolo, e che in sostanza il romanzo prende un suo percorso e bene o male arriva in quello che si é proposto, tracciando, se non un arco narrativo, almeno una linea del personaggio di Crozier che comunque arriva a compimento, anche se troppo spesso appesantita con le visioni, gli incubi, le sorelle Fox che non c'entrano niente, e dando alla fine un senso di chiusura e di compimento. Sicuramente avrebbe beneficiato di una migliore pianificazione.
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Passaggio a Nord-ovest
Dan Simmons è conosciuto, e famoso, per i cicli narrativi di fantascienza in particolare per la saga dei “Canti di Hyperion”; infatti il mio approccio con l'autore è riferito alla lettura dei romanzi citati. Il presente è un genere che definirei come “armoniosa mescolanza di fantasy, thriller, horror e storico”
La narrazione ricostruisce sia eventi storici accaduti nella prima metà del XIX secolo (tra il 1845 e il 1848) a due navi della marina britannica, la Terror e la Erebus, che affrontarono un viaggio attraverso parte del continente artico al fine di esplorare e individuare un passaggio per il collegamento via mare tra oceano Atlantico e oceano Pacifico attraverso il Mar Glaciale Artico.
Le vicissitudini degli uomini facenti parte dei due equipaggi sono avvolte, oltre che dalle fatiche umane dovute ai rigori invernali, dall'approssimarsi mancanza di cibo, dalle malattie dovute allo scorbuto e al botulismo, da un'ambientazione statica dove il cielo è confuso con l'orizzonte in un plumbeo clima che innesca gran parte di quelle atrocità celate nel profondo dell'inconscio; gli uomini ritornano indietro nel processo evolutivo a causa di una creatura misteriosa che imperversa in maniera violenta e non da' scampo agli sventurati con cui viene a contatto.
La mente degli esploratori viene, quindi, pervasa da ancestrali paure e senso di inadeguatezza che li costringe a usare il proprio istinto primordiale al fine di poter sopravvivere e cercare disperatamente una soluzione al percorso di ritorno che diventa fuga dall'inconoscibile, fuga dall'orrore, fuga dalla follia che ormai alberga nei loro animi.
Dan Simmons trascina il lettore in queste atmosfere di avventura, smarrimento, ossessione martellante che annichilisce il discernimento. L'uomo al cospetto della natura conferma la sua debolezza, l'incapacità di dominarla in quanto fagocitato in un indescrivibile “Nulla”.
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A come avventura
Lascia vagare il tuo sguardo su questa immensa distesa bianca, il cui candore ispira forse serenità e purezza ma in realtà un freddo penetrante ti entra nelle ossa , il silenzio fa più male del rumore e la solitudine , il senso di abbandono si impossessano delle tue sensazioni. Casa è un posto così lontano che persino il ricordo sembra congelarsi in una fredda istantanea senza calore nè vita.
Dan Simmons narra di una delle tante spedizioni per cercare quello che sarebbe divenuto famoso come "passaggio a nord ovest" , dall'Oceano Atlantico all'Oceano Pacifico passando per l'arcipelago artico canadese. Il romanzo racconta il viaggio del comandante inglese John Franklin alla guida delle due navi della marina britannica, l'Erebus e la Terror, alla ricerca di questo passaggio che costituisse un modo più veloce per raggiungere le Indie e quindi per favorire scambi commerciali. Ma gli uomini dell'anno 1848 non avevano a disposizione mappe dettagliate, questo passaggio era una leggenda , si andava ad intuito o seguendo indicazioni approssimative e azzardi . Le due navi rimasero imprigionate nel ghiaccio e nessuno fu mai ritrovato vivo. Dan Simmons fa una ricerca storica immensa, degna del miglior Umberto Eco, ma soprattutto porta il lettore tra i ghiacci. Ti trascina lentamente all'interno delle navi intrappolate (ben presto sarà una sola) , a lottare con i morsi della fame e della sete, le malattie, il freddo, le proprie angosce e un nemico crudele : un enorme mostro che appare e scompare nel bianco ma forse è solo un grosso orso affamato che il terrore dell'equipaggio ha trasformato in una creatura soprannaturale da racconto dell'orrore.
Gli uomini dell'equipaggio prima attendono, sperando nello sciogliersi dei ghiacci, poi lottano per trovare una soluzione , ma il freddo sembra rallentare ogni battito del cuore, ogni movimento, gli angusti e sporchi spazi della nave sono l'unico rifugio sicuro fino a che diventa chiaro che abbandonare la nave è l'unica scelta possibile...affrontano così a piedi un paesaggio ostile che nasconde insidie impensabili in un mondo di tale candore e silenzio.
Il romanzo è piuttosto lento nello scorrimento ma se ci si immedesima negli uomini della spedizione non si può non giudicare splendido il lavoro dell'autore, ha reso benissimo la durezza della vita a bordo, le paure e le speranze dell'equipaggio, la natura terribile , lo spirito d'avventura di un epoca.
Il finale , mistico e molto poetico , è ovviamente pura invenzione perchè cosa accadde agli uomini della spedizione non si è mai saputo, si possono solo avanzare ipotesi.
Leggere questo libro oggi fa un certo effetto perché ci sembra quasi impossibile che ci si possa avventurare in posto da cui non sarà più possibile tornare a casa in quanto troppo lontano o impervio.
Se cercate l'azione e i colpi di scena "La scomparsa dell'Erebus" non fa per voi se apprezzate i romanzi che vi portano in un "mondo" e vi accompagnano ad esplorarlo allora è una scelta azzeccata.