Congo
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Tra il deludente e l'antipatico
Congo paese di vulcani, di immense nebbiose foreste, di cannibali, di guerriglia, di un patrimonio minerario che attrae molti speculatori. Terra di grandi esplorazioni dei secoli passati, spedizioni per lo piu' di esito negativo e grandi perdite, vuoi per l'impenetrabilita' della giungla, vuoi per l'equipaggiamento insufficiente.
Fino al giugno del 1979, quando l'alba spuntava sulle tende di nylon progettate dalla NASA e inumidite dalla rugiada della foresta pluviale. Un sibilo, un fischio ansimante, le urla dei colobi e poi il silenzio.
Non so se definirlo prevalentemente thriller o avventura, per semplicarmi la vita lo definirei un ibrido mal riuscito di entrambi, perche' proprio non mi e' piaciuto.
Fermo restando il tedioso soffermarsi su tecnologie piu' o meno avanzate, il fattore avventura e l'ambientazione potevano essere galvanizzanti. La penna non premia neppure la natura, che e' di suo molto piu' accattivante di come la sappia descrivere Crichton in questo romanzo. Manca la magia della scoperta che caratterizzava le grandi spedizioni del passato, qui si cerca un giacimento di diamanti industriali e tutto il resto e' il nulla. L'emozione, la poesia, il mistero di scoprire una citta' perduta divengono insipido fenomeno marginale, si spegne ogni scintillio nello sguardo del pioniere per passare ai soliti calcoli.
Senza contare , per chi appoggia la filosofia delle grandi studiose di primati quali Goodall e Fossey, che l'intento della fiction non compensa la castrazione emotiva inferta al lettore sulle orme di uno dei personaggi principali del testo. E' infatti di una tristezza inaudita il soggetto della gorilla Amy strappata alla giungla da piccola per essere rinchiusa in laboratorio ad imparare il linguaggio dei segni.
Sebbene buoni siano gli spunti in gran parte reali, l'effetto suspance e' inesistente, l'effetto avventura mortificante, l'effetto etico per me intollerabile.
Anni luce dal bellissimo Jurassic Park , una grande delusione africana.