Narrativa italiana Romanzi Zona del silenzio
 

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Zona del silenzio

Letteratura italiana

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La presentazione e le recensioni di "Zona del silenzio. Una storia di ordinaria violenza italiana", opera di Checchino Antonini e Alessio Spataro edita da Minimum fax. All'alba del 25 settembre del 2005, un diciottenne muore a Ferrara, pochi minuti dopo essere stato fermato dalla polizia dalle parti dell'Ippodromo. La storia di Federico Aldrovandi sarebbe semplicemente questa, se una madre veramente coraggiosa non avesse aperto un blog per battersi per una giustizia negata. Da quel blog e da un lavoro di inchiesta di tre anni nasce "Zona del silenzio". Un romanzo a fumetti che utilizza questo "normale" episodio di abuso di potere tutto italiano per raccontare una piccola storia di resistenza e di amicizia. Quella di un giornalista e un giovane studente romano che si mettono in cerca della verità sull'omicidio Aldrovandi, e che finiranno per scoprire molto anche su loro stessi.



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Zona del silenzio 2009-07-22 15:58:54 concetta di lunardo
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Opinione inserita da concetta di lunardo    22 Luglio, 2009

Zona del Silenzio

Concetta Di Lunardo
Recensione del romanzo-fumetto “Zona del Silenzio” di Francesco Checchino Antonini e Alessio Spataro ed. Minimumfax

Un mix tra fiction e giornalismo
L’inchiesta Aldrovandi diventa un fumetto


Un fumetto di denuncia sulla morte di Federico Aldovrandi. Disegnato e scritto per restituire ed imprimere nella memoria collettiva le immagini di una vita interrotta premauramente da un violentissimo quanto misterioso controllo di polizia. La copertina sintetizza “una storia di ordinaria violenza italiana” come recita il sottotitolo, perché a terra giace il corpo di Federico Aldrovandi il diciottenne morto all’alba del 25 settembre del 2005 in una periferia ferrarese a ridosso del parchetto dell’Ippodromo, dopo un controllo di polizia. Sta tornando a casa a piedi dopo una serata tra amici, incensurato, non ha con sè i documenti. Alle 5.47 una donna del vicinato chiama il 113, riferisce di urla di un ragazzo che come un forsennato dà in escandescenze. Interviene una volante, poi un’altra. I medici che prestano invano soccorso alle 6.10 trovano Federico steso a terra, tumefatto, ammanettato, il volto sull’asfalto, le mani dietro la schiena. Immobile, ossia senza vita. Cosa è successo quella mattina a Ferrara?
Alle versioni della Polizia, dall’autolesionismo allucinato causato dalle droghe, all’intervento dei poliziotti per contenere la reazione violenta di Aldrovandi al fermo, al malore per overdose, la famiglia non ha mai creduto. Eppure, la storia di Federico Aldrovandi sarebbe semplicemente questa senza il coraggio dei genitori, Patrizia e Lino, i quali dopo cento giorni di immobilismo delle indagini aprono un blog per attirare l’attenzione sul caso e chiedere verità e giustizia. “Zona del silenzio” (Minimum fax pp.176 euro 15) - scritta più di tre anni dopo da Checchino Antonini, il giornalista che per primo portò la vicenda sulle prime pagine del quotidiano Liberazione, e disegnata da Alessio Spataro, giovane catanese con numerosi albi all’attivo - frantuma ogni aporia, meglio ogni agnosticismo cosmico sui fatti di Via Ippodromo e, attraverso l’iconografia del fumetto, la fedeltà alle atmosfere, le duplicazioni più profonde della storia, finirà per scuotere e irritare tutti, ancor più la “mala coscienza” e, più recentemente, anche il collegio difensivo. Perché l’ostinazione di una madre e l’attivismo di alcuni giornalisti fuori dal coro, sono riusciti a sollecitare l’inchiesta da cui è scaturito un processo per omicidio colposo contro gli autori del violento controllo di polizia e dei tentativi successivi di insabbiamento. E la memoria riaffiora dolente, un déjà vu processuale che ha lasciato l’amaro in bocca restituisce nel graphic novel la denuncia di un malessere più generale verso , una comunità indignata che lega Federico Aldovrandi a Carlo Giuliani, fino alla Resistenza, come rileva nella Prefazione Girolamo De Michele (redattore di Carmilla): . Il libro è un mix tra fiction e reportage che tenta di forzare i limiti di entrambi i generi per raccontare la storia di una città omertosa e di un ragazzo con pregi e difetti di ogni suo coetaneo. Un ragazzo che oggi, senza quell’incontro, sarebbe vivo.



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