Voi non la conoscete
Letteratura italiana
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Recensione della Redazione QLibri
Una donna, due volti
Da pochi giorni è possibile leggere l'ultimo racconto di Cristina Comencini.
Lo definiamo racconto per l'esiguità delle pagine, uno spazio brevissimo in cui l'autrice riesce ad entrare nell'anima della sua protagonista.
Non c'è spazio per i preamboli, per introdurre la donna e la sua vita; questa autrice ha la capacità di disegnare il lato più oscuro di un cuore nello spazio di un battito di ciglia.
Con frasi rapide e veloci prende forma il volto di Nadia, figlia, moglie e madre, eppoi i vuoti, gli abbandoni, i rancori, le finzioni, le insoddisfazioni; una vita che deraglia abbandonando i binari della cosiddetta normalità, della famiglia, degli affetti, del perbenismo, per frantumarsi in tanti cocci.
E' straordinaria l'immagine dell'esplosione o trasformazione di questa donna, fotografando un collage di tante storie riportate dalle cronache, situazioni forti talora limite, eppure impregnate di crudo realismo.
I contenuti proposti dalla Comencini non possono lasciare il lettore indifferente sia altrove sia qua, sono il frutto di sentimenti sbagliati, corrotti, deturpati dalle forze oscure all'interno dell'individuo oppure da rapporti familiari e sociali piagati.
L'autrice riesce ad entrare nella parte più buia dell'animo umano, lo osserva e lo racconta ma non offre spiegazioni o giustificazioni delle azioni e dei pensieri.
La Comencini ha uno stile di scrittura inconfondibile, aggressivo e arrabbiato, denso e sintetico, non concede alla sua penna divagazioni, ma corre dritta sul bersaglio.
Non smentisce la sua alta espressività in questo racconto, nonostante ci si chieda il perché di una forma strutturale così concisa, quando i temi affrontati avrebbero permesso l'elaborazione di qualche pagina in più.
Sicuramente una scelta ponderata, una storia dai connotati così marcati e definiti da spingere l'autrice ad un'analisi rapida come una sferzata, una storia dove la fine è già scritta strada facendo, una storia di cui è impossibile tentare di ricucire i pezzi.
Ancora un buon lavoro, una lettura di grande trasporto emotivo, un viaggio nel dolore che non prevede il ritorno.
Al termine della lettura viene naturale chiedersi se siamo certi di conoscere la persona che abbiamo accanto nella vita e con cui stiamo condividendo un percorso; per l'autrice è un quesito per nulla scontato.
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Opinioni inserite: 2
Una donna...spaiata.
Pochissime pagine di un'intensità pazzesca, una scrittura aggressiva e arrabbiata, che non lascia spazio a divagazioni, punta il bersaglio e affonda il colpo.
La Comencini ci presenta una donna, madre, moglie, ma soprattutto figlia...irrisolta.
Il suo sentirsi sdoppiata, fuoriluogo, estranea a se stessa, ha radici in un'infanzia trascorsa a fare da spettatrice all'amore della madre per suo fratello, e in un'adolescenza trascorsa a metabolizzare un dolore che non provava.
Anni di solitudine interiore che hanno scavato una voragine impossibile da colmare.
"Spaiata"...ecco com'è Nadia...una donna spaiata, con una rabbia feroce dentro che la porta a prendere le distanze dagli uomini, dalla sua famiglia, da una madre ingombrante e colpevole, ma anche da se stessa.
"Voi non la conoscete"...è una promessa mantenuta, perché effettivamente non la conosceremo mai veramente, il racconto è davvero troppo breve, per quanto incisivo, affinché si possano comprendere fino in fondo le dinamiche psicologiche che portano la protagonista a compiere azioni di cui pagherà le conseguenze.
La Comencini, con queste premesse, avrebbe potuto regalarci un romanzo di ampio respiro e profonda indagine psicologica...ed invece ha voluto solo graffiarci un po' l'anima e lasciarci con l'amaro in bocca, con una storia appena accennata, ma potente.
"Spengo la sigaretta. Cinquanta flessioni a terra, cento salti con la corda. Un cazzotto a chi mi chiede come ti chiami, da dove vieni, che hai fatto. Non sono io quella che vedete, vivo lontano da qui, ogni posto è uguale, ogni casa non è la mia, ogni uomo è uno sconosciuto, i miei figli non mi appartengono più, Nadia non può dire la verità. Illusione, amore, matrimonio, bambini. Chi mi ha insegnato ad amare gli uomini? Mia madre mi ha indicato solo la strada dell’odio, poi l’ho coltivato da sola, nella caverna buia in cui batte il cuore."
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Una donna ritrovata
Poche pagine dense di introspezione che portano direttamente al centro delle emozioni della protagonista rendono questo breve racconto un momento di riflessione intensa che può anche aiutare a guardarsi dentro se se ne ha voglia.
Nadia, una donna come tante, ha sempre vissuto una vita come tante, con un marito, due figli, una famiglia che spesso si definisce tranquilla, sino a quando inspiegabilmente si ritrova a partecipare ad una rapina con una coppia non meglio definita.
Ma perché quel gesto?
Come si può incastrare un atto criminale nella vita “normale” di una donna come tante?
La risposta arriverà in carcere, momento di forte introspezione della protagonista, momento delle verità nascoste che lentamente emergono dal sottosuolo dell’animo umano, aiutate dal sapiente lavoro dello psichiatra.
Ed è qui che la vita precedente da normale si scopre essere stata una vita vuota, priva di affetti ed attenzioni, linfa vitale per una donna.
Singolare il modo in cui Nadia descrive la vacuità di se stessa uscendo dal proprio corpo ed impersonandosi in un’altra donna, quella che vorrebbe essere, quella che racconta la storia di Nadia allo psichiatra, primo vero uomo capace di darle attenzioni.
Nadia così si riscopre, espelle l’immagine ormai vecchia di sé che non le appartiene più e nel disfarsene dà un senso a quello che è stato o che, meglio, non è mai stato!
Data la brevità del racconto la narrazione è densa di contenuto, sempre incentrata sulle ragioni dell’anima e riprende temi attuali quali quello dell’alienazione della famiglia e del forte potere di indurre all’introspezione esercitato dalla condizione di essere reclusi, per accorgersi, magari troppo tardi, di verità che forse altrimenti non sarebbero mai venute a galla.