Vita di Nullo
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Pronti, partenza...Nulla
Un bar di paese che non ha seguito la modernità dei tempi, rattoppato in una involuzione ormai fatale. Il vecchio bancone e la formica ingiallita dei tavoli, la tendina lisa alla porta ed i vetri opachi solcati da striature scure. Un ritrovo di periferia dove restano in pochi, ma la cui assenza piu’ greve pare essere quella del buon Nullo.
C’e’ un motivo per cui Nullo e’ uscito dal gruppo, una carota fresca e stuzzicante che l’io narrante ci sventola davanti alle fauci asinine, camminando a ritroso fino all’infanzia per parlare di quel ragazzino solitario e dal ventre gonfio. “Panzon” lo chiamavano, con un fare canzonatorio che gli avrebbero riservato per tutta la vita.
La sinossi del libro mi sembrava avesse un non so che di allettante, la copertina mi infondeva un senso di pace nell’anticamera di un panorama cupo e affascinante. Eppure il titolo cosi’ significativo mi avrebbe dovuto avvertire, fermare in tempo: “Vita di Nullo”, nulla, zero.
Il nulla e’ cio’ che ho vissuto leggendo, zero e’ quel che resta di questo scritto piuttosto breve.
Tacendo sulle motivazioni che hanno spinto il nostro buon uomo a sparire, di una banalita’ imbarazzante, credo di avere nella miglior delle ipotesi individuato l’intento dell’autore. Rivivere cioe’ una realta’ di paese degli anni Ottanta, cose di ragazzi, la scuola e poi la Fiat 127, gli stereo, gli impianti a metano e il carburante troppo costoso. Ma dai soli intenti non nascono bei romanzi.
La scrittura e’ scorrevole ma piatta , il corpo del libro ha la fragilita’ ossea della creta in un mattino di sud est asiatico durante la stagione monsonica.
Il personaggio di Nullo non ha il carisma dell’incompreso, che solletica la solidarieta’ alla platea dei lettori. Nemmeno la disperazione della vittima di bullismo, che riscuote l’appoggio ed il tifo del pubblico verso la rimonta. Non posso nemmeno dire di avere trovato sollievo nella benedizione di una mera empatia, che salva l’insalvabile, talvolta.
Nullo, Zero, Nulla e così sia.
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La soluzione di Nullo al carobenzina
Diego Marani attraverso la Vita di Nullo racconta la storia di una generazione (“Gli ultimi astanti di un bar che nessuno frequenta più”) che riconosce la propria identità per opposizione, assumendo Nullo come “la nostra vittima sacrificale, il nostro capro espiatorio. Ma la sua peculiarità era che dal sasso del sacrificio neanche a rito compiuto voleva spostarsi”.
Come spesso succede, l’importanza di Nullo esplode quando lui viene meno (“Eppure mi sento colpevole della scomparsa di Nullo”): in quel momento la coscienza del gruppo si afferma (“Ci tenevi in pugno, ci costringevi a esaudire le tue smanie e lasciavi a noi l’amara parte del carnefice”) e si celebra come nei tempi passati (“Lontano dal bar Nullo era lasciato a se stesso. Noi in qualche modo convogliavamo il suo anelito all’autodistruzione in una danza tribale che alla fine lo salvava”): quando Nullo era figura tragica sul suo Malanca Testarossa, o sulla 127 a benzina trasformata con alimentazione a metano (“… due siluri… sul portapacchi… sembrava un sommergibile…”).
“Che Nullo sia ancora vivo e vegeto ne abbiamo ovviamente la certezza”. Che sia scomparso, forse, lo si deve alla rivelazione di un segreto: la soluzione di Nulllo al carobenzina (“Nullo dice che poco gliene importa se il prezzo aumenta, tanto lui al distributore ne fa sempre solo cinquemila lire alla volta”).
Difficile stabilire il discrimine tra bullismo (“La nostra derisione era un abbraccio caldo che lo tormentava e lo consolava, che lo ripagava di ogni sofferenza e gli dava il suo esclusivo posto fra noi”) e venerazione (“Ci porterà via da questo pianeta disabitato, da questo brutto bar, da questa gente cattiva, da questo tempo che non è il nostro dove nessuno ci conosce più”).
La storia scorre tra due argini: lo sgomento per la crudeltà delle dinamiche del branco, la nostalgia per le dinamiche giovanili…
Giudizio finale: cameratesco, cinico, generazionale
Bruno Elpis
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