Versilia rock city
Letteratura italiana
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Eravamo 4 amici al Forte...
La Versilia, nello specifico il Forte, è terra di vacanze e di turismo, è località che per sua conformazione e caratteristiche è ambita dai villeggianti di ogni parte d’Italia (Milanesi etc in passato) e del Mondo (in particolare dei Russi nei tempi più recenti). Quelle due/tre settimane di ristoro hanno però effetti diversi su chi in quei luoghi ci vive per 365 giorni l’anno ed è costretto ad adattarsi alle esigenze di quei “forestieri” che come sono arrivati ben presto se ne andranno indifferenti agli effetti della loro presenza. Ma guai a disobbedire alle prescrizioni, il turista ha priorità su tutto. Se alle 15.00 del pomeriggio questo riposa di certo Nello non potrà mettere la sua musica Heavy Metal a tutto “fooo“ e via dicendo.
1986. Renato e Mario hanno 12 anni, tanti sogni e non sono ancora stati disillusi dalla vita; viceversa Nello, il ventitreenne zio del secondo, è un tossicodipendente, un reietto della società da cui stare alla larga.
2008. Mario e Renato hanno 34 anni e le loro vite sono profondamente cambiate. Mentre in passato il protagonista ha segnato il regno della musica con le sue performance – perché lui era Marius Dj famoso negli anni novanta ed anche un pezzettino dei duemila – adesso vive chiuso in casa, Renato ha lasciato il Forte, si è trasferito a Milano ed organizza finti viaggi per chi non può permetterseli, Nello è alla ricerca di quel riscatto di una vita dopo anni di eccessi e comunità di disintossicazione, Roberta infine rappresenta la fredda donna in carriera che non sopporta più di vivere senza emozioni succube di un aggettivo che ridondante la marchia ancor prima di essersi presentata.
Quel che accade nell’intervallo di tempo tra gli anni ’80 ed il 2008 viene narrato a sprazzi, quasi dedotto se non raccontato di sfuggita, una tecnica che incuriosisce il lettore sin dal principio. E quei giorni sono fondamentali per i nostri protagonisti perché li hanno resi quel che sono oggi. “Insoddisfazione” è la parola che meglio li rappresenta. Ognuno di loro si era immaginato un futuro con determinati successi, traguardi, obiettivi quando di fatto la vita gli ha riservato ben altro. E come non cercare il proprio posto nel mondo, come scrollarsi di dosso l’apatia che rende i giorni così uguali? E sarà quel reincontrarsi, quasi per caso, a dargli la forza di lasciarsi il passato alle spalle.
Stilisticamente il componimento è caratterizzato da quello che è un pò il trade mark di Genovesi ovvero un’alternanza di narrazione che ritroviamo spesso nelle sue opere (basti pensare al recente “Chi manda le onde” che appunto presenta la stessa struttura). I personaggi si distinguono gli uni dagli altri per connotati e diversa piacevolezza, c’è chi magari risulta “superfluo” per chi legge e chi al contrario è “indispensabile” per il meccanismo. Il linguaggio è spontaneo, schietto, estremamente vicino al gergo parlato. Inevitabile la somiglianza de “il Botta” con nonno Ferro di “Chi manda le Onde”.
E’ un romanzo che può piacere o meno, è capace di spingere il lettore a giungere sino al finale ma può non convincere proprio per la sua essenza che per lo stile adottato. Non adatto a chi cerca lessici puliti e forbiti.
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no = a chi ama linguaggi forbiti ma soprattutto puliti.
una Botta di vita!
La provincia con tutti i lati del suo fantastico poliedrico humus [urbano], un aggiunta di personaggi che nella nostra vita abbiamo sicuramente incontrato, un pizzico abbondante di ironia che giunge improvvisa (un po’ come il cetriolino nel Big Mac che sai che c’è ma, al momento dell’abbocco, rimani sempre stupito) e quel sottofondo di dramma che, comunque, circonda le vite dei personaggi di questo bel libro scritto da Fabio Genovesi dal titolo Versilia Rock City [MONDADORI 2012].
La professionista repressa, l’ex DJ, il furbo giovane transfugo a Milano e l’ex drogato si ritrovano ad essere la cornice dentro la quale Genovesi dipinge la sua Versilia invernale fatta di incroci desolati e grandi silenzio che si contrappongono ai nodi “chiassosi” di queste vite che [soprav]vivono ai margini dell’estate e dentro un inverno che, per chi vive in riviera, è il paradigma di una vita fatta di vuoti da riempire di qualcosa che sia meno fugace del via vai di turisti.
E’ un libro che si lascia leggere in un batter d’occhio nel suo scorrere piacevole scende liscio e ti fa inebriare… proprio come un aperitivo in riva al mare (e scusate la rima)!
Un consiglio che vi do, prima di lasciarvi andare a comprare questo benedetto libro, è di pensare al Botta come a Massimo Ceccherini…. lo so, ognuno pensa a chi vuole, magari ad un parente, un amico, un personaggio della sua città… ma il Botta, per me, ha la voce e le sembianze di Ceccherini… provare per credere!
Buona lettura!
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Fuori dal coro esaltante
La Versilia d’inverno non è quella estiva. E ci sta. E le prime pagine del romanzo, nelle quali Genovesi descrive, con simpatica ironia, questa diversità, sono le migliori e a mio avviso le uniche che hanno presa e significato. Quando, poi, si passa alla caratterizzazione dei personaggi che tale situazione dovrebbero esemplificare, cade tutto.
C’è un ex dj di successo che, per motivi rimasti ignoti, ha deciso un bel giorno di segregarsi in casa (meglio: in una stanza) e trascorrere il tempo a scaricare files da Internet (?) e ad ingurgitare pasticche che lo accompagnino in qualche modo al sonno notturno.
Uno zio dell’ex dj cui i trascorsi di droga e di carcere hanno devastato la mente. Tant’è che il suo sogno, tra un episodio e l’altro di violenza quotidiana, è costruirsi una barca per intraprendere l’attività professionale di pirata. Nel frattempo gli scappa fuori dal nulla pure un figlio tredicenne, che entra nel romanzo senza una storia ma viene ben presto arruolato dal manipolo di soggetti strampalati che danno vita a questo romanzo.
C’è un ex primo della classe, laureatosi, per far piacere alla mamma, in informatica (nei confronti della quale non prova alcun interesse) che si trasferisce a Milano in cerca di opportunità e che sfonda, pensate un po’, producendo viaggi esotici inventati per sfigati che se ne vogliono vantare con i conoscenti. E nel racconto entra di forza anche un suo cliente, surreale come tutti gli altri personaggi.
Tutto sommato, il soggetto meno atipico è l’avvocatessa Trapasso, donna di successo, con vita relazionale normale (evviva!)che però si fa travolgere dalla volgarità e dall’eros piuttosto bestiale del già descritto zio, finché non recupera la giusta lucidità per mandarlo al diavolo.
Un racconto come questo non poteva avere un finale degno di tal nome. Che, infatti, non c’è. Tutti insieme al molo, in notturna ipotizzata fuga verso la Sardegna, lasciandosi dietro un cane e un bambino (forse) morti ammazzati, una madre moribonda in ospedale, una figlia in disperata attesa di notizie del padre scampato allo tsunami che ha investito il suo viaggio inventato. Tutti in fuga allegramente. O, come meglio inteso dalla critica dominante, tutti decisi a lottare contro un destino che li vorrebbe segnati.
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Perdenti ma non sconfitti
Versilia, terra di vacanze da copertina, ma accano alle storie di chi si diverte solo poche settimane all'anno c'è la vita di tutti i giorni di chi qui ci vive, accanto alle luci , al lungomare affollato d'estate , ci sono le anime seccate al sole di quattro personaggi per cui sembra essere sempre inverno, quando le case e le strade si svuotano e si resta soli con i propri limiti e le proprie debolezze. Le vicende iniziano negli anni ottanta e poi riprendono ai giorni nostri, quello che sta in mezzo viene quasi dedotto o raccontato di sfuggita, immeritevole di menzione. Quei lunghi giorni sono quelli che hanno fatto di quattro ragazzi gli adulti che sono oggi, ognuno a suo modo insoddisfatto, sfinito, solo, a inventarsi una vita che non è quella sperata, a chiedersi a quale svolta del labirinto della vita ha sbagliato direzione. I quattro protagonisti cercano di trovare il loro posto nel mondo, incapaci di scrollarsi di dosso l'apatia di giorni troppo uguali. Per quanto agli occhi della società dell'apparire siano dei perdenti non si sentono ancora sconfitti e la condivisione di qualche momento,il reincontrarsi quasi per caso , il non essere più soli dà loro la forza di intraprendere un nuovo viaggio .
I personaggi sono presi dalla quotidianità ma per nulla banali: l'ex tossicodipendente alla ricerca di riscatto, la donna in carriera che scopre di vivere senza sentimenti, il sociofobico che si rinchiude in una stanza eclissandosi nel mondo artificiale di internet e di quanto vi transita, il giovane rampante mancato che organizza finti viaggi per chi non si può permettere quelli veri , una finzione nella finzione più grande che è la sua stessa esistenza.
Genovesi mischia bene dramma e ironia in un racconto un pò malinconico ma molto realistico sulla vita di provincia e le disillusioni di una generazione.
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Versilia Rock City
Grandissimo Fabio!! Altro libro, altra soddisfazione!! I personaggi di Genovesi sono tra i più divertenti e al tempo stesso malinconici che abbia mai incontrato sulle pagine di un libro, le sue storie tanto quotidiane per alcuni aspetti quanto surreali per altri, la scrittura intelligente, spontanea e veloce... Insomma, per chi ancora non avesse approciato l'autore... Avanti!!!
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Versilia Rock City di Fabio Genovesi
E' ufficiale: adoro quest'uomo! E' il secondo libro che leggo di Genovesi e non vedo l'ora di leggerne un terzo. Non mi sono mai divertito tanto nel leggere un romanzo, sfido chiunque a non farsi qualche sana risata leggendo i dialoghi, i pensieri, le situazione rappresentate da Genovesi.
I personaggi delle sue storie sono sempre un pò borderline, vivono in un mondo tutto loro, ma proprio per questo è impossibile non innamorarsi dei protagonisti, della loro genuinità, delle loro insicurezze.
Il romanzo è ambientato quasi totalmente a Forte dei Marmi ed ha come personaggi principali tre "disadattati", ognuno a modo suo, che si creano un microcosmo nel quale vivere. Il destino però è in agguato e li porta ancora una volta ad incrociare le loro strade, un pò come quel giorno, in quel bar....
Fantastico!!! Grande Genovesi!