Una storia quasi perfetta
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Bella e nuova
Nuova: forse non sono io la persona più adatta a dirlo non conoscendo la vecchia Mariapia Veladiano ma certo dalle recensioni degli amici lettori sui suoi precedenti romanzi, dagli incipit me la immaginavo molto diversa. Mi aspettavo, avendo letto la prefazione, un romanzo sulla seduzione, questo sì, ma con redenzione del seduttore o almeno un tentativo di redenzione a suon di salmi. Invece niente. La nuova Maria Pia lascia Dio sul Suo trono e al seduttore ci pensa lei: lo serve al lettore, tagliato a fettine sottilissime con contorno di fiori e flambè al fuoco della passione naturalmente. Il romanzo è molto bello, davvero diverso da come me lo aspettavo: tagliente, affilato direi, diretto, schietto.Bianca, la protagonista è una donna bella e brava, una che va a testa alta. Una persona che ama l’arte e si circonda di cose belle. Anche lui ama l’arte e si circonda di cose belle, cose e persone, un occhio alla cartella con i dipinti e l’altro alle gambe dell’artista. Mentre Bianca è una persona trasparente per il lettore, non ci nasconde nulla, lui invece è difficile da capire anche se viene vivisezionato nei suoi modi costruiti e nelle sue strategie che funzionano sempre. Elsa Morante direbbe che Mariapia ci ha raccontato la storia d’amore tra la donna-fiore e l’uomo-camaleonte, perché il tratto più tipico di lui è questa rara capacità di capire al volo chi ha davanti e di usare le parole giuste e diverse per ogni donna, una qualità rara. Dodici donne e anche qualche uomo perdono la testa per lui con un totale di tre suicidi. Lui è un bell’uomo, alto 2 metri, ma niente di speciale. La sua bellezza è tutta nei modi di solito perfetti e soprattutto calibrati sull’interlocutore. Certo la storia d’amore tra i due sembra, come dice il titolo, perfetta ma a un certo punto lui sparisce, si nasconde sperando che Bianca sopravviva al dolore. Certo non si capisce perché lui scappi da Bianca. E’ un uomo calcolatore, seduttore e Bianca gli sembra bellissima. Ha 100 cartelle e con quelle potrebbe mettere le mani su una miniera d’oro. Se fosse un po’ più calcolatore dovrebbe restare con Bianca almeno fino all’esaurimento della miniera, potrebbe sfruttare qualche altro filone. Io credo che questa fuga, così poco conveniente dal pdv economico, sia la dimostrazione che lui tiene a Bianca. Forse è il gesto generoso di una mente storta che intuisce che tirare la storia per le lunghe renderebbe l’inevitabile colpo della separazione mortale. Il lettore vorrebbe immaginare un gesto protettivo da parte di lui anche se espresso in una lingua straniera. Certo, Bianca, come le altre donne si è abituata al suo camaleontismo e naturalmente ha preso sul serio le sue parole in lingua-Bianca. Ma lui non ha mai fatto promesse. Non ha mai fatto promesse a nessuna donna. Probabilmente nella sua vera lingua, quella incomprensibile alle donne, segue la famosa filosofia della passione: eterna per un solo istante. Per cui non ci sono promesse, non c’è domani, c’è solo l’oggi.
La sincerità dovuta è solo quella ai propri sentimenti. Il finale lascia intuire il suo rimpianto per qualcosa di bello che si è perso e al lettore dispiace un po’ per lui anche se è solidale con lei che non si lascia schiacciare e abbattere e esce dalla dura prova nuova e bella e … con tante nuove cartelle.
Il romanzo oltre che essere piacevole, bello, di facile lettura ha qualcosa di buono, come credo l’abbiano tutti i romanzi di Mariapia, qualcosa che paragonerei ai gorghi buoni che sputano la gente fuori dal fiume dandogli un po’ di carica, facendola sentire anche lei nuova e bella.
Indicazioni utili
Care amiche lettrici se lui lavora fino a orari impossibili anche se è disoccupato o peggio dipendente pubblico e quando torna non sembra distinguere tra voi e l’armadio regalatevi subito il libro della Veladiano e vi consolerete subito con l’idea che vi poteva capitare anche di peggio.
Recensione Utenti
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L' amore e le sue declinazioni
Un possibile grande amore, il vero amore, al centro della narrazione, filtrato dagli occhi luminosi e dalla candida sensibilità' di Bianca, la protagonista.
Lei è' un'insegnante di tecniche pittoriche con talento per il disegno, ha un figlio, Gabriele ( il suo angelo ) frutto di un amore giovanile e di una relazione turbolenta con un uomo maturo, innamorata delle piante e della buona musica, della bellezza e dell' arte, filosofa e sognatrice, ma sempre con quel velo melanconico di chi ha sofferto per amore e non vuole ricadere in errori pregressi.
Ma, si sa, l' amore sfugge ad ogni definizione, sa essere immenso e gioioso, ingannatore e diabolico, e d' improvviso si materializza in situazioni mutevoli.
Lui è' un manager, a capo di una azienda di design, un don Giovanni incallito, possiede le donne, ne carpisce i segreti, affascinandole con la propria retorica affettata ed affabulatoria, con la galanteria, con il proprio ruolo, con il potere, per poi lasciarle, una ad una, con facilità' irrisoria e senza alcun senso di colpa.
L' incontro con Bianca, un colpo di fulmine in primis per la sua arte ( i disegni ), poi per lei, per il suo mondo e modo di essere cosi' etereo e diverso dal proprio, sarà' avvolgente, sconvolgente, nuovo.
Lei lo conquistera' con la propria sensibilita', instillandogli il germe del dubbio e un' idea di amore che mai lo aveva sfiorato.
Vivranno un breve idillio finché' i fantasmi del passato, prevalenti in lui, il cinismo, il proprio narcisismo, o la semplice paura del nuovo se', cosi' diverso, spalancheranno un abisso di tormento ed incertezza.
L' incipit del romanzo sottolinea il concetto di amore, e di vita, per Bianca, quell' essere per sempre che ne accompagna ogni gesto, una forza che entra e la spinge, una luce, un colore, un segno, un senso profondamente radicato nel proprio destino.
Di contro il seduttore ( di cui non conosciamo il nome) e' spinto dal desiderio, non da' ma riceve, non conosce l' amore, ma solo la forza emozionale che confonde e depista, è' ingannevole, è' nebbia e, finito l' incendio, lascia solo un senso di nulla.
Ma, come detto, l' amore sfugge ad ogni definizione oggettiva, e' camaleontico, girevole, ed allora puo' rovesciare ruoli, desideri, certezze, individui.
L' autrice si serve di una narrazione lenta, studiata, cervellotica, entra nei sentimenti, nella memoria, nei recessi più' nascosti della protagonista, sempre con un velo di malinconico romanticismo, di sottrazione, ed anche nella gioia del momento si respira tormento, ansia e struggimento.
La narrazione si avvale di ricordi, di un ipotetico dialogo madre-figlia sul reale significato della vita e dell' amore, di flash-black, di elementi di contorno che fissano i contenuti, motivi floreali, disegni colorati, e quell' acqua a disegnare forme cangianti.
Bianca si muove in " quel mondo di sentimenti per il quale lui non aveva sensi adatti, ne' parole ".
Vaghiamo e ci perdiamo in un orizzonte di lentezza, quasi onirico, tra passato e presente, e gli stessi dialoghi sono pensieri e descrizione di se', simbolo di una storia più' grande, che pltrepassa i protagonisti tracciando una nuova via, la contrapposizione tra spirito e materia, universo maschile e femminile, ragione e sentimento, fino ad una presa di coscienza, ed alla accettazione, di una evidenza non voluta, ma inevitabile.
Vi sono interessanti spunti narrativi, e descrittivi, ma a volte prevale la sensazione che il racconto sia troppo legato ad un eccesso di forma, a scapito di un giusto mix storia-personaggi , incastrando i protagonisti nel complicato universo di Bianca ed in un giuoco prettamente stilistico.
Non sempre l' uso delle parole, e le descrizioni d' insieme, sono calzanti, anche se, a mio avviso, l' idea narrativa resta valida consegnandoci, durante la lettura, una generale piacevolezza d' insieme.
Indicazioni utili
Odiava Venezia (un indizio???)
L’essenza del seduttore: “Ha bisogno ogni giorno di sapere di esistere nell’adorazione degli altri, di chi gli dice sei unico, sei un signore, sei grande, sei bravo, sei, sei, sei..”
Mariapia Veladiano fornisce la sua personale concezione del dongiovanni in “Una storia quasi perfetta”. E, da donna, gli riserva un trattamento speciale.
Proprietario di un atelier di moda (“Quest’uomo è un dongiovanni”), agisce nel suo regno (“La nostra è una famiglia. Lei è già una di noi. E quando qualcuno della famiglia non lo si vede da un po’, si sente la sua mancanza”), ove si fa un gran parlare (“Zitellona che svapora la sua vita sulle tavole da disegno”). Va alla conquista di Bianca, una preda apparentemente cedevole (“È già capitato e se capitasse di nuovo non potrei continuare a vivere”), e ha movenze e linguaggio da adulatore, calcolatore ed esteta.
Si spinge nella tana di lei (“In sottofondo… Les ondes, di Francois Couperin”) e ivi incontra l’ostilità del cucciolo Gabriele.
Una gita a Venezia (“Odiava Venezia”), tanta acqua, fiori e piante in ogni dove.
Poi il ritiro di lui, la scomparsa di lei. La sorpresa a ribaltare ruoli di cacciatore e vittima.
Giudizio finale: ipnotico, acquatico, floreale.
Bruno Elpis