Narrativa italiana Romanzi Una specie di felicità
 

Una specie di felicità Una specie di felicità

Una specie di felicità

Letteratura italiana

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La vita di Giulio d'Aprile cambia un giorno di ottobre, mentre percorre il viale che lo condurrà all'Istituto dove lavora come psicoterapeuta. Varcata la soglia di quel luogo, Giulio incontra l'uomo che anni prima era stato il suo maestro. La persona geniale, autorevole ha lasciato il posto a un vecchio stanco. La memoria vacilla e gli occhi sembrano perdersi. Da quel giorno il Professore sarà un suo paziente. Da quella mattina i due dovranno fare i conti con una verità dolorosa che entrambi nascondono, in un progressivo ribaltamento dei ruoli. La vita di Giulio entra ed esce da quella stanza, il matrimonio fallito, la perdita del padre, il senso di inadeguatezza nei confronti dei figli, il mondo perfetto di un passato confezionato in un'esistenza senza slanci. Fino a quando appare qualcuno e qualcosa accade. E inverte la rotta, tra il buio e la luce. Come una crepa nel muro. Come una specie di felicità.



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Una specie di felicità 2017-01-15 17:46:32 Lonely
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Lonely Opinione inserita da Lonely    15 Gennaio, 2017
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L'alba di un giorno nuovo

Giulio d'Aprile è un ex marito, un padre assente e uno psicoterapeuta insicuro.
E' un uomo che si lascia vivere ogni sorta di evento senza opporsi, senza prendere mai una decisione contro o a favore, nonostante non sia soddisfatto della sua vita.
"Si sentiva di nuovo infelice, adesso che era più calmo, gli sembrava di poter toccare ogni pezzetto di questa infelicità. Quando l’ansia ti mangia il cervello la vita ti sembra terribilmente complicata."

Ha un rapporto difficile con i propri figli, specialmente con la figlia adolescente, con la quale oltre a non avere un dialogo perchè non ha mai provato ad instaurarlo, non ha neanche coscienza dei suoi cambiamenti, nè li ritiene importanti. E questo finchè non viene messo davanti all'evidenza dei fatti, prima da sua madre, vedova energica e saggia, e poi dalle autorità scolastiche.
In quel preciso istante in cui si rende conto che la figlia sta cambiando, Giulio in parallelo, riapre e rimette in discussione tutta la sua vita.
"Ci sono sentimenti che la volontà prova a ricacciare in una stanza remota dell'anima e che però esistono, vivono, e talvolta si impadroniscono di uno spazio della coscienza. Cose di cui ci vergogniamo, attrazioni inconfessabili, invidia, livore, rabbia. Piccoli grumi che si sciolgono, fino a quando non decidiamo che bisogna guardarli, girargli intorno, perfino parlargli.»

Contemporaneamente l'incontro con una sconosciuta segna una sorta di passaggio tra la sua superficialità e una insperata maturità che gli rivela finalmente il suo scopo, scrollarsi di dosso questa infelicità.
"Lo baciò. Si baciarono sulla porta. Giulio sentì un calore improvviso che gli correva dall'inguine fino alla nuca. Poco dopo erano sul letto ancora sfatto dal mattino. Lei profumava di sapone di marsiglia, aveva il collo liscio e i seni, meravigliosi, accarezzati dalla penombra. Ancora una volta fu lei a muoversi, come un animale della notte, e lui entrò nuovamente in quella specie di trance, da cui non avrebbe più voluto svegliarsi. Per molto tempo si sarebbe chiesto perchè quella cosa somigliava così tanto alla felicità. E perchè non aveva domande e non cercava risposte, dentro quei momenti in cui tutto il resto è un'immagine stinta."

Una volta aver preso coscienza di questo comprende anche le scelte «discutibili» di suo padre,
che in una lettera, ricevuta dopo la sua morte, gli spiega fondamentalmente proprio questo, che li aveva abbandonati, per inseguire il suo sogno di essere felice.
«Affacciato al balcone della sua stanza, pensò che alla fine ogni cosa è necessaria, per dare una forma alle cose. E magari quando succede ti sembra che sia tutto sbagliato, che non ci sia un senso. Ma forse c’è. Quella notte lui era scappato. Da una realtà perfetta e fragile, e aveva cominciato a crearne una nuova, imperfetta, ma ugualmente fragile. Quindi la forma delle cose non la capisci mai.
C’erano voluti tanti anni per capire che certe cazzate poteva evitarle, ma che magari era giusto così. Ognuno di noi ha il diritto di cercare la felicità, passando attraverso un terreno minato di piccole e grandi infelicità. Lui ancora ci camminava, in quel terreno. Dicono che prima o poi si arriva.»

Il suo lavoro gli viene d'aiuto, ed è fondamentale, perchè deve occuparsi di un paziente particolare, il suo ex Professore dell'università, rinchiuso di sua volontà in un istituto e allontanatosi dalla vita quotidiana, per un vecchio trauma, che è il filo di suspence, se la vogliamo chiamare così, che lega il libro dall'inizio alla fine.
Il rapporto che si viene instaurando tra Giulio e il Professore non è proprio il tipico rapporto di analista e paziente, bensì, giorno dopo giorno, risulta essere un dialogo a due sulla vita, che dà luogo a una serie di riflessioni, e che diventa anche un viaggio introspettivo per lo stesso lettore, un viaggio interrogativo sulla vita e la morte, sulle nostre scelte, i nostri comportamenti, e le decisioni che prendiamo.
Giulio tramite il Professore ritrova se stesso e riprende in mano la sua vita, e il Professore riesce ad aprirsi e svelando il trauma anche a se stesso, lo razionalizza e racconta la sua verità, tornando a vivere.

Il senso di tutto questo pensare lo troviamo solo alla fine. Spesso cerchiamo di dare una spiegazione alle nostre azioni e cerchiamo a tutti i costi di trovare una soluzione e invece è tutto più semplice di così, dobbiamo solo accettare il fatto che non per tutto esiste una soluzione, e che spesso non è nostra la colpa.
"Quando non riusciamo a capire che cosa causi certi comportamenti o problemi, tendiamo sempre di attribuire il fenomeno all'inconscio. Ed è un po' come se ci trovassimo in una stanza e avessimo perso un oggetto. Siamo convinti di poterlo trovare soltanto in quella stanza. Fissiamo dall'inizio dei parametri che ci condizionano. [...] Quindi continuiamo a cercarlo senza trovarlo, pensando che sia nascosto da qualche parte in quella stanza. [...] E invece, forse, è fuori, da quella stanza. E' altrove."

Il romanzo può risultare lento a tratti, ma in realtà va letto lentamente, interrogandosi se possibile insieme al protagonista, se è davvero quella che stiamo seguendo la strada per la felicità. Tenendo presente che la felicità in fondo è davvero uno stato mentale, e che non va ricercata pedissequamente, ma che va scovata nelle piccole cose buone che ci capitano anche nella vita quotidiana, e scoprire infine che magari, la felicità è proprio aspettare l'alba di un giorno nuovo insieme alle persone che ami.

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Una specie di felicità 2016-12-25 06:25:05 Bipian
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Bipian Opinione inserita da Bipian    25 Dicembre, 2016
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Spiragli di luce

Ritratto malinconico e moderno di un signore di mezza età, Giulio d'Aprile, psicoterapeuta, padre di due figli, divorziato, che si ritrova come paziente un suo professore universitario.

Il narratore esterno ci conduce sommessamente nella vita del protagonista, di cui si seguono le vicende per pochi mesi autunnali. E' un piccolo ritratto, una fugace istantanea, in cui il lettore scopre la quotidianità di un uomo come tanti, appartenente alla borghesia italiana urbana dei giorni nostri, in un momento in cui la sua vita è un mezzo fallimento, sembra spenta e rassegnata, ma attraverso i suoi incontri e le sue esperienze riesce ad aprirsi alla speranza di una rinascita.

Non è un libro di azione, ma gli eventi sono descritti in modo molto stringato e si fa largo uso del dialogo; le tinte sono crepuscolari, soffuse, eppure le rappresentazioni mentali che ne derivano sono vivide. Sembra di muoversi in un buon film di qualche regista italiano attuale, con attori quali Lo Cascio e Margherita Buy, per capirci.

Si raggiungono dei momenti di grande poesia e di grande semplicità nel contempo, ad esempio quando Giulio si rende conto di non aver mai mostrato l'alba ai propri figli. Quanto tempo perso dietro a se stesso, alla ricerca della propria realizzazione, della propria carriera, a costruire una famiglia all'apparenza perfetta, ma che si sgretola come un castello di carte, perché non si è data la giusta importanza a quelle piccole cose, che in realtà piccole non sono affatto. Un uomo che per lavoro ascolta le storie degli altri per poterli aiutare a risolvere i loro problemi, ma che non ha mai saputo ascoltare e capire le persone della sua famiglia, che in questa fase della sua vita si trovano ad una distanza apparentemente incolmabile da lui. Il padre ormai anziano che prima di morire lascia la moglie e scappa con una donna molto più giovane in un paese esotico; la moglie da lui divorziata il cui ricordo è tedioso; la figlia adolescente, scontrosa e cafona, che non vuole parlare con lui e lo rifugge; il figlio minore preso dalle sue passioni; la madre naufragata nell'atmosfera ovattata del suo elegante appartamento, tradita dal marito e vedova.

Eppure da questa situazione di isolamento e di buio, si apriranno due spiragli di luce, due incontri, che faranno presagire al protagonista "una specie di felicità": una donna misteriosa e il suo vecchio professore, con il quale seguirà un percorso interiore che porterà entrambi ad una maggior consapevolezza, ma che non svelo per non togliere il gusto ai lettori di scoprirlo da loro.

In definitiva consigliatissimo, dà molti spunti di riflessione, sulla propria vita, sui propri errori, sul rischio di perdere tutto e sull'opportunità di risorgere dalle proprie ceneri. E' un piccolo scrigno di tesori, commovente e pieno di speranza.

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Diari intimi, romanzi psicologici, o certi film tipicamente italiani in cui nella perfetta descrizione di pochi semplici eventi, si riscontrano intensità di azione, profondità di pensiero e poesia.
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Una specie di felicità 2016-09-25 12:28:31 Ettoremar
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Ettoremar Opinione inserita da Ettoremar    25 Settembre, 2016
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un bel romanzo, davvero un bel romanzo…

Cominciato al mattino e finito dopo poche ore: impossibile staccarsene, dopo i primi capitoli ti cattura come un giallo, perché come in un giallo, anche qui c’è un mistero, che si svela alla fine, il cui detentore è il Professore, 75enne psicoterapeuta di fama internazionale, che da due anni ha deciso di rinchiudersi in una clinica, dopo che una sua paziente, Anna, 13 anni, si era suicidata “anche” a causa sua.

A cercare di curare il Professore viene chiamato Giulio, il dottor d’Aprile, come ci tiene ad essere chiamato, un 40enne separato cin due figli, che è stato ex allievo del Professore.

Giulio ha una vita complicata: padre a solo 23 anni, una figlia, Roberta, arrivata appunto troppo presto, il matrimonio che va a rotoli; e non serve a nulla fare un altro figlio, Simone, dieci anni dopo la prima, che, anzi, diventa il colpo di grazia del matrimonio stesso …

Interessante il rapporto conflittuale con la figlia: Roberta ha capito di essere stata la causa della separazione dei genitori, lo vive come un senso di colpa, li definisce “quello stronzo di mio padre, e quella puttana di mia madre”. E un giorno che Giulio porta fuori a pranzo la figlia, si crea un’atmosfera tesissima perché lei non ha alcuna voglia di rispondere alle domande del padre ( che ha ricevuto dalla preside della figlia una lettera ritrovata nel cestino dal bidello, indirizzata al suo ragazzo, a cui confessa di essere incinta…), e Giulio, persa la calma e preso dall’ansia – soffre di attacchi d’ansia – dimostra di non riuscire ad essere un buono psicologo, che è il suo mestiere, proprio con lei...

Nel romanzo, a dare un po’ di piccante, anche due belle scene di sesso di Giulio con Chiara, descritte benissimo, senza mai trascendere nel volgare, ma mantenendo sempre l’eleganza della prosa, che è una delle qualità sia di questo che degli altri romanza di Francesco Carofiglio; Chiara che rivela a Giulio di non ricordare niente della sua infanzia eccetto le volte che suo padre la portava a vedere delle albe fantastiche…

Il finale, a sorpresa, con il mistero che finalmente si chiarisce, ha un effetto catartico sia sul Professore, che su Giulio stesso: la terapia ha successo perché Giulio è stato bravo, e finalmente ha giocato non da mediano ma da mezzala, fornendo al Professore un assist invidiabile, come lui confesserà alla fine.

Si, un bel romanzo, davvero un bel romanzo…

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per vivere emozioni forti, un romanzo psicologico
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Una specie di felicità 2016-09-11 14:39:36 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    11 Settembre, 2016
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Un mite supereroe

E’ una lettura che ti lascia addosso un senso di intimità che ti scalda. Racconta la storia di Giulio, uno psicologo che segue un suo ex professore e la storia è inframmezzata da sprazzi della vita di uno e dell’altro. Il cuore del libro sono i dialoghi, quelli fra Giulio e la sua amica, fra Giulio e sua madre, fra Giulio e il suo professore; questi ultimi senza dubbio sono i più significativi e profondi. Emozionano. Perché Giulio è un uomo non felice, soffre di questa sua infelicità, si chiude in se stesso, si sente a disagio in un labirinto di gente felice con la maschera di Jocker. Il suo lavoro è un lavoro in cui è lui a dover dare la forza agli altri, ma in questo libro ne scopriamo le fragilità umane, così come il senso effimero di felice appartenenza che prova quando per un attimo sente di poter cominciare ad essere felice, così come ci colpisce la sua profondità d’animo, quando il rapporto con il suo professore diventa maturo, riuscendo alla fine a smuovere i grumi che sono dentro l’animo del professore e riuscendo lui stesso ad abbassare le proprie difese. Caldo, intenso, profondo, a tratti struggente.

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Le braci (l'intimità dei dialoghi me lo ha ricordato molto)
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