Una barca nel bosco
Letteratura italiana
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 6
Sei proprio una barca nel bosco
“Sentimi bene, Padre nostro che sei nei cieli, facciamo così: tu mi aiuti a pescarmi un po’ di amici, neanche poi tanti, forse me ne basterebbe anche uno solo, forse. Uno straccio di amico tanto per fare due chiacchiere, cosa ti costa? Facciamo così: se mi fai questo piacere, io ti giuro che da grande in cambio ti costruisco un altare. E sia santificato il tuo nome e liberami dal male. E anche dall’odore di polpette, che non ne posso più. Amen”.
Questa preghiera che viene recitata da Gaspare, il nostro protagonista, ci racconta molto di lui. Nato in un’isoletta del sud, è estremamente dotato a scuola e i genitori decidono di dividersi e dargli l’opportunità di studiare in un ambiente più adatto, un liceo del Nord. Il padre deve rimane sull’isoletta a lavorare per mantenere gli studi e la madre segue il figlio, destinazione Torino, a casa della zia Elsa.
Da qui nascono le difficoltà di incontrare un ambiente nuovo da cui farsi conoscere e soprattutto farsi accettare. Come “Una barca nel bosco” si ritrova il nostro protagonista, dove la scuola e gli insegnanti non stimolano particolarmente la sua voglia di conoscenza, in particolare l’insegnante di latino, e i nuovi compagni sono così diversi dagli isolani.
In branchi, così si dividono i ragazzi, omologati in categorie e sempre al passo con i tempi, tempi che il povero Gaspare non riesce proprio a tenere. Imbarazzato dai suoi 10 in latino, la sua più grande passione diventa un deterrente per fare nuove amicizie. Anche lui tenterà di entrare in quel vortice e pur di essere accettato metterà se stesso e i suoi interessi in discussione.
“Mi porta in cortile in un angolo deserto e, senza che nessuno ci veda, m’insegna a cammellare. Si tratta di camminare curvi, lo sguardo a terra, spostando spalle e testa ritmicamente in avanti e all’indietro, e molleggiando anche con falcate decise. Una vera impresa”.
Eccezionale è il ruolo della zia Elsa “Non so, mi turba questa mia zia Elsa che sembra un parallelepipedo inerte e poi invece se ne va per il mondo ed è anche l’unica che risolve i problemi…è un po’ come avere un agente segreto in casa”.
La Mastrocola è un'insegnante e sinceramente non da un bel ritratto della sua categoria. Quello che stupisce è la conoscenza che ha del mondo dei ragazzi, di cui credo sia davvero un’attenta osservatrice. Difficile non ritrovarsi nei pensieri e nelle insicurezze di Gaspare. Ricordo benissimo le categorie, anche durante i miei studi c’erano, ora saranno cambiati i nomi ma la sostanza è sempre la stessa!
L’autrice usa uno stile giovanile, ironico e ilare anche se in realtà a volte mi sono trovare a ridere di cose di cui invece c’era da piangere, ma il viverlo con allegria non ha tolto niente all’importanza del messaggio che l’autrice ha voluto mandare.
L’unica pecca l’ho riscontrata a metà romanzo quando l’autrice ha deliberatamente saltato qualche dettaglio (veramente importante) per poi scriverlo solo alla fine. Ad alcuni passaggi che consideravo meno interessanti, avrei sicuramente dato la giusta attenzione se ne fossi stata informata prima.
Una lettura che consiglio, un’autrice che sto scoprendo piano piano. Una curiosità, l’ultima parte del romanzo credo sia stata l’idea che ha poi generato la favola da me letta: “L’anno che non caddero le foglie”.
Buona lettura!!!
Indicazioni utili
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Chi non si adegua è perduto
Già essere un adolescente è un problema. Figurarsi se poi sei un meridionale, figlio di un pescatore di un'isola sperduta per di più appassionato di latino. Tanto per peggiorare le cose immaginiamo che Gaspare Torrente si traserisca a Torino in una scuola frequentata dagli abitamti della zona collinare. Un bello scoglio da superare quello di farsi accettare da questi ragazzi che parlano in un modo incomprensibile, stranamente non vanno a scuola perchè appassionati dello studio e possono permettersi oggetti e svaghi inimmaginabili per il nostro eroe.
Dalle dificoltà di adattamento di questo ragazzo prende il via un racconto che parla di insegnanti inadeguati, di una scuola che invece di educare gli studenti li spinge a disimparare quello che conoscono pur di essere accettati dal branco. Racconta anche di una follia che cresce piano piano, coltivata ogni giorno come le piante che accudisce Gaspare. Sarà l'avulso Furio, in età adulta a dare un specie di patente di rispettabilità al suo desiderio di verde, al suo essere come dice la zia Elsa una barca nel bosco.
Mi sono piaciuti molto i primi tre quarti di questo volume. Nonostnate il tema trattato dia poco da ridere l'autrice l'ha affrontato con leggerezza, a tratti con ironia. Il protagonista con le sue ingenuità i goffi tentativi di omologarsi agli altri arrivando sempre un pò in ritardo, ci ispira tenerezza e solidarietà. Poi la storia si interrompe e fa un balzo di qualche anno che lascia spiazzati. A maggior ragione perchè lo stile si appesantisce. Il finale completa, poi tutte le parti mancanti, ma ormai la voglia di leggere delle prime pagine si è trasformata in noia e desiderio che il romanzo si concluda in fretta.
Indicazioni utili
Latino agile flessibile
Paul Morand, scrittore francese del XX secolo, affermava che "il caso non è mai una cattiva compagnia".
Una citazione calzante per il libro che sto per recensire. Perché io ho letto "Una barca nel bosco" assolutamente per caso. E non è stata certo una cattiva compagnia.
Liceo scientifico. Primo anno. La professoressa di italiano ha la brillante, e purtroppo rara, idea di far portare un romanzo a tutti gli alunni. Per farceli scambiare dando vita ad una sorta di “club del libro” che, a quanto ricordo, ebbe durata breve. Non ricordo il motivo per il quale ero assente il giorno dello scambio. Quando ritornai in classe, scambiai il mio libro con quello dell'unico compagno che era rimasto solo. È così, in modo assolutamente fortuito, che mi capitò tra le mani "Una barca nel bosco”.
Gaspare Torrente ha 14 anni, è nato in una piccola isola del Sud Italia ed ha una passione smisurata per il latino. La sua professoressa delle scuole medie, Madame Pilou, gli ha già insegnato tutto quello che c'è da sapere sui poeti latini e le loro traduzioni.
Gaspare non può sprecare il suo talento, così il padre pescatore decide di mandare la moglie ed il figlio dalla zia Elsa, residente a Torino, per permettergli di frequentare un rinomato liceo classico.
Ma a Torino il protagonista non troverà terreno fertile. Non segue la moda, anzi non sa proprio cosa sia, si scopre diverso dai suoi coetanei, e neanche i professori ed il loro mediamente svagato insegnamento rispettano le aspettative di Gaspare.
L'amicizia con Furio lo salverà parzialmente dalla solitudine, in mezzo ad una serie di cambiamenti, adattamenti ed esperienze formative che lo segneranno per sempre.
Questo è uno di quei romanzi in cui le sensazioni provate dal lettore sono maggiori della somma di singoli elementi quali stile, contenuto, piacevolezza.
È un libro che coinvolge, emoziona, riuscendo nell'intento di far riflettere senza rinunciare ad una buona dose di ironia.
Non mi sono identificato in Gaspare durante la lettura, non c'è niente nell'aspetto fisico e nel carattere che mi possa accomunare al protagonista.
Credo però che ognuno di noi si sia sentito, almeno una volta nella vita, come Gaspare. Inadeguato, fuori luogo, sprecato, isolato, impotente. Una vera e propria barca nel bosco.
Chi non si è mai trovato, specialmente negli anni dell’adolescenza, nella situazione di dover scegliere tra restare fedelmente se stesso o adeguarsi alla massa sacrificando la propria personalità?
È la storia di un’occasione mancata, di un talento sprecato in nome di una società o di un'istituzione, in questo caso la scuola, fortemente criticata dall’autrice (insegnante) perché accusata di premiare la mediocrità e l’omologazione anziché la meritocrazia. Per pigrizia, per abitudine, per scarso attaccamento ed interesse nel lavoro e nella conoscenza degli alunni. È sempre così? Certamente no. Ma non è così raro.
Un momento in particolare racchiude tutto lo spirito del libro.
Gaspare si prepara per l'interrogazione di francese. Studia tantissimo. È pronto a stupire professoressa e compagni. E quando l'insegnante gli chiede semplicemente "Commet tu t' appelles?", Gaspare non ha neanche la forza di rispondere, tale è la delusione. Resta in silenzio, lo stesso che accompagna gran parte delle sue giornate, chiuso nel retrobottega del negozio di alimentari della zia Elsa e della madre. In silenzio in attesa di scegliere chi essere.
Indicazioni utili
Questione di identità
Tanti sono i libri che toccano la tematica dell'identità, ma questo pare, a chi scrive, uno dei più riusciti. In prima istanza perché è scritto bene, come tutti i libri della Mastrocola, inoltre perché chi scrive ben conosce e riporta fedelmente quelle che sono le iniziazioni contemporanee a cui si sottopone oggi qualunque giovane in crescita. Le cronache, spesso, riportano casi di ragazzi che si lasciano travolgere, nella ricerca della loro identità, nelle esperienze più aberranti e sconcertanti e chi non arriva, buon per sé agli onori delle cronache...è perché o ha ceduto la sua identità al conformismo dilagante o perché lo stesso conformismo non ne accetta l'originalità. Diversa è l'esperienza del protagonista, che pur tra mille difficoltà, riuscirà a mantenersi fedele alla sua identità, alla sua storia, al suo essere tutto...semplicemente perché dimostra che anche le barche possono stare nel bosco e navigarci. Lettura consigliata a tutti quelli che si sono pentiti di aver tradito il loro essere più profondo ma soprattutto a tutti coloro che sono ancora in tempo per non farlo MAI.
Indicazioni utili
Top 1000 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Dietro una lastra di vetro
Chi ha scritto un libro, solitamente ha grandi velleità. Si scontra poi con il giudizio altrui. Forse la verità è che una volta terminato, e pubblicato, il libro non è più suo, diventa patrimonio letterario di chi lo legge. Così accade che un libro scritto da un’insegnante, sulla scuola, diventi per me un romanzo sulla solitudine. Il protagonista, un ingenuo ragazzo proveniente da una piccola isoletta del sud, e dunque non avvezzo alle mode di una Torino scolastica in stile alto borghese, racconta in prima persona, il percorso formativo ( deformante? Giudicate voi.) in un liceo classico frequentato da compagni alla moda e ragazze irraggiungibili. La solitudine adolescenziale che poi sfocia in patologia vera e propria, è il lungo, costante, ritmo che batte in tutto il romanzo. Come una vertigine, si avverte in ogni pagina, il rumore assordante di un doloroso, a volte malinconico, soliloquio, un muto grido disperato di aiuto per infrangere la solitudine, lastra di vetro tra lui e il mondo reale. Ma il ragazzo ha talento, anzi due. Uno è quello scolastico, traduce i classici latini con passione ed amore, ma sarà maltrattato da lui e dalla scuola. L’altro nascerà naturalmente, inconsapevolmente, scivolerà lungo tutte le pagine del romanzo senza apparirvi e alla fine sorprenderà tutti, protagonista compreso. Vi lascio, per chi non lo ha letto, il gusto di scoprire se, al termine del romanzo, c’è un riscatto o no. Fatto sta che questo libro mi fa pensare alle cose non dette, alle parole ingoiate dall’orgoglio, dalla rabbia, dal senso di inadeguatezza, le frasi che sono mancate e che abbiamo trovato dopo, a tempo scaduto. Forse l’autrice voleva parlare d’altro, non lo so, ma il romanzo che ho letto io mi ha trasmesso questo. Buona lettura.
Indicazioni utili
O sei con noi o contro di noi
Ci sono varie categorie di libri: quelli il cui ricordo svanisce facilmente dopo una lettura, quelli che finiscono nel dimenticatoio e non sai neanche di averli... e poi c'è questa categoria di libri. Possono passare 5, 10, 35 anni e ancora ti ricordi perfettamente il modo in cui è scritto, le prime parole, la frase che ti ha colpito, il momento d'imbarazzo, della risata, della commozione, la riga dove ti sei fermata perché il cellulare ha cominciato a suonare o qualcuno ti ha chiamato per la cena o un appuntamento a cui andrai in ritardo per finire quella riga, quel periodo, quel capitolo.
Per me, Una Barca nel Bosco rientra in quella categoria.
Gaspare è un genio incompreso: vive in una società che apprezza i mediocri e le persone senza meta. Gaspare è un sognatore, un pensatore, un filosofo che è costretto a trasferirsi in una grande città come Torino per continuare i suoi studi. Come fare però a conquistarsi la fiducia e l'amicizia di persone che non sono come lui, anzi, lo disprezzano per i suoi dieci in latino, per i suoi vestiti, per il suo essere? Come fare a diventare uno della società? La risposta sembra quasi scontata: conformarsi.
Quello che vede Paola Mastrocola è una società corrotta, priva di sistemi organizzativi e di obiettivi. L'unico modo che ha di mostrarlo a quelli che la guardano ancora attraverso delle lenti colorate per renderla più gradevole è quello di farne trasparire lentamente i contorni grazie all'umorismo sottile e ad uno stile di scrittura chiaro e deciso: il suo, alla fine.
Un'ottima storia scritta con eccellente maestria con un messaggio forse forte, ma veritiero: chi esce dal gruppo deve essere additato come un diverso e le scelte sono poche: o rimane un disadattato o si conforma.
E' un peccato che spesso, per paura della solitudine e del silenzio, si scelga la seconda.