Un uomo
Letteratura italiana
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Non arrendersi mai
Un libro che parla della lotta politica, contro la dittatura, in Grecia. Portata avanti da un uomo combattivo e della sua relazione con una giornalista. C'è una descrizione particolareggiata delle torture subite da Panagulis, che non è molto facile da mandare giù. Successivamente si segue il passaggio di quest'uomo da un carcere all'altro, con più tentativi di evasione, terminati tutti con un fallimento. C'è anche la descrizione di quest'uomo, capace di ribellarsi, di lottare, ma insieme a lui anche la figura di una donna che lo ama e lo sostiene sempre e nonostante tutto. Un amore che li lega, ma che la Fallaci lo definisce come un cancro. Da leggere.
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Sono io! Sono me!
“Viaggio per acque sconosciute su una nave
Simile a milioni di altre navi
Che vagano per oceani e per mari
Lungo percorsi dagli orari perfetti.
E molte ancora
Proprio molte anche queste
Ormeggiano nei porti.
Per anni ho caricato questa nave
Di tutto ciò che mi davano
E che prendevo con gioia sconfinata.
E poi
Lo ricordo quasi fosse oggi
La dipingevo con colori smaglianti
E stavo attento
Che in nessun punto vi cadesse una macchia.
La volevo bella per mio viaggio.
E dopo avere atteso tanto, proprio tanto
Venne infine l’ora di salpare.
E salpai.
Il tempo passava e io
Incominciavo a tracciare la rotta
Ma non come mi avevano detto nel porto
Sebbene la nave mi sembrasse diversa anche allora.
Così il mio viaggio
Ora lo vedevo diverso.
Senza più ansia di approdi e commerci
Il carico mi appariva ormai inutile.
Ma continuavo a viaggiare
Conoscendo il valore della nave
Conoscendo il valore che portavo..”
Cit. poesia “Il viaggio” in “Un uomo” Fallaci, pag. 208
Atene, 23 agosto 1973. Il giorno della liberazione dal carcere dove il regime lo aveva rinchiuso per oltre cinque anni, infliggendogli le più pesanti torture fisiche e psichiche, è il giorno in cui le strade di Alekos (Alessandro) Panagulis e di Oriana Fallaci si incrociano. La giornalista, inviata in Grecia da “L’Europeo” per intervistarlo dopo che la sua scarcerazione era stata richiesta dai Governi di tutto il Mondo nonché reclamata da innumerevoli manifestazioni nelle piazze, non avrebbe però mai immaginato che da quel colloquio sarebbe nato quell’amore profondo, travagliato, osteggiato e complicato dallo stesso prigioniero, quel sentimento che li ha accompagnati e legati non solo fino al 1 maggio 1976, data della morte dell’allora deputato, bensì per il resto della vita della scrittrice. Mai, avrebbe infatti, dimenticato Alekos. Sin da quella prima intervista chiara è la specialità del legame nato tra i due, basti pensare allo scambio conclusivo di battute intercorso:
O: «Alekos, cosa significa essere un uomo?»
A: « Significa avere coraggio, avere dignità. Significa credere nell’umanità. Significa amare senza permettere a un amore di diventare un’ancora. Significa lottare. E vincere. Guarda, più o meno quel che dice Kipling in quella poesia intitolata Se. E per te cos’è un uomo?»
O: «Direi che un uomo è ciò che sei tu, Alekos»
Eroe tragico, folle di sete di verità e giustizia, di libertà, è Alessandro. Un personaggio difficile da costruire ma anche da inquadrare tanto i suoi comportamenti sono apparentemente, e nel presente, privi di logica e consequenzialità per rivelarsi nel futuro prossimo premonizioni logiche di eventi chiaramente intuiti. E se prima ha combattuto con quella dittatura che per ben otto anni ha regnato nella sua terra natia, nemmeno successivamente, quando una nuova ne ha preso il posto travestita da democrazia, si è arreso, anche quando è stato tradito da quello stesso partito a cui si era dovuto piegare, lui che mai vi si era voluto legare, lui guerriero solitario che faceva delle idee il suo baluardo per ottenere quell’unico obiettivo, si è arreso per anzi andare avanti a quello che era il suo destino. Perché nemmeno nei suoi ultimi giorni di vita, nella stanchezza, nella disperazione, nella fragilità della carne umana sfiancata, nella pura e semplice consapevolezza di essere ormai giunto al termine della battaglia, Alekos è fuggito. Ed ha lasciato quel compito, altrettanto arduo, ad Oriana: “scrivi, scrivi la mia storia”.
Ma non crediate che “Un uomo” sia soltanto questo. Vi è certamente la figura dell’eroe, vi è la donna a sua volta incredibilmente eroica, c’è si la lotta per gli ideali più alti, per quella libertà, quella democrazia e quella giustizia tanto auspicate, tanto agognate ma vi è anche la rabbia per la scoperta che coloro per i quali combatti non sono, a volte, popolo ma gregge, c’è la fotografia degli anni successivi al Secondo dopo Guerra, e c’è l’amore. Un amore fatto di tante cose, di sensi, di pensieri, di ideali condivisi, di caratteristiche comuni quali quella di non appartenere a nessuno tanto da non avere alcuno pronto ad offrire protezione, ma vi sono anche elencate caratteristiche fisiche, caratteriali e comportamentali di un individuo che da sole, tutto farebbero tranne che rendere attraente ed amabile quell’uomo provato da anni di prigionia in cui era meno solo che di quando la libertà è tornata ad essere parte della sua esistenza. Ma di fatto, lo stesso elenco di caratteristiche che indurrebbero a scappare da lui, sono la maglia che tengono stretta l’Oriana scrittrice e donna ed il lettore, che entra nella sua psiche, rivive i suoi principi, le sue riflessioni, la sua incapacità di manifestare empatia e sentimenti, la sua forza, la sua energia, la sua inarrestabilità, la sua incancellabile umanità, la sua profonda sensazione di vuoto e di sconfitta quando tutto sembra ormai giunto al termine e la lotta pare dimostrarsi essere stata vana, ed anche quella perenne vicinanza con la morte che quando arriva è assoluta, finale, eppure non definitiva.
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Non ti rassegnasti mai.
“…E tu cosa volevi che fosse?
Un libro sulla solitudine dell’individuo che rifiuta d’essere catalogato, schematizzato incasellato dalle mode dalle ideologie, dalle società, dal potere.
Un libro sulla tragedia del poeta che non vuol essere e non è uomo di massa, strumento di coloro che comandano, di coloro che promettono, di coloro che spaventano; siano essi a destra o a sinistra o al centro o all’estrema destra o all’estrema sinistra o all’estremo centro. Un libro sull’eroe che si batte da solo per la libertà e per la verità, senza arrendersi mai, e per questo muore ucciso da tutti: dai padroni e dai servi, dai violenti e dagli indifferenti.”
L’inizio che ne segna la fine - ma è davvero la fine o solo l’inizio?- mi strazia l’anima.
Gli accordi sono categorici: gli hai detto di attendere cinque minuti esatti, non un minuto di più. Eppure…conosco gli accadimenti, so come andrà, ma tifo per te, con tutta me stessa vorrei aiutarti a nuotare più veloce, urlare con te eccomi, aspettatemi, arrivo!!! La Fallaci è neutra, spietata, così…fredda…ci racconta che la barca a motore si muove e se ne va. Ci dice che per tutto il resto della tua vita non saresti mai guarito dal ricordo ossessionante di quella barca che prende il largo senza aspettarti, arrivo, aspettatemi arrivo…La disperazione.
E’ la prima grande disperazione che leggiamo. E’ un racconto che non so immaginare descritto da altri se non da lei. Chi ne avrebbe avuto la forza? L’intensità? Il coraggio? O forse la rabbia? O la rassegnazione? O questi sono i miei sentimenti che semplicemente leggo.
Mi sento stupida. Leggo,semplicemente leggo e penso di poter sapere, penso di poter immaginare..ma non so nulla di Teofilojannacos… Sezione Investigativa Speciale della polizia militare dell’Esa: la centrale delle torture.; del colonnello Nicolas Hazizikis comandante dell’Esa: l’unico aguzzino che non avresti mai perdonato;. il tuo odio cupo, doloroso, testardo; lo scorpione che allungava l’aculeo e te lo ficcava nell’anima; del capo supremo dell’Esa Joannidis che disse è inutile: non parlerà. E ti promise la fucilazione.
E tu che confessi tutti i capi d'accusa: di aver messo gli esplosivi, di aver fatto saltare le due mine, ma ti affligge una pena: non essere riuscito nell'’intento di uccidere colui che viene chiamato presidente. Dopo aver subito l'indicibile è questa la pena a cui pensi e ripensi!
Non sei stanco di vivere, sei stanco di soffrire. Ma tu di sevizie non devi morire.
Il trasferimento alla prigione militare di Boiati..pensi sia il tuo viaggio all’inferno.
Il nuovo direttore Nicola Zakarakis non pensa che a te. Ed ecco l’idea. Girando per un cimitero vede un sepolcro a forma di cappella e capisce che per un demonio come te ci vuole solo una cosa: una tomba. Una cella con forma e dimensioni di una tomba. Praticamente un parallelepipedo dove saresti rimasto rinchiuso per quattro anni. Stavi a Gudì quando apprendesti la notizia. Di nuovo in viaggio per Boiati… accanto alla tua cella tomba c’era anche un piccolo cipressino ad aspettarti.
Dirai sempre che se quella cella non la si vede non la si può immaginare. Il buio era quasi totale.
“Tre passi avanti/ e tre indietro di nuovo/ mille volte lo stesso percorso/ la passeggiata d’oggi mi ha stancato… “
Tre passi? Se ne facevano al massimo due, e subito la testa girava dirà la Fallaci.
“Il vero eroe non si arrende mai, a distinguerlo dagli altri non è il gran gesto iniziale o la fierezza con cui affronta le torture e la morte ma la costanza con cui ripete, la pazienza con cui subisce e reagisce, l’orgoglio con cui nasconde le sue sofferenze e le ributta in faccia a chi gliele impone. Non rassegnarsi è il suo segreto, non considerarsi vittima, non mostrare agli altri tristezza o disperazione. E, all’occorrenza, ricorrere all’arma dell’ironia e della beffa: ovvie alleate di un uomo in catene. “
“NON TI CAPISCO, DIO/ DIMMI DI NUOVO/ MI CHIEDI DI RINGRAZIARTI/ O DI SCUSARTI?”
Per la Fallaci avevi assunto i volti e nomi dei tanti uomini e donne che in tutti quegli anni aveva intervistato e visto morire in giro per il mondo.
“Non avevo mai visto una tua fotografia. Non mi ero mai chiesta nemmeno se tu fossi giovane o vecchio, bello o brutto, alto o basso, biondo o bruno. … ti cercai sicura di non riconoscerti. Invece ti riconobbi immediatamente perché immediatamente le nostre pupille si incontrarono scoccando, e perché quell’uomo mingherlino, bruttino, dai piccoli occhi che bruciavano neri e i grandi baffi che spiccavano neri sul pallore malato del volto non poteva essere che Huyn Thi An e Nguyen Van Sam e Chato e Julio e Mariaghela e padre Tito de Alencar Lima. … ma era la tua voce che mi diceva: Ciao, sei venuta. … Era entrata in me come una coltellata.: gutturale, profonda, intrisa d’una indefinibile sensualità.”
“Ti amo ora e ti amerò sempre”
In fondo la morte è un’amica di chi è stanco. E’ anche una grande alleata dell’amore. Nessun amore al mondo resiste se non interviene la morte. Se vivessi a lungo, finiresti col detestarmi. Poiché morirò presto, invece, mi amerai per sempre.
Leggere questa testimonianza è estenuante. Non è piacevole. E’ un dovere morale poiché anche se non si condividono i fatti, ci insegna che non si può ignorare la forza che ciascuno di noi non sa di avere. Ho provato tante volte e tante volte non ce l’ho fatta. Tante volte ho dovuto abbandonare la lettura. Per le lacrime.
Questa è la storia di una fatica, la storia di un uomo.
E io l’ho semplicemente letta.
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Un uomo un esempio
Questa è una storia d’amore, un “trattato” di giornalismo, un pezzo di storia, una rivoluzione, un tributo, un testamento, un manifesto, una vita. La vita di Alekos Panagoulis, politico e rivoluzionario greco, che si oppose al regime dei colonnelli, organizzò un attentato fallito e fu arrestato. La sua prigionia fu un calvario di torture e violenze inaudite, soprusi e umiliazioni.
Il racconto è molto crudo e forte, viscerale. Il coinvolgimento emotivo e amoroso della Fallaci è evidente e intenso, uno sposare la causa dì un uomo che ha letteralmente dato la vita per il suo paese anche quando, riuscito a scappare in Italia, ha continuato a cercare appoggi e aiuti per sovvertire il regime, purtroppo fallendo. L’ostinazione e la passione per questa rivoluzione sono il messaggio di questo libro, tenere sempre la testa alta, non arrendersi mai, combattere fino alla morte, che ovviamente venne in seguito ad un attentato fatto passare per incidente.Il popolo greco lo acclama durante il funerale come se fosse vivo, forse troppo in ritardo per risolvere le cose.
Il libro nasce da una intervista della Fallaci a Panagoulis, in seguito a questa intervista nasce un amore, e per amore la Fallaci accetterà la richiesta di Alekos di scrivere la sua storia una volta morto, per testimoniare lo spirito combattente e mai arrendevole di colui che ormai è considerato dai greci un eroe contemporaneo. La storia, un po’ romanzata, pare essere un resoconto dettagliato e fedele di quello che è stato, un libro intenso e affascinante che consiglio di leggere a chi abbia voglia di conoscere questa storia, ma soprattutto a chi abbia necessità di nuovi stimoli per affrontare le difficoltà. Formativo.
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Un uomo di Oriana Fallaci
Questo libro è un manifesto di resistenza alle dittature e un inno alla libertà dell'uomo. Alekos Panagoulis, il protagonista principale (l'Uomo) è un Don Chisciotte che lotta per la libertà degli uomini da tutti i regimi e i totalitarismi e, anche se ha fallito il tentativo di sovvertire - nella Grecia del suo tempo - il regime dei colonnelli, ha avuto il dono dell'eternità eroica ( e i suoi aguzzini preferirono torturarlo per anni anziché giustiziarlo, proprio per non fare di lui un'eroe). Parlando dell'attentato fallito a Papadopolos lui diceva:" Io non volevo uccidere un uomo. Io non sono capace di uccidere un uomo. Io volevo uccidere un tiranno", perché, secondo Alekos "Un uomo nasce per essere buono". Purtroppo il popolo greco urla: "Zi!Zi!Zi! (Vive, vive, vive) quando è troppo tardi, quando Panagoulis è già morto, quando la sua vita è già stata stroncata dal regime che lo ha voluto e ci vuole da sempre schematizzare e indottrinare. Il popolo lo acclama solo al suo funerale (a cui hanno assistito un milione e mezzo di persone). Un'autrice del calibro della Fallaci non poteva che innamorarsi di un Uomo del valore di Panagoulis, che aveva ideali molto alti e la sua stessa voglia di libertà ad ogni costo. Tre anni di silenzio e di solitudine dopo la morte di Alekos, hanno permesso alla scrittrice di "partorire" il libro sull'unico Uomo che lei abbia mai amato.
Di lui la scrittrice dice:" Aveva la saggezza di chi ha sofferto troppo, di chi sa che non sarà mai vecchio..." e ancora " il dolore è un trauma che lascia una cicatrice nell'anima, che ne cambia i lineamenti", inoltre " il giorno in cui uscì di prigione non ci conoscemmo: ci riconoscemmo". Non voglio commentare ciò che dicono e si dicono i due amanti, ma riportare le loro parole, perché le stesse vi parlino direttamente. La Fallaci dice:" Il mio libro predica di non rassegnarsi, di non adeguarsi, di non subire, di non essere pecore nel gregge", mentre riguardo all'amore esclama" L'amore è un'intesa, un'amicizia. Non è passione, passione fisica. Quella è una ventata durante la quale ci si divora reciprocamente e basta. Io credo che l'amore sia amore quando l'uomo o la donna con cui stai diventa tuo fratello" e ancora " Uno degli errori più gravi che ho commesso è quello di non aver amato abbastanza me stessa. Cioè di aver dimenticato che il grande comandamento "Ama il prossimo tuo come te stesso" parte dal presupposto di amare anzitutto e soprattutto se stessi".
Per quanto riguarda Alekos, queste alcune delle frasi che mi hanno maggiormente colpita:
" Anche quando sai di perdere devi batterti lo stesso. Perché l'importante non è vincere o perdere: è battersi". Alla domanda, rivoltagli dalla Fallaci durante l'Intervista con la storia, nel 1974, " Alekos, cosa significa essere un uomo?" Lui rispose :" Significa avere coraggio, avere dignità. Significa credere nell'umanità. Significa amare senza permettere a un amore di diventare un àncora. Significa lottare. E vincere" e lei chiude l'intervista scrivendo:" Direi che un uomo è ciò che sei tu, Alekos".
Dicono che questo sia il libro migliore di Oriana Fallaci ed è il primo che io leggo di quest'autrice che ammiravo ancor prima di leggere e che ora ammiro ancora di più. Sicuramente approfondirò la sua conoscenza e consiglio di farlo anche a quelli di voi che ancora non l'hanno letta.
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Una vita, un uomo, un capolavoro
Quest'opera rappresenta uno dei grandi capolavori di colei che può essere considerata per prima il Capolavoro dei Capolavori. Una donna: Oriana Fallaci.
L'autrice in questo romanzo vuole narrarci una storia, una storia da lei ben conosciuta perchè in parte vissuta in prima persona. Stiamo parlando dell'esperienza politica e di vita del suo uomo, Alekos Panagulis, figura ribelle nella Grecia papadopulista del secondo dopo guerra.
Questa è la storia politica, sentimentale, tragica, violenta, controversa, drammatica di un uomo che per amore della sua nazione e per amore della politica, che tanto lo deluderà in futuro, rischiò la cosa più cara che ogni uomo ha: la propria vita. E lo fa con un coraggio che non lo abbandonerà mai in tutta la sua breve esistenza, che sarà di contro accompagnato da sentimenti tanto umani quanto ambigui in un Uomo.
Questa è dunque la storia di un essere coraggioso fino alla morte, ma anche molto fragile, volubile, esasperato nell'assistere al crollo di tutto ciò che di più ha adorato nella sua vita, ovvero la Politica. La Politica con la P maiuscola, la politica cantata dai suoi antenati greci e per troppo tempo tradita.
Oriana sarà la compagna di avventura o di sventura di questo uomo, da cui lei sarà così tanto attratta e legata da definirlo il grande amore della sua vita. Un amore "malato, brutto, tragico, eppure così forte, bello, indistruttibile".
Un Uomo è una lode che la grande scrittrice (sebbene preferisse definirsi uno ''scrittore'') fa non solo a colui che per ella è stato un grande amore, il suo Alekos, ma un'ode ad un uomo tra gli uomini: un uomo grande e piccolo insieme in un mondo che poco gli è appartenuto e che troppo tardi si è accorto di quanta Umanità ci fosse in lui.
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E noi?
Che cos'è un uomo?
Benchè sia essenziale rispondere a questa domanda per comprendere, talvolta persino giustificare, il significato del libro della Fallaci, a dare una definizione all'uomo si rischia di imbarcarsi in una serie di ragionamenti estremamente complessi che se non ben bilancianti tendono a diventare tremendamente pedanti o ancora peggio banalmente qualunquisti. È fin troppo facile infatti fare della filosofia da bar su un argomento del genere, ed essendo questa, quella del libro, una storia concreta, vera e a tratti tutt'altro che filosofica, non ci sarebbe nulla di meno appropriato che recensire il libro, e giudicarlo, partendo da dei presupposti semantici, per non dire dei sofismi, che senz' alcun dubbio trascendevano l'intento dell' autrice.
Ciò premesso, rimanendo comunque doveroso rispondere alla domanda iniziale, è meglio mantenersi sul semplice. Tanto suppongo che bene o male chiunque abbia un idea di cosa sia un uomo....
Dunque che cos'è un uomo? Che cos'è un essere umano?
Un uomo tralasciando la parte diciamo materiale, quella costituita principalmente d'acqua, molecole di carbonio e qualche organo più o meno vitale, è un miscuglio di pensieri, idee, sensazioni, pulsioni e ragionamenti, alcuni simili e concordanti altri diversi e contrastanti e in base a questi, in base a come li elabora, agisce, compie delle azioni, che possono essere più o meno importanti, che possono essere più o meno giuste agli occhi di quel sistema non sempre organizzato di suoi simili che comunemente si chiama società.
Quindi allora un uomo è anche un essere che compie azioni! Sì, e a dire il vero ne compie pure tante nel corso della sua vita e per ognuna di esse ne paga le conseguenze, siano esse giuste o sbagliate. Ed è ben di questo che si parla nel libro. Il libro della Fallaci racconta la storia di un uomo, di quel che ha fatto, e di quanto gli è accaduto. Ed era questo un uomo per nulla dissimile da molti altri, con le sue idee, le sue passioni, le sue ragioni e i suoi torti; un uomo che, sì forse era più portato rispetto ad altri a compiere scelte estremiste, a dar meno valore alla vita propria e altrui che la media della società, (o forse a darne di più, infatti a ben vedere è proprio per questo che lottò costantemente contro il regime filo fascista greco e le sue successive evoluzioni), dunque un individuo forse più sbilanciato verso certe idee, certe pulsioni, ma pur sempre un uomo come tanti, come tutti. E questo è essenziale comprenderlo, altrimenti a posteriori, dopo più di quarant'anni dagli avvenimenti, al caldo dei nostri bei caminetti (vabè facciamo termosifoni) non si potranno mai accettare le sue gesta, giustificare la sua rabbia, comprendere il suo odio, non si potrà mai capire quel che ha provato quando venne rinchiuso nella cella di tre per tre a forma di tomba, quando è stato picchiato, torturato, reso vittima di una persecuzione psicologica tremenda, e quando in fine è stato ammazzato. Non si potrà mai capirlo se non ci si mette nei suoi panni, se invece di leggere il suo nome non leggiamo il nostro.
Vero, lui inizialmente ha commesso un attentato, ha tentato di uccidere una persona con una bomba, tuttavia quella persona stando al libro, stando a quanto ci racconta la storia (non è nell'intento di questa recensione entrare nel merito riguardo l'autenticità dei fatti narrarati), si era macchiata di crimini ben più gravi, crimini che probabilmente alla luce proprio di quella che noi chiamiamo umanità, e sicuramente del concetto etico che "l'uomo" del libro aveva di essa, giustificavano la sua morte. Vero. Tuttavia, lecita o meno che fosse stata la sua battaglia, aveva fallito e ciò non di meno alla fine venne ripagato con gli interessi sottoponendolo ad un calvario mortale che, se non la giustificazione al suo gesto, fu senza dubbio la dimostrazione della disumanità di quel regime politico militare contro cui lui si era scagliato.
Eppure ribadisco lui era un uomo qualunque, almeno inizialmente, come noi, come tanti di noi! Per comprendere dunque il significato di quest' opera è bene porsi allora un'altra domanda: noi al suo posto cosa avremmo fatto? Se invece di essere Panagulis ad essere torturato e seviziato per mesi, anni, nella cella di Boiati e in tutte le altre, eri tu, lettore, cosa avresti fatto?
Probabilmente è impossibile rispondere poichè è inconcepibile immaginare anche solo di trovarsi in una situazione del genere. Occorre tuttavia ammettere che se è impossbile rispondere a questa domanda è allora altrettanto impossbile giudicare l'operato di quell'uomo, sia che lo si voglia tacciare di delinquenza, di terrorismo, sia che lo si voglia marchiare da eroe.
E non potendone giudicare l'operato, non si può nenanche giudicare il contenuto del libro, il pensiero dell'autrice intimamente legata a lui. Dovrà dunque bastare parlare dei contenuti senza giudicarli, parlare della storia senza porsi al di sopra di essa come imparziali arbitri del bene e del male. E che storia è questa? Questa è la storia reale di una persona che, malgrado la sua normalità, pur trovandosi in situazioni tremende non si è mai arreso, che malgrado le innumerevoli sconfitte, anche se sarebbe stato molto più semplice, non ha mai chinato la testa, e ciò non l' ha reso un eroe, non l' ha reso un martire (come volle la folla al suo funerale) ma semplicemente un essere umano, un essere umano ancora più umano. Una volta qualcuno disse "un uomo non si capisce quanto vale quando vince, troppo facile: a vincere sono buoni tutti, ma lo si capisce quando perde, da come affronta le sconfitte, se si arrende o continua a lottare." Vero. E se, come in questo caso se si vince forse c'è in ballo il bene comune di una nazione, ma se si perde c'è in ballo solo la propria vita e ciononostante si continua a lottare, be allora quale definizione migliore si può dare a quell' essere umano se non quella di "Uomo"? Non ce n'è, non ne esiste alcuna di migliore, poichè un essere che si mette in gioco in quel modo di umano deve avere tutto, assolutamente tutto: l'orgoglio, la rabbia, la ragione, i torti, i dolori, le sofferenze, e soprattutto la dignità.
Ciononostante quell'uomo, malgrado la sua dignità e il suo coraggio perde, perde ripetutamente e noi, suoi simili, lungo il racconto perdiamo con lui, fintanto che giunto allo stremo, riuscendo stoicamente a non arrendersi per l'ennesima volta, perde definitivamente, perde la vita. E qui (fortunatamente) noi non siamo più con lui, noi torniamo ad essere dei vivi lettori comodamente seduti in poltrona, e il distacco è totale, tremendo, come totale e tremenda diventa la domanda che per riflesso alla luce della storia appena letta sentiamo in obbligo di porci: sì, abbiamo capitò cos'è un uomo, ma noi possiamo definirci uomini?
La domanda implicita con cui inizia questo libro dunque si trasforma e da "come si definisce un uomo?" diventa, possiamo noi nel nostra coscienza, al pari di lui, al pari di Panagulis, definirci uomini? Possiamo noi definirci autentici esseri umani? Una domanda ben più importante della prima poichè è una domanda personale, che ci riguarda direttamente e per tanto ci infastidisce, ci repelle: tutti di primo acchito rispondono "certo che sì!" eppure si insedia nel profondo della nostra coscienza e rimane, talvolta sussurrando talvolta gridando, talvolta esasperandoci per la nostra quotidiana viltà, talvolta rendendoci orgogliosi del nostro piccolo eroismo, "noi siamo uomini, siamo esseri umani autentici?", e senza dubbio ci fa riflettere, crescere, conferendoci in fine una più ampia idea dei nostri difetti e delle nostre possibilità.
Questo è l'unico imparziale modo con cui si può parlare della storia che si racconta in questo libro, un libro personale che talvolta manca di obbiettività e si accende di infuocato, morboso, romanticismo col suo intendere il protagonista come un eroe mitologico, il cavaliere senza macchia che combatte il drago, o di cieco furore col suo stigmatizzare di fatti che ben poco lasciano all'interpretazione, ma anche un libro che racconta di una storia realmente accaduta, il cui significato trascende la mera denuncia dei fatti, le bassenze a cui può giungere l'animo umano, un libro in fine che, sia che lo si apprezzi sia che lo si critichi, gli va indubbiamente riconosciuto il merito di darci fastidio, di farci scandalizzare, di farci soffrire e infine di farci crescere.
Molti dei più autorevoli critici sostengono che cio che va ricercato nella letteratura è la catarsi, l'evoluzione del proprio pensiero attraverso la narrazione, e sostengono talmente la loro teoria che arrivano a confondere l'una con l'altra, il fine con il mezzo. In realtà non è sbagliato, anzi, tuttavia è limitato: la letteratura infatti è anche sensazione, (emozione, fastidio, piacere, sofferenza, gioia), è anche svago, relax, medicina per lo stress, ed è sicuramente anche qualcos'altro: è il confronto con noi stessi, con quello che noi sappiamo, con quello che noi crediamo, con quello in cui noi crediamo. E da questo punto di vista Un Uomo di Oriana Fallaci è lettratura purissima, è uno dei più alti esempi di letteratura d'ogni epoca, poichè è la rappresentazione della domanda a cui noi, tutti noi, ogni giorno più o meno consapevolmente dobbiamo rispondere, il problema che più o meno tutti noi dobbiamo sforzarci di risolvere: possiamo definirci esseri umani? Panagulis, nel bene e nel male, è stato un uomo, un essere umano, possiamo noi, al pari di lui definirci tali? Davvero, possiamo?
Nota:
Assolutamente inutile, la prefazione di Domenico Procacci all'edizione qui recensita. Inutile se non a lui stesso, se non a promuovere il "suo" film, la "sua" versione della storia. Inutile se non a ribadire uno dei concetti che si evincono dalla lettura del libro, uno dei concetti la cui incomprensione, in buona sostanza si può dire che abbia causato la morte de "l'uomo" del titolo, ovvero che non importa quanto strenuamente, romanticamente, testardamente, dignitosamente si lotti, non importa: i soldi e il potere vinceranno sempre. Sempre.
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Un uomo e una grande donna...la Fallaci
Il romanzo, che di fatto è un'accorata biografia di Alekos Panakis, si apre con una scena angosciosa, altamente drammatica e superbamente descritta: il funerale dell'uomo che Oriana Fallaci ha da sempre amato.
Ma non è il doloroso tema della morte a far da sfondo a quest'opera, bensì la vita.
La vita in tutte le sue forme e sfaccettature.
La vita di un eroe moderno che mette tutto ciò che ha per donare la libertà alla propria patria, la vita di chi non smette di percorrere i sogni in cui crede anche laddove questi sembrano irrealizzabili, la vita di un uomo che ha sofferto torture fisiche e prigionie senza mai perdere la propria dignità e il proprio sorriso.
Questa vita si intreccia con quella di una donna.
Una donna che non ha paura di affrontare il peggio che la vita possa riservare per amore, una donna intelligente, provocatrice, che può suscitare disdegno o disprezzo o meraviglia per le sue idee e le sue opinioni, una donna che non ha paura di sfidare l'odio e il potere, una donna che in fondo cerca, come tutti, la felicità.
" Un uomo" è un romanzo complesso perché sono complessi i personaggi che lo vivono, le idee che vi si affacciano, la società bieca ma anche coraggiosa che ne viene descritta.
Lo stile è quello brusco, vivace ed affascinante, che è il tratto distintivo di questa grande scrittrice italiana.
Un uomo ma anche una donna, Oriana, accompagneranno in lettore attraverso una grande vicenda umana e storica.
A parer mio non perdete l'occasione di leggerlo.
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UN UOMO
Un libro preso per caso, tra i libri della mamma, che da anni mi ripeteva "leggi la Fallaci"..
Finalmente mi sono decisa, dopo tutto questo tempo, finalmente l'ho letta. E me ne sono innamorata.
Questo libro è molto di più di un libro..è storia, è vita, è lotta, è amore, è intelligenza, è consapevolezza, è riflessione, è pianto, è mal di stomaco, è sconfitta, è vittoria.
E' una riflessione critica e lucida su come in luoghi ed epoche diverse, con colori e sembianze ingannevolmente mutati, il Potere assuma di fatto sempre la stessa identica forma.
E' la storia di un amore, autentico, difficile e profondo.
Ma è prima di tutto il racconto di un Uomo: un eroe svelato nella sua fragilità e nella sua umanità di sognatore e ribelle, nelle sue illusioni e debolezze, insieme alle sue lotte e alle sue imprese.
Alekos Panagulis vive davvero, attraverso queste pagine. Insieme alla sua Grecia, alla sua Poesia, ai suoi pensieri. E alla sua "alitaki", Oriana Fallaci.
"..non siate gregge perdio, non riparatevi sotto l'ombrello delle colpe altrui, lottate, ragionate col vostro cervello, ricordate che ciascuno è qualcuno, un individuo prezioso, responsabile, artefice di se stesso, difendetelo il vostro io, nocciolo di ogni libertà, la libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere."
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Un pezzo di storia, un amore
Le immagini di una Grecia umiliata, offesa, vilipesa che le televisioni di tutto il mondo hanno trrasmesso all'ora di cena, quei visi increduli, quei cortei, quella richiesta di giustizia, quelle speranze spezzate, quel Paese spinto sull'orlo del fallimento, quelle immagini a colori, mi hanno riportato indietro nel tempo ad altre immagini così simili ma in bianco e nero, che mostravano i Colonnelli e il loro regime, la richiesta di libertà di un popolo, l'insofferenza per la dittatura di un Paese in cui nacque la democrazia.
E mi è tornato in mente Alekos Panagulis.
Chi allora non c'era di certo non sa chi sia stato Alekos. Forse anche chi fu testimone quei momenti drammatici ha dimenticato ormai quell'uomo che invece resta immortale per chi ha letto questo libro.
Alekos fu il grande (unico?) amore di Oriana, questo gli ha dato fama imperitura.
Forse a causa di ciò il povero Alekos si rivolta da decenni nella sua tomba: passare alla storia per essere stato l'amore di una sia pur grande scrittrice non deve essere motivo d'orgoglio, per lui.
Perchè Alekos fu un Uomo.
Lo fu al di là del sentimento che fece nascere in una donna ruvida e amante della propria libertà.
E questo racconta questo libro: la vita di un uomo capace di lottare fino alla morte per le sue idee, per la libertà dalla dittatura, per il trionfo della giustizia e la punizione dei corrotti.
Un uomo che subì torture inaudite, raccontate vividamente, che si trovò mille volte vicino a cedere, ma come tutti i grandi eroi, fece della debolezza del corpo uno strumento di crescita della volontà.
Attraverso questo romanzo, basato strettamente sulla realtà storica, Oriana ha raggiunto l'obiettivo di rendere eterno il nome dell'uomo che ha amato e di costringere anche noi ad ammirarlo e, infine, ad amarlo.
Per chi vuole apprezzare la grandezza di un'Oriana scrittrice sanguigna e grandissima cronista della storia più vicina a noi, questo è un libro da non perdere.
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Impietrita dinanzi alla bara col coperchio di cristallo che esibiva la statua di marmo, il tuo corpo, gli occhi fissi al sorriso amaro e beffardo che ti increspava le labbra, aspettavo il momento in cui la piovra sarebbe irrotta nella cattedrale per rovesciarti addosso il suo amore tardivo, e un terrore mi svuotava insieme allo strazio.[...] Per arginare la spinta che mi premeva ai fianchi, alla schiena, dovevo appoggiarmi al coperchio di cristallo. Questo era molto angoscioso perché temevo di romperlo, caderti sopra e sentire di nuovo il freddo che mi aveva morso le mani quando all'obitorio ci eravamo scambiati gli anelli, al tuo dito quello che avevi messo al mio dito e al mio dito quello che avevo messo al tuo dito, senza leggi né contratti, un giorno di gioia, ormai tre anni fa [...]
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