Un giorno all'improvviso
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Romanzo o saggio?
Questa è la prima domanda che mi sono posta leggendo le prime cento pagine di questo libro. Lungo libro, faticoso da leggere, perché poco scorrevole. Di romanzo, nel senso canonico del termine, ha davvero ben poco. Dal tempo usato per la narrazione alla struttura narrativa,. Inoltre c’è la mancanza di una vera “fabula” e di un epilogo, che dia un senso, negativo o positivo, alla narrazione. I personaggi, da Matilde, la protagonista, al padre, sono poco connotati. C’è più una caratterizzazione psicologica effettuata attraverso gli oggetti, i libri, la musica.
Le emozioni, il modo di pensare dei personaggi, cosa anima i loro pensieri, tutto viene raccontato attraverso quello che gli appartiene. Una figlia che ricerca il padre, cercando di capirne “l’essenza”, per scoprire le motivazioni che lo hanno portato lontano dalla famiglia e dal suo mondo. Un viaggio interiore attraverso cui, all’improvviso, quello che ci è sempre apparso familiare e conosciuto viene scoperto come “nuovo”. Le stampe appese alle pareti, i libri e dischi accumulati negli anni, la figura stessa del padre , tutto si apre a una nuova visione e spinge Matilde a fare nuove considerazioni anche su sé stessa.
Lunghe pagine di descrizione, dal giardino alle pareti dello studio, (verso la parete est ho dato segni di cedimento) che a volte annoiano, ci dovrebbero fare intuire la personalità del padre, unitamente ai libri e alla musica che ascolta. E così troviamo interi brani tratti da Lord Jim, di Conrad, o da il Vecchio e il mare di Hemingway, commentati e spiegati facendo somigliare il romanzo più a un saggio di letteratura, che non a un percorso narrativo che si evolve. Lo stile è asciutto, a volte piatto, soprattutto nel discorso diretto, e l’uso di parole “ricercate” rende ancora più ostica la lettura. La colonna sonora è jazz e blues e altro ancora, un po’ troppo per una profana come me. La cosa più straordinaria è che la narrazione si spinge quasi fine alla fine senza che succeda niente. Solo parole, stati d’animo e una quantità esagerata di particolari. Su tutto: dalla varietà dei sali da bagno al pranzo al ristorante, niente ci viene risparmiato!
Più che un romanzo, quindi, è una specie di saggio sulla letteratura, sulla musica, sulla cultura in generale e sulla vita. In poche parole è un romanzo sui generis. Nonostante tutto, dalla lettura trapela il gusto della narrazione che è il vero motivo che mi ha spinto ad andare fino in fondo e non abbandonare il libro dopo le prime pagine, appellandomi a uno “dei diritti del lettore”, come sancito da Pennac.
“Avete il diritto di non leggere, di saltare le pagine, di non finire un libro, di rileggere....” ma, a questo punto, io esercito l’ultimo dei diritti: quello di tacere.