Un bel sogno d'amore
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Un bel sogno d'amore
Un piccolo paese di provincia, l'inizio degli anni settanta, la società che sta cambiando, questi gli ingredienti che compongono l''ultimo romanzo di Andrea Vitali.
Leggendo l'ingannevole quarta di copertina si ha l'impressione di trovarsi in mezzo ad una divertente ed ironica contesa tra fazioni rivali: bigotti contro progressisti; motivo del contendere la proiezione di “Ultimo tango a Parigi”, che, in realtà, occuperà ben poco spazio nell'economia del romanzo, così come poco spazio occupa l'analisi sociologica o l'allegra vitalità delle comari di paese. Ciò che riempie le tante pagine del romanzo sono personaggi, più o meno ben caratterizzati, che intrecciano le loro vite, creando una storia divertente e non del tutto banale, ma inutile nella sostanza. Il piano narrativo è ben strutturato, non ci sono falle o salti logici; non si può parlare di un genere, ma di più generi che si alternano dando vita ad almeno tre filoni principali, i quali si sfiorano, a volte in modo più deciso a volte solo con un labile sguardo, ma rimangono indipendenti uno dall'altro, gestiti bene, con ritmo incalzante che incuriosisce e intriga.
Lo stile con cui è scritto è lineare e asciutto con un lessico accessibile a tutti, dialoghi credibili e descrizioni quasi assenti, forse qualche volgarità gratuita, che stona nel contesto generale fatto di quell'antica educazione che si andava perdendo nelle città.
Come spesso accade, però, non è la tecnica e un buon soggetto a rendere un romanzo un buon romanzo, ma la capacità di trasmettere un'emozione o lasciare una riflessione e questo non accade, quando il volume giunge alla sua conclusione rimane quel retrogusto di vacuità che pervade, invero, tutto il libro che invoglia, questa volta sì, a considerare di cosa sia deficitario.
La sensazione che si ha è che questo micromondo sia sospeso in una bolla di vetro a mezz'aria del tutto privo di quel magico substrato popolare fatto di bisbigli, chiacchere e facezie che avrebbero dovuto costituire le fondamenta su cui erigere la struttura narrativa; così non è stato, il paese è popolato solo dei personaggi descritti, se si escludono concerti rock in cui, però, la folla è costituita da giovani, che non creano quell'atmosfera tipica e determinante se si vuol scrivere un intrigo di paese. Le strade sono vuote, non esistono figure caratteristiche, non conosciamo il paese con i suoi figuranti, esistono solo i personaggi che lo vivono e lo popolano, ma soprattutto e cosa più importante, non si approfondisce la tematica sociale che sarebbe stato un valore aggiunto, non un accenno agli anni di piombo o alla politica e neppure alla rivoluzione musicale, dato che nel succitato concerto il massimo del rock è una cover di “Non è Francesca” nel tripudio del pubblico, una storia come questa sarebbe potuta essere scritta in qualunque periodo senza subire sostanziali danni.
Mentre le pagine scorrono veloci la mente non può non andare a Guareschi, gli occhi si riempiono, in assenza di altro, delle sue fitte descrizioni della società del tempo, dell'ironica lievità con cui un'Italia fragile, ma combattiva si è fatta icona nell'immaginario collettivo, non viene chiesto un capolavoro a Vitali, non viene chiesto di eguagliare il grande Guareschi, ma di prenderne spunto e utilizzare la ricchezza che possiede, fatta di quotidianità ambulatoriale per lasciare traccia di ciò che crea un piccolo agglomerato, ciò che ne è l'essenza, i suoi tanti abitanti che ne creano la spina dorsale.
In conclusione una lettura piacevole, perfetta per trascorrere un pomeriggio rilassante, ma un'occasione persa per la realizzazione di un buon romanzo popolare.
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Opinioni inserite: 3
storiella carina e nulla più
Non il miglior Vitali di sempre, una storia simpatica con filoni distinti che si intrecciano, ma che non lascia il segno come le precedenti. Vitali sposta il set dal tradizionale Bellano negli anni del Fascismo agli anni 70. Ma mentre gli anni del Fascismo lasciano nel lettore la sensazione di essere pienamente immersi nell'epoca, questa volta l'autore bellanese non riesce nell'impresa tutto sommato più semplice all'apparenza. I protagonisti della storia sono diversi, dalla coppia composta dall'intraprendente Adelaide e l'imbranato Alfredo che vive all'ombra della temibile madre, al classico rubagalline di paese, il guascone Ernesto che rimane sempre imbrigliato nella rete dei locali Carabinieri, alla vicina di casa della madre dell'Alfredo, tipica comare di paese. Che dire, non è semplice mantenere alto il livello quando si pubblica così tanto, però forse una riflessione sulla qualità dell'output sarebbe opportuna.
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Quel ramo del lago di Como...
Le radici di “Un bel sogno d’amore” affondano nel febbraio 1973, quando l’attesa per la proiezione di “Ultimo tango a Parigi” al cinematografo bellanese di Idolo Geppi è ormai spasmodica. Le voci sulle scene piccanti si diffondono e così Adelaide impone al fidanzato Alfredo di accompagnarla a vedere le acrobazie erotiche di Marlon Brando con un ricatto: se non mi accompagnerai tu, amore mio, lo chiederò a Ernesto Tagliaferri, detto “il Taglia”, giovanotto dal comportamento guascone (“Il Taglia, per carattere ganassa, infuocato dal vino…”) e moralmente poco cristallino (nel corso del romanzo intasca in modo truffaldino i soldi di una lotteria, contrabbanda bionde, s’impelaga in un giro di banconote false, s’invischia in un furto di orologi e trasborda refurtiva sulle acque del lago). Di Ernesto, Adelaide diviene complice (“Visto che ormai sapeva cosa c’era nella borsa, avrebbe voluto trovare il coraggio per dirgli di smettere di usarla per quelle consegne”) e così compromette il suo futuro lavorativo...
Ma la storia d’amore della quale si parla non è soltanto quella di Adelaide, che prima cerca di farsi impalmare dal giovane carrozziere, poi s’impegna a svezzare il marito nell’arte amatoria e nel ruolo di mammone soggiogato dalla figura di una madre-suocera toppo ingombrante. Tuttavia, i dettagli non possono essere rivelati…
Lo stile del romanzo è quello al quale Andrea Vitali ci ha da tempo abituati: pagine brevi e velocissime, frasi sincopate, chiusure che vengono riprese dall’incipit del capitolo successivo con cambiamento di scena, parole mutuate direttamente dal dialetto comasco: ove “slandra” sta per “donna dai facili costumi”, la “ciocca” è l’ubriacatura, una persona imbambolata è “imbesuita”, lo spaccone è un “ganassa” e “provocare” si può sostituire con “inzigare”…
Un romanzo divertente, godibile fino in fondo, che nasconde dietro alla leggerezza inconsistente della commedia una morale semplice, nostalgica e molto pop.
Bruno Elpis
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Un sogno d'amore d'altri tempi
E’ proprio vero quello che scrive il critico letterario D’Orrico su “Sette magazine “ (inserto del Corriere) : l’ultimo di Vitali è sempre il più bello. Il microcosmo ( ma è un coloratissimo universo) di Bellano, sulle amate sponde del lago di Como, esplode qui come mille fuochi di artificio. Attorno al poetico (e breve) sogno d’amore dell’anziana e scorbutica Benvenuta e di tale Eugenio Gerlandi (ospite della locale casa di riposo), sogno d’amore fatto di brevi clandestini incontri su una panchina, mano nella mano, si allarga tutto un mondo di personaggi tipici dei romanzi vitaliani : il timido Alfredo Denti che corteggia a modo suo la disinvolta Adelaide, il simpatico lestofante Ernesto Tagliaferri, imbroglione sprovveduto, spacciatore di banconote false, ricettatore di viveri ospedalieri, il bonario maresciallo Pezzati con i suoi scagnozzi, la pettegola del paese Carolina Tirelli, sempre pronta a spiare la vita delle comari del rione e tutta una serie di figurine (direi quasi da presepio) che l’Autore sa come al solito far emergere con rapide pennellate. E’ citata perfino la sezione locale dei donatori di sangue (l’AVIS, per intenderci), guidata con piglio teutonico dall’arcigna consorte del locale primario ospedaliero Invitto Lodi. Le vicende, come al solito nei romanzi di Vitali, si accavallano le une sulle altre, tra ripicche, rivelazioni, indagini al limite della farsa da commedia dell’arte : a Bellano c’è la vita di tutti i giorni, con gioie e dolori, e, anche se il meglio sembra che sia altrove, il succo del racconto ci fa capire che tutto sommato anche in questa cittadina sulle rive del lago si può vivere una vita serena e tranquilla, non ancora contaminata dalla modernità del giorno d’oggi e dalla criminalità organizzata delle grosse città. Il romanzo si legge spensieratamente, e per chi come me, oltre ad essere medico come l’Autore, vive in un paese nei pressi di un lago (il Maggiore, però), la lettura è doppiamente piacevole.