Uccelli da gabbia e da voliera
Letteratura italiana
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Fiodor o non Fiodor ? Fiodor
Una barchetta di carta, magari coi quadretti ed il tettuccio a punta, che naviga beatamente leggera in balìa del mare del destino. Chi puo' dire con assoluta certezza che sara' migliore l'esistenza di un transatlantico ad alta tecnologia, che garanzie abbiamo per sostenere la tesi ?
Non ci sono barchette in questo libro, pero' c'e' Fiodor Barna che ha poco di piu' di vent'anni e vive un po' come capita, a volte annoiato, a volte disinteressato, a volte appagato.
Bene ? Male non fa a nessuno, un concentrato di serenita' e prendi la vita come viene.
Poi arriva la scintilla dell'amore, e anche le barchette subiscono i capricci del vento.
Una scrittura dal profilo romantico, un velo di sensualita' su labbra rosse e una riga di noir sulla palpebra superiore, forse il trucco c'e' ma non si vede. Intenti a rincorrere chissa' cosa, impegnati a ipotizzare nemici probabili o evoluzioni criminali di non nota matrice, il libro scorre a ritmo piacevolmente sostenuto. Inghiottiti dalle pagine pulite e frizzanti di De Carlo ci accorgiamo alla fine che quel che c'era c'era e quel che non c'era non c'e'.
Bello pero' essere stati pilotati chissa' dove, seppur stando immobili nello stesso posto.
Una localita' sciistica scarseggia di neve e di turisti, la seggiovia completa il suo corso, gira sui rulli ed i seggiolini restano vuoti. Qualcuno non la nota, nulla di strano. Qualcuno si ferma, osserva e riflette: perche' continua a lavorare, se nessuno la usa ?
Scritto molto bene, sarcastico e polemico al punto giusto, questa e' quella che io considero narrativa che intrattiene con intelligenza. Buona lettura.
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Ha scritto di meglio!
Non c'è nulla che realmente non funzioni in questo libro ma è assolutamente al di sotto delle capacità dello scrittore.
I personaggi non hanno nulla di speciale, non rimangono per nulla impressi e probabilmente è questo ciò che da l'impronta negativa al libro.
Lo stile non è comunque male e in particolare le descrizioni funzionano abbastanza bene.
La storia raccontata è nell'insieme abbastanza insignificante.
Detto tutto ciò continuo a considerare questo libro una lettura piacevole. Da leggere quando avete solamente voglia di rilassarvi.
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Uccelli da gabbia e da voliera - Andrea De Carlo
Il giovane Fiodor Barna è davvero strano. Glielo dicono tutte le donne che, in qualche modo, lo incontrano.
“Sei pazzo”, gli dice Livia di fronte alla sua messinscena, quando, proprio sul più bello, Fiodor batte la ritirata e fugge da lei per evitare un rapporto del quale non è convinto.
“Sei ben strano”, conclude Sue, al termine di una relazione extraconiugale con il giovane alla ricerca instabile di una propria identità personale e professionale.
Glielo dice anche Malaidina, la donna della quale è innamorato e che nasconde un segreto. “Sei pazzo”, gli dice, di fronte alla tenacia che il giovane profonde nell’inseguirla, nel ricercarla, nell’immaginarla.
Lo ribadisce la ragazza bruna, messaggera di Malaidina, quando gli porta una notizia che lui non accetta. “Ma sei pazzo?”, gli chiede, mentre lui la strattona.
La stranezza di Fiodor, tuttavia, è normale rispetto al senso di estraneità che caratterizza la sua vita, contraddistinta da un senso di insoddisfazione endemica e dalla devianza di comportamenti che significano ribellione. Più che strani, particolari, molto particolari, sono i suoi approcci con le donne: mentre li vive, li analizza, li seziona, li proietta nella scomposizione di atteggiamenti e fisicità.
E le gabbie, e gli uccelli del titolo? Ricorrono a più riprese.
Ad esempio, fanno la prima comparsa nel bizzarro allevamento di uccelli esotici che il padre detiene a San José, in Costa Rica.
Poi ritornano nel libro illustrato “Uccelli del mondo”, che Fiodor sfoglia con una bambina disinteressata.
Infine ricompaiono in un apparentemente folle progetto al quale il protagonista si abbandona, con gli amici dell’ultimo momento, Elvio e Paola: fuggire in Australia ad allevare cocorite.
Ma le gabbie sono principalmente metafore: “le parole mi sembrano rigide e limitate come piccole gabbie”, “gabbie lunghe e strette per desideri lineari” e così via, gabbie di ogni forma in una delle ineguagliabili riflessioni-divagazioni dell’autore.
Nel finale convulso, Fiodor, più pertinace che mai, si aggira ad Atene, da sonnambulo, con un rasoio tra le mani. E il lettore teme. Ma ci pensa De Carlo, calando il suo “deus ex machina”, in questa storia di ordinaria insoddisfazione e di straordinario sentimento…