Tutti i colori del mondo
Letteratura italiana
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Non ci restano che i colori
Uno sfondo azzurrino, un volto pallido, capelli rossi come il fuoco dello sguardo. Riconosciamo subito la figura, chi non lo conosce? Il titolo parla di colori. Troppo semplice immaginare. "Caro signor Van Gogh", ed ecco che tutte le certezze si incrinano. Chi parla? Vincent dov'è? Questa non è la storia di un grande personaggio, di quelli che lasciano un segno indelebile nel nostro mondo. È il racconto di chi dalla Storia è ignorato, evitato, sconfitto.
Teresa Senzasogni è una ragazzina fatta passare per matta nella città dei matti, Gheel una gabbia dorata dove pazzi e "normali" apparentemente convivono, sono felici e contenti, posso essere pienamente sé stessi. Orfana di una dei tanti diversi del villaggio, viene certificata disturbata per ottenere una dote ed essere affidata ad una delle famiglie più benestanti, dove potersi creare una vita, trovare un marito, fare dei figli. La vita nella città gialla passa tranquilla finché il "fou rou", il matto rosso, non entra prepotentemente nella storia della giovane Teresa.
Il romanzo è strutturato come una lunga lettera. Una lettera d'amore, scritta da una donna ormai devastata, mutata, sconfitta dalla vita. Gli anni della giovinezza sono passati, tutto non è più come prima, l'incontro con Van Gogh ha cambiato tutto. Per sempre. Una lettera che si trasforma in memoriale, confessione, diario, delirio; che ci accompagna con dolcezza, con la pienezza di colori che caratterizzano le terre fiamminghe e le opere di Vincent, fino alle battute finali.
Il velo si squarcia, la semplicità della lingua nasconde il dramma che ci fa riconsiderare tutto il romanzo. Ogni parola ci riaffiora alla mente, ogni battuta acquista un peso diverso. Si apre davanti a noi tutta la fatica della condizione umana.
Montanaro costruisce sul più grande mistero biografico di Van Gogh ("mi sono chiesto cos'è successo in quello spazio di quasi un anno, dal 14 Agosto 1879 al 22 Giugno 1880, nel quale Van Gogh non ha scritto nemmeno una lettera." ci dice in nota al testo) un racconto dolce, emozionale, impetuoso come quei colori pastosi, spessi, vorticosi che rimarranno per sempre.
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Il matto rosso
Libro che inizia in sordina, strutturato con un registro stilistico non frequente, quello di una lettera, che si presenta subito come dolce, lenta e lunga. Racconta di un incontro, in un paese strambo, tra una giovane ragazzina ed un personaggio eccentrico e sgradevole, terribilmente malinconico, aggressivo, irritabile, ruvido e solitario, un fannullone imprigionato in se stesso. Teresa e Van Gogh. E’ una storia di fantasia, in cui l’autore immagina, ricostruendo alcuni tratti della vita del pittore, quale possa essere stato l’inizio della sua follia geniale. Ed attribuisce l’inizio ad un ipotetico incontro con una ragazzina che può aver mostrato a lui la direzione in cui camminare per raggiungere la sua meta, il paese dei colori. Perché nei colori Van Gogh ha trovato una strada universale. Veramente molto belle sono le pagine in cui si esprime la potenza dei colori, che sono una vera forza della natura. Sono pagine eccellenti, soprattutto se le associ ai tratti caratteristici dei quadri di questo pittore. Però la storia che è la tessitura del libro, ovvero la vita di questo paesino, il paese giallo, e l’ambiguità sessuale di Teresa, che si scopre solo nell’ultima parte, declassano decisamente la buona idea iniziale dell’autore. Alla fine siamo di fronte ad un racconto di anime in gabbia, con però poco senso e poco stile.
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Il confine tra normalità e pazzia
Io non conosco il confine tra la normalità e la pazzia. A volte la normalità è permeata di sensibilità esasperata, è un sentire che va oltre le apparenze, fino a spingersi avanti nel tempo, a prevedere eventi non ancora accaduti. In alcuni casi la cosiddetta normalità sfiora la pazzia, la anticipa con comportamenti
che non tengono conto della realtà, ma si rivolgono prevalentemente al proprio mondo interiore.
Noi siamo ciò che pensiamo di essere o la nostra essenza è definita da come gli altri ci vedono, ossia: sono gli altri che ci attribuiscono una determinata caratteristica della mente, come può essere la pazzia o questa è una condizione oggettiva?
Tanti sono gli interrogativi che ci si pone dopo la lettura di questo libro, finalista al premio Campiello. Sinceramente all’inizio mi sono chiesta cos’avesse di particolare questo romanzo per essere inserito in una rosa di selezionati tanto prestigiosa.
E’ una lunga, dettagliatissima lettera, che nella prima parte risulta a volte anche un po’noiosa nel suo lirismo puritano di stampo tardo-ottocentesco, che Teresa scrive a Vincent Van Gogh , ospite per qualche giorno della stessa famiglia di Gheel “il paese dei matti”, Giallo in italiano, dove Teresa è stata accolta.
Teresa è figlia di una pazza morta mentre la metteva al mondo e il dottore che l’ha in cura, per non rinchiuderla in un orfanotrofio, la fa passare ufficialmente per matta affinché possa avere un vitalizio e possa essere accolta come da tradizione da una famiglia del posto.
Teresa si innamora di Van Gogh e intuisce in lui le potenzialità del grande artista. A Montanaro piace immaginare che sia proprio lei a regalargli i primi colori.
Poi c’è una seconda parte, dove la vicenda di questa orfanella, alla prese con il primo e immaginario amore, si trasforma in un incubo kafkiano.
La burocrazia , grazie alla quale Teresa Senzasogni ha usufruito di un assegno che avrebbe dovuto servirle a raggranellare la dote, si vendica rinchiudendola in manicomio, dove subirà ogni genere di esperimento e di tortura, con un epilogo decisamente inaspettato.
Quindi, alla fine mi sono dovuta ricredere e ribaltare le mie prime impressioni. E’ un romanzo tutt’altro che banale, non facile forse, ma tocca alcuni dei temi che mi sono più cari: il peso del destino (della nascita in determinate circostanze con tanto di DNA a reclamare il suo peso ) nella nostra vita, la riflessione sul rapporto tra normalità e creatività.
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I segreti di Gheel
A Gheel in Belgio nel 1864 venivano ospitati da ogni famiglia dei matti.
Si trattava di un'antica tradizione legata alla drammatica vicenda della “principessa-santa” Dimfna alla quale era consacrata la chiesetta
del paesino. Quest'adolescente fuggì dalle braccia del padre, un nobile irlandese, che, accecato dal dolore per la morte della bellissima moglie, desiderava congiungersi carnalmente alla figlia che,crescendo, ne era diventata la copia perfetta. La principessa Dimfna pur di non consumare quest'assurdo incesto, di fronte alla pazzia del padre,grazie all'aiuto di un prete aveva lasciato l'Irlanda e si era rifugiata a Gheel dove però il padre era riuscito a scovarla e,dopo l'ennesimo rifiuto,a ucciderla decapitandola. Da allora era diventata,per tutti i Cristiani, la protettrice dei matti.
In questo paesino giunse un disorientato Vincent Van Gogh che, vagabondando per la Campine belga,dopo un alterco col fratello Theo, per pura casualità si era trovato di fronte alla casa dei Vanheim,una delle famiglie di Gheel deputate ad ospitare alienati, questi ultimi, cadendo in un “qui pro quo”, (credevano fosse il matto inviato dalla struttura sanitaria statale che invece a causa di un incidente occorso alla carrozza sulla quale viaggiava era rimasto nel manicomio)lo ospitano . Del geniale pittore s’innamora perdutamente Teresa Senzasogni,ragazza intelligente e giudiziosa,ospite anch'essa dei Vanheim, figlia di una poco di buono morta pazza che però il medico del paese,il dottor Shepper, in accordo con i Vanheim aveva “adottato” e fatto passare per matta per poterla tenere a Gheel e risparmiarle lo squallore di un orfanotrofio.
Van Gogh però,ospite abusivo della famiglia Vanheim, continuava a vivere in un mondo tutto suo, dove non sembrava trovare posto l’amore, tantomeno qualche interesse per la piccola Teresa che, come ogni donna innamorata,invece non si era data per vinta ed alla fine aveva scoperto come comunicare con quell'uomo tenebroso dai capelli rossi:attraveso i colori,quelli del cielo,della natura,che il pittore catturava con i suoi pennelli.
Fin qui sembrerebbe una storia interessante che descrive con garbo e sensibilità un amore struggente ma non corrisposto, proseguendo però nella lettura scoprirete che sono molti i segreti dei protagonisti di questa vicenda più intricata e accattivante di quanto possiate credere.
I Segreti sono legati a quella costruzione straordinaria del Sé che noi sinteticamente chiamiamo:identità.
Dunque, chi se non Van Gogh, che con i sui 43 autoritratti ha cercato tutta la vita se stesso,poteva farci da guida in questo labirinto metafisico?