Tre donne
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
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Tre esistenze "amorevoli"
Dacia Maraini, autrice che ha firmato capolavori quali La lunga vita di Marianna Ucria che ha raggiunto la notevole cifra di un milione di copie vendute, approda ora in libreria con un nuovo testo dal titolo Tre donne, dove mai titolo fu più emblematico. Le tre donne di cui parla il testo sono: la nonna Gesuina, la figlia Maria e la nipote Lori. Tutte e tre accomunate da un’unica caratteristica: tutte e tre tengono un diario. Lori lo tiene su di un quadernetto ben nascosto in un piccolo incavo della parete di camera sua, la nonna Gesuina possiede un piccolo registratore su cui incide il racconto delle sue giornate e che porta sempre con sé ovunque. Maria, invece, che fa la traduttrice di professione, scrive lunghe lettere, ostinatamente su carta, vergate con la penna stilografica. La nonna Gesuina, ex attrice riciclatasi in “donna delle punture” a domicilio, ha pensieri audaci e umore quasi sempre allegro, fa la casalinga tuttofare. Vorrebbe ancora amore e sembra anche sesso, nonostante l’età non più freschissima, e freneticamente chatta via Internet nella speranza di trovarvelo prima o poi. Infatti:
“Una attrice che fa l’infermiera? E’ tutto da ridere, come dice mia nipote. Ma se in tanti anni di palcoscenico più che a recitare ho imparato a curare le malattie, a fare le iniezioni, cosa ci sarà di storto? Ho un’anima da medico, mi piace curiosare nei corpi malati, mi piace capire il male dove sta, mi piace trovare, anzi direi inventare le cure. (…) Sono la maga delle iniezioni.”.
La figlia Maria scrive al suo corrispondente Francois, lontano registrando con puntiglio sentimenti ed avvenimenti. Lori, invece, diciassettenne inquieta, spesso egoista, ribelle con tatuato sulla schiena un gran drago, non è tanto gentile nei confronti della sua scombinata famiglia, ma è a ben scavare infinitamente tenera.
Un siffatto equilibrio, un po’ instabile, è destinato ad essere sconvolto quando nelle loro tre esistenze irrompe Francois,
“un bell’uomo, i capelli un poco grigi sulle tempie, ma proprio bello, col naso piccolo ed appuntito, gli occhi malinconici grandi e di un colore strano, sul viola, le labbra carnose rosee e sorridenti, due braccia lunghe come quelle di un orangutango, un corpo da atleta e senza pancia.”
E le pulsioni scatenate dall’arrivo del bel maschio in una comunità femminile, inevitabilmente, portano con sé l’irreparabile, ciò che non avrebbe dovuto accadere.
In Tre donne:
“ogni donna è una voce, uno sguardo, una sensibilità unica ed irrepetibile.”.
Il sottotitolo parla di:
“una storia d’amore e di disamore”,
e certamente l’amore è la colonna portante dell’intera narrazione. Amore che è: desiderio, fame, bisogno, mancanza o nostalgia d’amore, e ciascuna delle tre donne vi anela con determinazione, scoprendo tuttavia alla fine che lo cercava probabilmente nel luogo sbagliato.
Infatti la vicenda narrata è:
“una fotografia delle più imprevedibili sfumature del desiderio, vissuto nelle diverse età della vita. Parole che spesso testimoniano la donna che non ha mai smesso di lottare per difendere la forma più pura d’amore: quello per la libertà. Perché solo chi ha vissuto mille esperienze attraversando il mare in tempesta del ‘900, può testimoniare come l’amore sia l’unica bellezza a cui è impossibile rinunciare.”
L’autrice è, infatti, una firma esperta, il libro è uno spaccato femminista e femminile su un universo complicato e variegato, dove non ci sono né proclami né dogmi; ma solo e sempre il ritratto vivido e preciso di tre donne che meritano stima e comprensione. Tre esistenze che si librano alte nel cielo del firmamento con le loro gioie e dolori, passioni e tragedie. Una lettura intimistica di gran fascino.
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Si fa quel che si può
Tre donne sole, che vivono strette strette in un appartamento. tre donne in cerca di amore, di affetto, di calore, così tanto che se lo tengono stretto se ne trovano qualche brandello e fanno di tutto per strapparlo alle altre se se si accorgono che ne stanno nascondendo un po'. Tre donne. nonna, madre, figlia che sono unite da legami di sangue, ma che faticano ad avere legami di altro tipo. forse sono tutte infermiere e allo steso tempo attrici. Capaci solo di recitare e di nascondersi dietro un personaggio. Ma se qualcuno ha bisogno di assistenza allora ecco che l'infermiera si fa spazio: puliscono, accudiscono, e leniscono i dolori.
Dacia Maraini sceglie di raccontarci di queste tre donna attraverso i loro diari. Ognuna delle tre ci racconta i propri pensieri, e commenta quello che fanno le altre. Ne è uscito un romanzo gradevole, forse un po' surreale, ma comunque meritevole di essere letto.
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Garbugli amorosi
Gesuina è la nonna, Maria è la figlia, Lori è la nipote. Tre sono le generazioni a confronto in questo libro che si presenta come un alternarsi, a più voci, di quelle che appaiono quasi come pagine di diario. Tre generazioni di femmine che si sopportano per necessità. Nonna e nipote sono complici. Maria, che fa la traduttrice e vive immersa nei suoi libri, viene vista come la svampita. Anche se delle tre è in assoluto il personaggio più positivo…visti i comportamenti lascivi delle altre due…La trama è un intreccio di tradimenti. Sarebbe banale se non fosse per le ultime pagine che sono un bel colpo di coda. Piacevoli le digressioni sulle tele di Van Gogh, sul caffè e sui tulipani
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Tre pianeti di una costellazione unica
Dacia Maraini è un'affermata scrittrice italiana molto conosciuta anche all'estero che ha sempre narrato di infanzia e del mondo femminile in tutte le sfaccettature.
In quest'ultima opera intitolata proprio “Tre donne” ci parla della vita di una nonna, una mamma e una figlia, tre generazioni sotto lo stesso tetto per necessità, e lo fa in maniera dinamica e piacevole alternando capitoli scritti in prima persona da ciascuna delle protagoniste.
In pratica una 'verità' dei fatti osservata e filtrata, quando, dai vivaci occhi di nonna Gesuina, un'arzilla poco più che sessantenne che odia invecchiare, quando da quelli più pacati e anche fin troppo ingenui di sua figlia Maria, vedova quarantenne innamorata di un coetaneo francese, e infine dalla nipote Lory, studentessa svogliata e irresponsabile di cui, fin dalle prime pagine, è evidente la corposa somiglianza caratteriale con la nonna.
Tre mondi, tre pianeti diversissimi fra loro, perché – come ama ripetere la stessa autrice - ogni donna è un equilibrio, una sensibilità a 'se stante'.
Per il lettore (almeno per me, lo è stato) sarà particolarmente interessante esaminare i vari aspetti della medesima storia di vita narrati da occhi e caratteri differenti.
Che poi, a pensarci bene, una diversa visione e valutazione della stessa cosa è possibile tramite quella particolare empatia che tutti quanti dovremmo avere nelle vite reali, ogni giorno, e che in alcuni – difettando - impedisce di comprendere le altrui realtà e ragioni nascoste creando insormontabili ostacoli (anche quando parrebbero insulsi pulviscoli...), gelosie e muri pericolosamente invalicabili.
Il perdurare nel clichè del non voler cambiare e del mai mettersi in discussione assieme a quell'orrenda scusa “che ci posso fare, tanto sono fatto così...” ma anche lo stesso blindarsi dietro a dubbie scuse o chiudersi a riccio in una propria personalissima visione del circondario, sono tutte azioni che possono, sì, provenire da paure inconsce, egocentrismo o anche semplice pigrizia, ma nel complesso non possono portare altro che a noie, dolore e guai.
Maria ne è un chiaro esempio.
Maria è una donna sensibile, delicata, un'indefessa lavoratrice che non esita a fare nottate sopra ai suoi libri e ai testi, traduce infatti per una casa editrice, ha un fortissimo senso di responsabilità per se stessa e anche per le altre due.
E' un tipo insomma che prende tutto troppo sul serio.
E quando accadrà quella certa situazione (che non vi spammo assolutamente!) si creeranno sconvolgimenti nell'equilibrio (fasullo) di questa famiglia tutta in rosa.
Senza alcuna presunzione e senza voler cadere nella banalità dunque, credo che la Maraini in questo suo ultimo sforzo, intenda più che altro farci riflettere sul senso lato della vita.
La vita che, prima o poi, presenta difficoltà e dolorosi imprevisti a chiunque.
E il superamento, l'andare oltre, lo smussare certi lati disastrati del nostro privato, molto (se non tutto!) dipende dal carattere che ci ritroviamo ma in particolar modo, dalla volontà e dall'impegno che intendiamo spendere.
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Un’attrice che fa l’infermiera?
Le Tre donne di Dacia Maraini sono Gesuina, Maria e Lori: sull’asse di un rapporto familiare di discendenza diretta s’infilano tre generazioni e tre momenti dello sviluppo evolutivo della donna.
Gesuina – che non vuole rinunciare alla propria vitalità (“E io ho l’età che mi sento: trent’anni appena fatti…”) - sembra rappresentare l’energia più autentica, nonostante sia (o forse proprio perché è) la nonna: nel momento di difficoltà consiglia alla nipote di non mentire, sostiene economicamente la famiglia (“Un’attrice che fa l’infermiera?”), non rinuncia alla speranza.
La teenager Lori, un miscuglio di egoismo e di altruismo, incarna la superficialità umorale di una gioventù che non sa rinunciare al piacere del momento (“Questo bambino che Lori vuole chiamare Prometeo”), salvo poi pentirsi (ma non troppo).
In mezzo sta l’età della maturità, quella rappresentata dalla quarantenne Maria che rincorre, nelle traduzioni di Flaubert e in Olanda sulle tracce di Van Gogh, il proprio sogno di felicità e di amore. Su di lei si esercitano le forze contrastanti di madre e figlia. Ne sarà la vittima.
Queste dunque le Tre donne.
E l’uomo?
L’uomo di Dacia Maraini è un fantoccio in secondo piano: coreografico (“Il bel francese si è insediato in casa ed è talmente cortese e pulito e ordinato che non gli si può dire niente”), spesso (fisicamente) impotente, ciononostante impegnato a esercitare l’azione endemica del dominio (“Mi chiedo se noi donne abbiamo introiettato un senso delle convenienze, non dico sociali, ma più profonde, riguardanti il pudore e le consuetudini del sentimento, che gli uomini invece non hanno introiettato, abituati come sono ad appropriarsi dei corpi femminili a loro piacere”).
Giudizio finale: unitario nella poetica della Mariani, dualistico nella contrapposizione uomo-donna, triadico nella polarizzazione nonna-madre-figlia.
Bruno Elpis
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Spaccati di vita
Gesuina, Maria e Loredana, rispettivamente, nonna, madre e figlia, sono le tre donne protagoniste dell’ultimo componimento di Dacia Maraini, persona di grande cultura e acume che ho avuto il piacere di incontrare ed ascoltare a più presentazioni.
Gesuina, ex attrice, ama l’amore e non vi si sottrae nonostante i suoi sessant’anni, circostanza quest’ultima che non è ben vista dalla nipote, la quale, ritiene che al contrario “alla sua età” dovrebbe comportarsi più da nonna e meno da ragazzina.
Maria, traduttrice, è colei che fa da ago della bilancia alla famiglia. Il suo vivere di libri la rende inconsapevole di quel che la circonda, di quel che le accade accanto. E’ apatica, autistica al mondo circostante, soltanto Francois, il grande amore con cui si scambia epistole in forma (ostinatamente ancora) cartacea riesce a riportarla nel mondo dei vivi e a farle battere il cuore.
Loredana, detta Lori, e i suoi piercing e tatuaggio del drago sulla schiena, figlia della predetta interprete, è in piena età adolescenziale, non conosce i valori e non sa gestire i sentimenti e le emozioni, è arrabbiata col mondo, è egoista, si interroga sul futuro e pone in contrasto la sua visione dell’Italia con quella del fidanzatino Tulù. E’ in continua ricerca di attenzioni, che mai arrivano. Al suo interno è timida e tenera.
Ciascuna è accomunata all’altra dai silenzi della quotidianità e dalla redazione di un piccolo diario in cui tutti i fatti e gli avvenimenti della giornata sono annotati con dovizia e cura. Mentre Gesuina li fa propri su un piccolo registratore portatile, Lori li redige su un quadernetto a fiori celato in un incavo della parete della propria camera e, invece, Maria, lo compone come se il suo interlocutore fosse il suo homme francese e dunque lo redige quasi sotto la forma di un’ulteriore missiva in cui annota lunghi pensieri e corpose parole sulle due coinquiline.
Un equilibrio labile e precario, quello descritto, che è destinato a disintegrarsi quando nelle loro esistenze, il grande amore irrompe non più platonicamente, su carta, bensì, in carne e ossa. L’irreparabile si insinua tra le mura della casa e quel che mai sarebbe dovuto accadere, accade. Da qui la mutazione dello scritto, la sua evoluzione. Le protagoniste sono costrette a far buon viso alle funeste circostanze, sono costrette a rimettersi in discussione, a fare i conti con i propri errori e le proprie paure.
Nel breve lungo racconto di Dacia Maraini, tema portante è la difficoltà della comunicazione nella società moderna e nella famiglia mixato, ad un’analisi della società stessa e della sua freneticità nonché a questa grande fame d’amore e di affetto che si palesa nelle anime e nei cuori dei personaggi delineati. Ciascuno ha un bisogno, una mancanza, una voglia di conoscere, una nostalgia di questo sentimento, un sentimento che da ognuna viene cercato nel luogo sbagliato, nel canale errato.
Tre esistenze, tre visioni della realtà, tre spaccati, tre impostazioni femministe e femminili diverse.
Ma se dal punto di vista contenutivo e degli intenti la novellatrice non delude, purtroppo viene spontaneo evidenziare che qualcosa nel testo manca. La sensazione è quella di incompletezza, per quasi 2/3 del romanzo (ovvero sino alla rivelazione dell’irreparabile che porta alla conclusione del componimento in poco più di 40/50 pagine su un volume di 204) ci si domanda dove ella voglia arrivare, cosa ci voglia dire. Molteplici sono le riflessioni che inserisce a più punti, meditazioni che chiaramente vogliono congiungere ad un disegno più grande ma che non sono immediatamente percepibili. Questo e il fatto che l’opera è narrata attraverso l’espediente del diario, rallentano la lettura (che badate bene, si esaurisce in poche ore) e ne fanno perdere di intensità. Sfiancano e quasi annoiano. E per quanto il conoscitore sia sconvolto dalla piega che le vicende prendono, per quanto chi legge sia invogliato all’analisi interiore, non può sopperire e venire meno a questi aspetti, a questi dati.
In conclusione, un libro introspettivo, piacevole ma anche incompleto, un volume che convince a metà. Da leggere ma non, se non si conosce l’autrice, come prima opera perché certamente non rappresenta quella che è la poetica della medesima.
«E’ proprio quello il bello, Lori, la tenerezza ha un suo valore nascosto ma profondo: la lentezza del pensiero, la lentezza della parola, la lentezza della scrittura, il grande privilegio di un tempo di sciatte velocità; la lentezza che pianta i suoi semi nella carne, allunga le radici, cresce, si fa foglia, fiore, albero, il respiro dell’universo.»
«Mi ha molto impressionato questa descrizione e credo di aver capito da quel racconto quale forza possano avere le parole quando diventano musica e pensiero: una struggente e commovente strategia di sopravvivenza» p. 16
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