Thomas Jay
Letteratura italiana
Editore
Alessandra Libutti è nata a Roma nel 1967. È laureata in Storia e Critica del Cinema ed ha collaborato alle riviste «Cinema D’Essai», «Music & Arts» e alla webzine «Granbaol». Vive e lavora a Hertford in Gran Bretagna.
Recensione della Redazione QLibri
IL FOLLETTO RICONOSCENTE
Il protagonista del romanzo della Libutti, Stefano, da bambino, passa le ore “con il naso appiccicato alla finestra a fissare le gocce” di pioggia e “ a immaginarci dentro l’universo intero”, la qual cosa preannuncia il futuro scrittore. Infatti è tale chi sa scorgere l’universo intero in una particella insignificante e tramite il processo creativo rende partecipi gli altri della sua visione. La costruzione di un mondo “parallelo” è una reazione alle frustrazione di un esistenza negata, una sorta di strategia di attacco e difesa come per una partita a scacchi, hobby prediletto da Stefano? Il rapporto arte/ vita è problema complesso, tuttavia i casi come quello di Stefano/ Thomas Jay nella loro schematica esemplarità sembrano darci una facile risposta: l’abbandono dei genitori, la segregazione nella celle di una prigione, l’emarginazione sociale stimolano il talento, basta leggersi “Diario di un ladro”di Genet o “L’educazione di una canaglia” di Bunker per averne conferma. Tuttavia a differenza dei suoi probabili modelli Thomas non descrive l’inferno carcerario né la realtà al di fuori di lui: i suoi libri sono allegorie non realistiche ambientate in isole dove “non sorge mai il sole” o dove tutto “è in bianco e nero”, il cui scopo è far nascere “il sorriso sul volto del lettore”. Coerentemente “Thomas Jay” ovvero la sua supposta autobiografia inviata in forma epistolare ad Ailie, una donna conosciuta un tempo, non è affatto tale: l’ estenuante percorso di autoanalisi dell’anima reclusa in cerca di redenzione inibisce il racconto degli eventi. Stefano in realtà è stato battezzato Thomas Jay da Max, il proprietario di una lavanderia che l’ha accolto ed amato da adolescente: questi è il nome di un folletto che si perde nella notte e non riesce più a ritrovare la strada di casa. Il tuffo nella coscienza del folletto ’ergastolano” non consente alla fine grandi risultati conosciutivi, se non appunto la gratitudine nei confronti di chi ci ha aiutato a trovare ciò che eravamo destinati a trovare.
Indicazioni utili
Vale comunque la pensa di leggere i modelli lontani a cui il romanzo rimanda: le opere di Genet e di Bunker