Tasmania
Letteratura italiana
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Il piano inclinato
Un libro che inizialmente mi è sembrato quasi interessante.
Si parla di tematiche assai rilevanti legate all'ambiente, al clima.
Le vicende però paiono girare su se stesse. Il romanzo non riesce a decollare. Inevitabile dunque il calo di interesse provato.
L'io-narrante è uno scrittore sempre in bilico fra problemi personali e ossessioni planetarie.
Tracce autobiografiche ? Forse sì ma spero il meno possibile.
Una vicenda itinerante tra persone e luoghi diversi.
Ci sono intellettuali, studiosi, giornalisti ... Tutti alle prese coi problemi del pianeta e nel contempo con una vita piuttosto amara, piatta , insoddisfacente.
Una desolante rappresentazione del mondo intellettuale-scientifico-giornalistico di cui il protagonista stesso fa parte.
Circola una forte carenza di valori, carenza di senso, come se l'erudizione, quel sapere settoriale, il razionalismo non avessero prodotto cultura autentica, vita.
Il piatto linguaggio fatto di parole prive di risonanze profonde, esclamazioni neanche più ritenute volgari in quanto così diffuse nel parlato convenzionale del neo-conformismo di massa sono la misera veste che contribuisce alla deprimente sensazione di pochezza.
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La Tasmania come salvezza futura
«Quando un corpo oltrepassa l’orizzonte degli eventi, quel corpo scompare, non se ne sa più niente, e tutto quello che gli accade in seguito è un mistero inaccessibile. Quel corpo potrebbe trovarsi dall’altra parte dell’orizzonte deformato o smembrato, oppure trasformato in qualcos’altro, magari in pura luce.»
Parlare di “Tasmania” di Paolo Giordano significa prima di tutto fare un viaggio all’interno della mente del narratore stesso perché l’opera di cui si va trattando è un componimento che è a metà tra il saggio e l’autobiografia. L’autore parte da se stesso e dal suo vivere, più precisamente da un momento complesso della sua vita, un momento che lo vede non poter diventare padre. Da qui si sposta e il focus si converte su una prospettiva diametralmente diversa perché dalla ricerca del sé l’attenzione viene focalizzata sull’ambiente circostante, su quel che è stato e sul quel che sarà, sulla più grande paura del nostro tempo; la bomba atomica. Giordano, in particolare, inizia a narrare della sua Lorenza e del suo rapporto con questa donna più grande di lui e con già un figlio al seguito. Ciò nella realtà riporta, sempre tra assonanze tra il vero e non vero, alla vita di Giordano legato sentimentalmente a Raffaella Lops, incontrata tra il 2006/2007 alla scuola Holden di Torino e di poi sua agente, editor e moglie e anche in questo caso più grande di lui. Il confine tra verità e finzione è sottile ma capace di far riflettere chi legge. Partendo da questa prospettiva coniugale, che incrina il legame tra il duo, Giordano si sposta in Francia, incontra Novelli e da qui si sofferma sul tema climatico. Osserva le conseguenze delle nostre azioni tra lo ieri e l’oggi, si propone di guardare al futuro e di interrogarsi su quel che sono gli scenari più prospettabili laddove le conseguenze non siano arginate, ed ancora, torna indietro. Torna agli anni di Hiroshima e Nagasaki, torna a Fermi, a Marie Curie, torna ai grandi della Storia che hanno costruito la bomba atomica con il pensiero che sì, l’arma sarebbe esistita, ma probabilmente mai utilizzata. Torna agli anni delle radiazioni, ascolta e si interroga su quelle che sono le introspezioni ed anche le testimonianze dei superstiti. Il tutto suddividendo l’opera di due parti, ciascuna portatrice di un diverso timore e intrisa di quella che è la più pura e semplice fragilità dell’uomo.
«Gli ho chiesto in che senso occuparsi di buchi neri non gli facesse bene e lui, nel rispondere, ha evitato attentamente di incrociare il mio sguardo: Secondo lei, prof, è possibile che una materia di studio prenda il sopravvento su di te?»
Tante le voci narranti che si affiancano a Paolo nella narrazione. Da Lorenza, la moglie che gli porta in eredità Eugenio e che sarà colei che sempre gli starà accanto anche nei momenti di silenzio, anche durante le incomprensioni, anche quando lui dovrà subire un’operazione, essendo questa una figura forte anche nelle proprie paure, a Novelli, radiato dall’Università di fisica per le sue lotte di parità di genere e amante delle nuvole, a Giulio, amico del cuore che vive a Parigi e con un rapporto turbolento con la ex moglie e un figlio piccolo, Adriano, altrettanto problematico perché destinatario dei litigi dei genitori, a Curzia, giornalista conosciuta in un’occasione alternativa con Novelli con cui ha un rapporto altalenante ma che anche lo invidia per la posizione che lo scrittore ricopre, a Christian e ai suoi rami. In quest’ultima figura è racchiusa una delle personalità più interessante del componimento, un giovane uomo che si propone al vivere con tutte le sue paure, insicurezze e timori.
Pensieri e vite che si incontrano tra loro ma che non offuscano mai il pensiero della bomba che sempre ricompare prepotentemente nel pensiero di Giordano. Non a caso l’opera così viene a concludersi, con Paolo che si trova in Giappone con Giulio proprio nei giorni della commemorazione annuale del lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Un ricordare che porta alla conclusione per la quale “scrivo di ogni cosa che mi ha fatto piangere”.
Cos’è davvero la Tasmania? Si tratta di un’isola sita a Sud dell’Australia in uno Stato democratico, con riserve d’acqua dolce e che non ospita predatori. Perché ci sarà da difendersi e quello è un luogo che è “facile” da difendere. E quale miglior luogo ove rifugiarsi e sperare di vivere e sopravvivere in caso di catastrofe nucleare?
Giordano ha scritto un romanzo/saggio stratificato ma non per tutti. Molto è dato da un pensiero che scorre, un flusso di coscienza senza sosta che trattiene ma al contempo allontana. L’opera si apre su riflessioni molteplici che vanno dalla Storia, agli errori compiuti, all’io, alla ricerca del proprio posto in un mondo che sembra essere ormai in dirittura d’arrivo per l’autodistruzione, alle problematiche climatiche, alle radiazioni, a una apocalisse nucleare, alla fisica teorica e così facendo si erge a saggio/romanzo che tratta delle paure del nostro secolo e in particolare sulle bombe atomiche a cui forse riuscire a fuggire rifugiandosi su un’isola irraggiungibile ma forse unica salvezza. Esiste un futuro? Come attenderlo? Cosa aspettarci? A cosa affidarci? L’uomo sarà sufficientemente saggio?
«Nella trasparenza del vetro ho visto la camera di Christian, ho visto le radici dell’ailanto insinuarsi da sotto il pavimento, rompere le piastrelle con i loro nodi in più punti; ho visto i germogli sbocciare e allungarsi, diventare giunchi elastici, poi bucare il materasso e indurirsi sempre di più mentre il letto si riempiva di foglie. Adesso la vegetazione copriva anche le pareti e il soffitto, la stanza era ormai una foresta, le fronde erano scosse ritmicamente dalla musica che saliva dal Mirò, e Christian si trovava lì in mezzo, imprigionato dai rami, dalle specie invasive, dai pensieri invasivi. Non c’era modo di diserbare ormai, poteva solo sradicare. L’ho visto afferrare il primo oggetto a portata, una forchetta lasciata lì accanto, e difendersi con quella. È possibile, prof? […] Secondo lei, prof, è possibile che una materia di studio prenda il sopravvento su di te?»
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Sperare in un futuro migliore?
Paolo Giordano, il quarantenne scrittore torinese con un dottorato in fisica teorica, autore del famoso romanzo “La solitudine dei numeri primi” e vincitore dei premi letterari Strega e Campiello, conferma con “Tasmania” la sua bravura. Il romanzo è una particolareggiata cronaca di vita, un’indagine su un futuro che temiamo, forse non abbastanza, e che più o meno consciamente tentiamo di cambiare con risorse e progetti non sempre condivisi.
Paolo (è l’autore stesso l’io narrante) si rende conto dei pericoli che corre il nostro pianeta: i rapidi cambiamenti climatici (surriscaldamento, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento degli oceani) mai così evidenti come in questi ultimi anni, l’incombente pericolo nucleare, l’instabilità sociale e le guerre avvicinano sempre più rapidamente il nostro mondo, secondo una scala ideata da alcuni scienziati, a quel famoso temuto anno zero, l’anno dell’Apocalisse e della fine di tutto. L’autore appare fortemente preoccupato, amareggiato per il fatto che si corra ai ripari solo saltuariamente e con iniziative singole e poco convinte: i dati scientifici sono noti a tutti, ma tutto sembra procedere affidando sempre ai posteri le soluzioni. E la vita continua, anche per Paolo: una vita che corre su due binari, da una parte le incombenze professionali frammentate in corsi universitari, incontri con amici, viaggi di studio, dall’altra il pensiero fisso al futuro che incombe, l’esplorazione di internet alla ricerca di testimonianze sulle tragedie di Hiroshima e Nagasaki, e di notizie specifiche sugli effetti delle radiazioni e su particolari di vendette terroristiche (una serie raccapricciante di decapitazioni).
Molti, descritti magistralmente, sono i personaggi del romanzo, a cominciare da Lorenza, la moglie che non può più avere figli ma che gli porta in dote un figlio, Eugenio, avuto in precedenza: Lorenza è forte, lo ama profondamente, lo rassicura nei tanti momenti difficili, è una compagna che perdona e rincuora. E poi gli amici: Novelli, docente di fisica, radiato dall’Università per aver scritto, in contrasto con le lotte per la parità di genere, che le donne scienziate sono meno capaci dei colleghi maschi; Giulio, l’amico del cuore, separato dalla moglie e con un figlio piccolo, Adriano; Karol, un prete che si innamora di una ragazza e si confida con Paolo chiedendogli consigli e sostegno; Curzia, una giornalista indecifrabile con cui l’autore ha un rapporto altalenante, sempre sull’orlo di una svolta sentimentale che non si concretizza. Paolo viaggia molto, Parigi e Roma sono le sue mete, dedicandosi nel frattempo a preparare un libro sulla bomba atomica: interviste ai sopravvissuti giapponesi, studi sull’esplosione, sui lampi di luce prodotti, sulla profondità dei crateri, sull’altezza del fungo, sulle radiazioni e sugli scritti di Maria Curie, sulle simulazioni di esplosioni di bombe analoghe nel mondo.
Un pericolo incombe sempre. Paolo lo avverte, lo sente, soffre per l’indifferenza diffusa, anche gli amici a poco a poco si allontanano: Novelli, che, fra l’altro, è uno dei maggiori esperti di nuvole e riesce a carpirne i messaggi nascosti, ricorre per essere riammesso all’università e si comporta in modo sfuggente, Giulio emigra in Sudafrica per un posto di ranger al Parco Kruger, Curzia si dimostra gelosa dei successi di Paolo, che è una firma del Corriere, mentre lei scrive su un giornale meno noto… Solo Lorenza è vicina a Paolo, e lo assiste amorevolmente quando lui si sottopone ad un intervento chirurgico. Ma il pensiero della bomba è sempre presente e ricompare prepotente nel terzo e ultimo capitolo del libro: “Le radiazioni” (i primi due sono titolati “In caso di Apocalisse” e “Le nuvole”). Nell’ultimo breve capitolo, Paolo è in Giappone, accompagnato dall’amico Giulio, per assistere alla commemorazione annuale del lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. La cerimonia si svolge con cerimonie rievocative commoventi, appelli alla pace ed al disarmo, preghiere silenziose, offerte di fiori e liberazione di colombe: i morti, riflette Paolo in una sorta di visione onirica e sdrammatizzante, si polverizzano ma gli atomi continuano ad esistere, ad emettere radiazioni, che potrebbero conservare memoria di quello che è stato ed a far rivivere in un certo senso tutti morti, del presente e del passato… Un sogno, una suggestione che Paolo tiene per sé, senza comunicarla all’amico Giulio, una visione consolatoria, che può indurre alla commozione e ad un pianto liberatorio: del resto, conclude Paolo, “scrivo di ogni cosa che mi ha fatto piangere”.
E la Tasmania del titolo? E’ un’isola a sud dell’Australia, con “buone riserve di acqua dolce, si trova in uno Stato democratico, non ospita predatori per l’uomo e, essendo un’isola, è facile da difendere, perché ci sarà da difendersi…”. E’ il suggerimento di un amico a Paolo, un ultimo rifugio dove sopravvivere in caso di catastrofe ambientale o nucleare. Un sogno ad occhi aperti, un luogo immaginario e quasi surreale: ognuno di noi ha la sua Tasmania dove fuggire, dimenticare, salvarsi cercando protezione e conforto.
Paolo Giordano ha scritto un bel romanzo, dove la frammentazione degli episodi, anche banali, di una vita quotidiana dai ritmi ripetitivi e le riflessioni aspre su temi di fisica teorica e certe paure giustificate di un “peggio” sempre più incombente si fondono in un unicum che sintetizza la vita dell’autore: Paolo esorcizza le paure del nostro secolo scrivendo un saggio sulle bombe atomiche e sognando un’isola irraggiungibile, noi possiamo sperare in un futuro migliore solo confidando nella saggezza degli uomini.