Sto bene. È solo la fine mondo
Letteratura italiana
Editore
Ignazio Tarantino è nato a Monopoli e vive a Firenze, dove lavora nel campo dell’arte contemporanea.
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Armageddon
Consiglio di leggere questo libro partendo dalla fine. Proprio così. Perché nelle ultime due pagine c’è la nota dell’autore, intitolata “dopo la fine del mondo”, in cui ho scoperto che la storia raccontata, che ho ritenuto molto assurda per tutta la durata della lettura, è autobiografica, o meglio un equilibrio tra storia personale dell’autore e storie comunque a lui vicine. E questa scoperta mi ha fatto cambiare completamente prospettiva alla lettura appena terminata. Facendomi riflettere sul fatto che un romanzo che io avevo considerato spento e un po’ assurdo, in effetti è il racconto di dove può spingersi la fragilità umana. E’ infatti il racconto di una sofferenza privata, nata in seno alla propria famiglia, per un padre violento, della cui forza e della cui volontà i figli sono succubi ed è il racconto di un equilibrio fragilissimo, per una madre fredda, che si lascia ammaliare da persone abili a manipolare. La nota finale dell’autore contiene cenni che parlano di perdono. E dopo che hai letto tutto, dopo che hai scoperto che era quasi tutto vero, comprendi che questo perdono è la vera forza di tutto il libro.
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Le catene dell'anima
Rabbia intensa, tristezza, indignazione, dolore, odio profondo ma, più di ogni altra cosa, tantissima angoscia e un forte senso di oppressione. Ecco ciò che mi ha lasciato questo libro.
Perché questo è un romanzo che non si dimentica facilmente, lascia cicatrici indelebili nella mente e nell’anima che non andranno mai via. E’una mano gigantesca che ti afferra, ti stritola per non lasciarti più. Ed è ancora più terrificante sapere che alcuni dei fatti raccontati sono autobiografici.
“Sto bene è solo la fine del mondo” non è altro che la rappresentazione cartacea di quelle catene morali e invisibili che avvolgono certe persone negando loro la libertà, offuscando una personale vista del mondo e togliendo quello che hanno sempre conosciuto.
Ed è proprio quello che si trova a vivere Giuliano che non soltanto deve affrontare le quotidiane ire di un padre violento, alcolizzato e frustrato dalla vita, dal lavoro e dal disagio della povertà, ma, appena bambino, verrà costretto, insieme ai suoi cinque fratelli, dalla madre ad aggregarsi alla “Società”, una setta religiosa paragonabile agli odierni Testimoni di Geova (anche se l’autore non menziona mai la suddetta religione in maniera esplicita e a me è piaciuto credere che potesse trattarsi di una dottrina qualunque).
Per Giuliano, inizia così una vita nuova, che intraprende per l’amore smisurato nei confronti della madre Assunta, una donna molto sola e fragile che nella Società trova la compagnia e le consolazioni che la vita le ha sempre negato (anche se, devo essere sincera, con la sua ossessione a dir poco esagerata per i precetti della religione mi è risultata davvero una grandissima rompiscatole, per non dire una parola peggiore).
Il protagonista dovrà perciò sopportare innumerevoli cambiamenti, infinite rinunce, ma in particolare angosce, dubbi e paure: ogni giorno la fine del mondo potrebbe essere vicina e solo chi si comporta impeccabilmente secondo le regole della Società, senza mai commettere il benché minimo peccato dettato da Satana, potrà salvarsi e ottenere la vita eterna il cui terrore di non raggiungerla è perennemente costante in lui.
Non esistono più giochi, feste, amicizie come nel passato della sua seppur breve infanzia. Non esiste più il mondo. Solo la Società, che viene prima di tutto il resto.
Giuliano quindi, con le ali tarpate, forse anche leggermente incuriosito, costretto dalla madre e dalle rigide imposizioni della nuova religione, vivrà ciò soffrendo parecchio, perdendo i suoi sogni e le sue aspirazioni, provando nostalgia, assistendo a legami che mutano o si deteriorano, subendo privazioni d’ogni tipo, fino ad assuefarsi del tutto alla sua nuova esistenza, fino alla consapevolezza finale…
Quindi, che dire? Mi è piaciuto questo libro? Certo che sì, perché s’imprime con forza, lascia la traccia del suo passaggio, e fa soffrire proprio come soffre il protagonista guidato dall’affetto ma al tempo medesimo schiacciato da obblighi morali e costrizioni che difficilmente sarebbero sopportabili da parte di chiunque.
Alla fine anch’io sono stata avvolta da quelle pesanti catene e non vedevo l’ora di liberarmi, ero perfino sull’orlo della disperazione, ma ero anche felice perché non accade spesso che un libro conquisti e trascini così tanto al proprio interno.
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Una prospettiva estremistica
Credo che questo libro non offra una prospettiva serena, per motivi che trapelano ma in cui preferisco non addentrarmi, ed in ogni caso mostra come le esperienze siano sempre filtrate da una lente soggettiva che è costituita dal vissuto antecedente e dalla psiche dell'individuo, dalle sue relazioni personali, dall'imprinting umano e dalla propria autostima. La scrivente, anche autrice, sta lavorando ad un romanzo che riguarda anche questa religione, vissuta ed interpretata in una chiave positiva e propositiva. Avendo svolto alcuni reportage nei lager nazisti, vorrei ricordare che i testimoni di Geova erano tra i prigionieri dei nazisti. E' prevedibile, di fronte all'imbarbarimento culturale che attraversiamo, che vi siano tristi remake. Come ogni religione, ovviamente, quella dei testimoni di Geova conosce grandezze e miserie, sarebbe demenziale affermare che tutti i preti sono depravati, così come affermare che tutti i testimoni di Geova sono bigotti, così come affermare che gli italiani sono disonesti. Tengo a ricordare che la libertà di religione è sancita da tutte le costituzioni di tutti gli stati civili e che le convenzioni europee considerano le discriminazioni religiose una forma diversa di razzismo, di pari gravità criminale. Se pure posso intuire una sofferenza interiore scaturita da un contesto di esperienze negative, sarebbe stato giusto ricondurre ad un ambiente umano specifico e circoscritto, senza generalizzazioni e connotazioni legate agli aspetti religiosi.
Laurel Condor
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Triste ma c'è una luce in fondo al tunnel
Sto bene. E' solo la fine del mondo è uno dei romanzi opzionati dalle case editrici del Torneo Letterario IoScrittore promosso da Gruppo Mauri Spagnol.
Il romanzo racconta la storia di Giuliano (scritto in prima persona ed unico punto di vista) che a causa della fragilità della madre, della violenza del padre e di alcune tragiche circostanze si ritrova, senza volerlo, a far parte di un movimento religioso (non viene fatto alcun nome) alquanto controverso.
Tutto ha inizio nel 1980, il nostro protagonista ha sei anni e non vive una vita serena: una madre devota alla famiglia ma terrorizzata costantemente dal marito violento, bestemmiatore e che si diverte a tormentare la moglie e ad ignorare i figli (soprattutto Giuliano di cui avrebbe fatto volentieri a meno). Nella seconda parte del romanzo ritroviamo Giuliano frequentare le scuole medie e anche in questo caso l'autore racconta eventi legati a quel periodo. Infine, l'ultima parte vede Giuliano frequentare le superiori alle prese con la prima cotta ma anche davanti ad eventi e scelte molto dolorose.
Ammetto che è una storia davvero triste e angosciante anche se le riflessioni di Giuliano da bambino riescono a strappare un sorriso nonostante il tema serio. E' ben scritto ma ammetto che forse lo avrei sfoltito un po' perché in alcuni punti risulta lento (ci sono alcuni eventi che potevano essere eliminati).
Giuliano è un ragazzo che per gran parte del romanzo non riesce a ribellarsi in alcun modo e si sente in trappola. Il rapporto con i suoi fratelli rimane molto sullo sfondo mentre avrei preferito una maggior interazione tra loro.
Un'aspetto che avrei approfondito è come mai all'inizio il padre è presentato come un uomo violento, capace di trascinare per i piedi un bambino, terrorizza e picchia la moglie poi all'improvviso quando la moglie gli dice che vuole cambiare credo, lui la lascia in pace fino a quando non si trasforma di nuovo in un violento un po' di pagine dopo.
In una nota finale, l'autore tende a precisare che alcune cose accadute al protagonista del libro sono accadute realmente a lui stesso mentre altri fatti li ha osservati da vicino.
Il tema trattato è molto interessante ma per quasi tutto il romanzo ho provato un senso d'impotenza e di angoscia (nonostante il finale non sia amaro) che mi ha intristito.