Stjepan detto Jesus, il figlio
Letteratura italiana
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Il figlio dal male
Ho scelto di leggere “Stjepan, detto Jesus..” dopo che è stato inserito tra i libri presentati per concorrere alla prima selezione del Premio Strega. E’ un libro molto breve, circa un centinaio di pagine, scritto dalla psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi che ci rammenta una delle pagine più atroci della guerra dei Balcani quella degli stupri etnici, trattandola però dal punto di vista delle vittime più innocenti: i bambini nati ma non voluti (odiati) proprio da quegli stupri.
Il romanzo affronta il tema dal punto di vista di un bambino ed è scritto con le parole di un bambino; Stjepan, soprannominato Jesus perché nato proprio la notte di Natale in un istituto di suore cattoliche da Mariaka, ragazza bosniaca musulmana violentata per mesi da un soldato serbo cristiano ortodosso, viene lasciato dalla madre alla bisnonna (abbandonato per non essere odiato) che lo cresce senza nascondergli la verità -”Io ero ferito e insieme ero la ferita e l’arma che continuava a ferire mia madre...”-
Stjepan è un bambino maturo nonostante i suoi nove anni, comunque ben inserito a scuola e amato dai familiari che però, sentitosi sempre orfano pur non essendolo, alla morte della bisnonna va alla ricerca della mamma accompagnato soltanto dalla sua macchina fotografica con cui scatta istantanee di vita e da Tika e Tasko rispettivamente la sua tartaruga e il suo cane. Questo viaggio solitario è uno dei tanti punti inverosimili di questo breve racconto come anche alcuni concetti espressi che non possono proprio appartenere ad un bambino e che tradiscono la mano adulta e sapiente della psicologa.
Nonostante ciò, forse per la semplicità di pensiero del bambino, forse proprio per i sentimenti che esprime, il romanzo ti prende e fa riflettere, molto. Stjepan dopo aver ritrovato la madre andrà anche in carcere a conoscere suo padre biologico proprio per mostrargli che lui, senza colpa, è il frutto indelebile del male fatto, che la sua vendetta sarà non diventare come lui. All’inizio lo tiene a distanza chiamandolo gospodine (signore) ma poi da ometto maturo qual è gli lascia la tartaruga per compagnia.
Anche se tratta di un’atrocità, questa è sapientemente mitigata dall’autrice proprio attraverso lo stile immaturo della scrittura infantile, dalle istantanee che accompagnano i pensieri e il viaggio di Stjepan e anche dal finale intriso di speranza.