Spatriati Spatriati

Spatriati

Letteratura italiana

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Claudia entra nella vita di Francesco in una mattina di sole, nell’atrio della scuola: è una folgorazione, la nascita di un desiderio tutto nuovo, che è soprattutto desiderio di vita. Claudia è inarrivabile e sicura di sé, stravagante, Francesco è schivo, bruciato dalla curiosità erotica, sovrastato da una fede paesana, incerta. Lei lo provoca: lo sai che tua madre e mio padre sono diventati amanti? Ma negli occhi di quel ragazzo remissivo intravede la scintilla della diversità, si riconosce. A Claudia la provincia sta stretta, fugge appena può, prima Milano e poi Berlino, la capitale europea della trasgressione, Francesco resta fermo e scava dentro di sé nel tentativo sempre più urgente di capire chi è. Diventano adulti insieme, in un gioco simbiotico di allontanamento e rincorsa, in cui finiscono sempre per ritrovarsi. Mario Desiati mette in scena le mille complessità di una generazione irregolare, fluida, sradicata: la sua. Quella di chi oggi ha quarant’anni e non ha avuto paura di cercare lontano da casa il proprio posto nel mondo, di chi si è sentito davvero un cittadino d’Europa. Con una scrittura poetica ma urticante, capace di grande tenerezza, dopo Candore Desiati torna a raccontare le mille forme che può assumere il desiderio quando viene lasciato libero di manifestarsi.



Recensione della Redazione QLibri

 
Spatriati 2021-05-18 13:41:27 Antonella76
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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    18 Mag, 2021
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Gli irregolari, gli interrotti, i dispersi...



Mi piace Desiati, mi piace il suo modo di parlare della mia generazione (i quarantenni di oggi), il suo modo di raccontare la mia terra con i suoi odori, colori, tradizioni, modo di pensare, di "mettersi", il suo sguardo aperto verso il mondo, ma sempre, in qualche modo, ancorato alle origini, la dolcezza e la ruvidezza che si incontrano e si scontrano nella sua scrittura dando forma alla reale consistenza della vita.

Un libro di partenze, di ritorni, di amore e sesso vissuti senza il peso del giudizio, di ricerca interiore e liberazione dalle catene mentali.

Spatriati, ovvero "spatrièt?" in dialetto martinese (Martina Franca, paese di origine dell'autore), non sono semplicemente coloro che sono senza patria, che sono andati via, ma sono gli interrotti, gli irrisolti, i disorientati, i dispersi... in un senso più ampio e metaforico.
Possono essere anche i ritornati, quelli che hanno provato a cercare se stessi altrove e non ce l'hanno fatta, e continuano a vivere con una valigia sempre pronta.

È un concetto legato ad un modo di pensare che ti vuole "sistemato" in un luogo fisico e mentale ben incasellato, in un genere ben preciso, in relazioni stabili, con lavori facilmente definibili, e che fatica a comprendere la complessità del sentirsi fuoriposto in ogni luogo, perché ancora alla ricerca della propria identità, dei propri desideri più reconditi.

Ci sono persone affamate di vita, che sentono il bisogno di ampliare i propri confini, di spingersi oltre il limite per poter conoscere e accettare i propri, che hanno necessità di prendere le distanze dalle proprie origini per trovarsi davvero, scevri dall'influenza della famiglia e del "pensiero comune"...
Persone dalla consistenza più fluida che, molto spesso, nello squilibrio, riescono a trovare nuovi equilibri, nuove forme, e non tornano più.
E poi ci sono quelli che non ce la fanno, che sentono forte l'appartenenza, che provano ad allontanarsi, a sperimentare, magari trovando anche una dimensione più grande capace di contenere tutte le sfumature del loro essere e sentire, ma poi immancabilmente ritornano.

Ed ecco che Francesco Veleno (sí, un nome che ritorna da "Il paese delle spose infelici" ? e dalle pagine de "Il libro dell'amore proibito", promosso da soprannome a cognome) e Claudia danno voce a questa generazione che cerca il proprio spazio, la propria identità sociale e sessuale, dando vita ad una relazione che non è amore, non è amicizia, non è sesso, ma è tutto questo e molto altro.
Nessuna etichetta, neanche nei sentimenti.
Lei è proiettata verso la scoperta, ha bisogno di aria, di spazio, di libertà... libertà che troverà prima a Londra, poi a Milano, infine a Berlino.
Lui ha bisogno di lei, invece.
Quindi partirà anche lui, la seguirà, e troverà lì, nella capitale della trasgressione, il coraggio di essere veramente se stesso, senza censure, senza tabù... ma poi tornerà a Martina Franca, spatriato, solo, senza famiglia, ramingo in casa propria.
A casa, ma comunque sradicato.

Alla fine, qui al sud siamo tutti un po' spatriati, quelli che vanno via e anche quelli che restano.






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Spatriati 2023-02-02 12:42:21 Lonely
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Lonely Opinione inserita da Lonely    02 Febbraio, 2023
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Sono solo ragazzi...

Claudia e Valerio sono due amici che vivono, in un piccolo paese di provincia, a Martina Franca in Puglia. La loro turbolenta adolescenza viene ulteriormente sconvolta da una sorta di scandalo familiare, poiché la madre di Valerio diventa l'amante del padre di Claudia.
Claudia che per il padre ha un amore sviscerato, si avvicina a Valerio che, frequenta il suo stesso liceo, soprattutto per conoscere la donna di cui il padre si è innamorato e che le ha tolto quell'attenzione di cui aveva bisogno. Indagando insieme su questo amore, i due ragazzi diventano inseparabili e in particolare Valerio si sente irrimediabilmente attratto da Claudia. Dopo la maturità Claudia capisce che la vita in paese le sta stretta, che la soffoca e decide di spostarsi a Milano per lavorare. Valerio invece apre una piccola attività in paese, un agenzia immobiliare che gli dà soddisfazione a livello economico, fino a quando la criminalità locale non ci mette gli occhi sopra.
I due amici sono sempre in contatto, e Valerio è sempre attratto da Claudia e dal suo modo di vivere fuori dagli schemi, specie quando da Milano, per aver perduto il lavoro, si trasferisce a Berlino. Ed è a questo punto che decide di raggiungerla, e così chiude il suo negozio e parte per Berlino.
Il romanzo, più che di formazione è proprio uno spaccato generazionale (Per buona parte infatti l'ho sentito così distante da pensare di abbandonarlo) e più che una semplice storia di un'amicizia, racconta un dato di fatto: lo spaesamento (se non addirittura sbandamento) dei giovani d'oggi ; narra la mancanza di valori, di ideali, di sogni, e di punti di riferimento. La nostra società non gli permette di realizzarsi e definirsi, perché ancora troppo gretta e provinciale, perché non offre lavoro e quindi stabilità. E i giovani cercano di vivere la loro vita altrove, in qualunque altro luogo, tranne questo; Un posto che gli permetta di essere veramente se stessi, liberi dagli schemi e dalle convenzioni che impediscono quelle esperienze che formano il carattere e fanno crescere e diventare adulti.
Desiati, vincitore del premio Strega, si muove molto bene con una scrittura semplice e fluida, mai banale, cita spesso brani di letteratura e musica dando espressione anche al suo patrimonio culturale. Ma soprattutto sa di cosa parla, perché si intuisce che questo senso di sbandamento lo conosce molto bene
"Spatriato è il participio passato del verbo spatriare, che sta per andar via o, come dice la Treccani, cacciare dalla patria. In alcuni dialetti meridionali, tra cui il martinese, ha altre sfumature, come incerto, disorientato, ramingo, stordito, senza arte né parte, in alcuni casi persino orfano: patria deriva dal latino e significa terra dei padri, dunque lo spatriato può anche essere chi è rimasto senza padre, o chi non l'ha mai avuto."

Il romanzo sembra continuamente preannunciare un risvolto drammatico, fino alla fine, ma proprio il finale ci spiazza e ci regala un filo di speranza inaspettato: entrambi i protagonisti troveranno alla fine il loro posto, qui o altrove non ha importanza, l'importante è conoscere se stessi e capire dove si vuole andare, da li in poi la strada sarà più facile.

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Spatriati 2022-09-20 16:27:55 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    20 Settembre, 2022
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"...eravamo due solitudini perfette, due monadi".

Indubbiamente si resta affascinati dalla scrittura di Mario Desiati, recente vincitore del Premio Strega con questo romanzo. Giornalista, autore di saggi, poesie, presente in antologie e vincitore di altri premi letterari, Desiati è pugliese, di Locorotondo, ma vive a Martina Franca, città che vive e respira nei suoi romanzi, lasciando trasparire il grande amore dello scrittore per la sua terra. Il suo romanzo, a mio parere, è un suggestivo inno d’amore per i luoghi in cui è nato, ora malinconico e dolente, pieno di rimpianti, ora ammirato e profondo, ricco di citazioni e di ricordi. E’ quindi un romanzo d’amore, amore per una terra piena di contraddizioni e di bellezza, non solo, ma anche amore per la libertà, soprattutto la libertà di amare.
Ce lo spiega la storia narrata, una vicenda apparentemente lineare, semplice, ma irta di incomprensioni tra i due principali protagonisti, diversi e nello stesso tempo simili, due poli che si attraggono e si respingono, ognuno con le sue pulsioni, ma sereni solo quando si cercano, si respirano l’un l’altro, trovando nel loro rapporto una serenità altrove persa o dimenticata.
Sono giovani, si chiamano Claudia e Francesco. Vivono a Martina Franca: Claudia è estroversa, ribelle, sogna un futuro diverso, forse lontano dalla terra d’origine ove cercare e provare nuove esperienze, Francesco è più timido, schivo, legato al mondo parrocchiale della sua città, alle funzioni religiose ed a personaggi dai comportamenti a volte discutibili. La rivelazione che Claudia gli fa in modo provocatorio sulla relazione tra il padre di lei, primario ospedaliero, e la madre di lui, infermiera, è un fulmine a ciel sereno che turba Francesco, e mina le sue sicurezze. I due giovani si avvicinano, si frequentano, un legame tenace di amicizia li spinge a stare sempre insieme: passano l’esame di maturità, la frequentazione dell’Università sembra separarli, lei alla Bocconi di Milano, lui a Scienze Politiche a Bari. Lei, che ha già soggiornato a Londra, dopo la laurea si trasferisce più lontano, a Berlino, ove trova lavori saltuari, lui , nelle pause dei vari impieghi, la va a trovare, prima a Milano, poi a Berlino, dove vive con lei nuove esperienze in locali notturni estremi, ove ogni rapporto sessuale è permesso. Sembrano, e forse sono, due anime perse, alla disperata ricerca di un’identità che non trovano: lui sembra trovarla in un amico straniero con il quale stringe un forte rapporto affettivo, lei trova amici e amiche con cui divide l’appartamento e il letto, cercando un rapporto duraturo che possa dare un senso alla disperata ricerca di sé stessa e di una vita più serena, perché “non essere mai sé stessi per tutta la vita è un dolore”.
Trovano la pace solo quando sono insieme: lei provocatoria, lui più timido, ma l’affetto che li lega, condizionato forse dalla provenienza dalla stessa terra, è più forte di ogni altra passione. Sono due “spatriati”, come suggerisce il titolo del romanzo: cacciati dalla patria, secondo la Treccani, ma anche, secondo il dialetto martinese, disorientati, raminghi, storditi. Lontani dalla loro terra, Francesco e Claudia perdono le loro certezze, ma sanno nel contempo che solo guardando lontano possono ritrovarsi e accettarsi anche se “a Martina Franca i cieli hanno maledette unghie affilate e non si può andar via senza graffi”.
Alla fine si ritrovano a Martina Franca. Francesco cerca Claudia, inoltrandosi tra vigne e frutteti, lei sembra nascondersi, poi si incontrano, si scontrano, finiscono a terra, poi restano seduti all’ombra della pergola, leggendo poesie convinti segretamente che ogni verso sia stato scritto per loro. E Francesco, che è la voce narrante, termina così: “cantiamo canzoni e recitiamo versi più vecchi di noi, siamo fuori dal tempo e abbiamo l’illusione di essere salvi”. E’ solo l’illusione, di una effimera pace interiore, sembra volerci dire l’autore: l’importante è però cercare di essere sempre liberi di amare, non importa chi e come, e allontanarsi, come scrive la Ginzsburg in “Caro Michele”, “dalle cose che fanno piangere”.
La scrittura di Desiati, come dicevo all’inizio, è affascinante, ricca di riflessioni profonde e di riferimenti letterari, riguardanti soprattutto poeti e scrittori pugliesi, quali Raffaele Carrieri, Maria Corti, Rina Durante, Maria Marcone, Vittorio Bodini, quest’ultimo forse il più noto e amato, come afferma lo stesso Desiati: le loro opere sono citate qua e là nel racconto, assieme ad altri autori (la de Céspedes, Tondelli, Salinger, Scott Fitzgerald…), quasi ad affermare il potere salvifico della letteratura.. Numerosi sono anche i riferimenti musicali, classici e moderni, che, assieme a quelli letterari, sono minutamente descritti in una lunga nota alla fine del romanzo, intitolata, non a caso, “Note dallo scrittoio o stanza degli spiriti”, a conferma di una minuziosa e dettagliata ricerca non solo bibliografica.
Infine, vorrei citare una riflessione dell’autore che mi ha colpito: ”nelle famiglie non esistono segreti, ma solo dei patti dolorosi, a volte miserabili, a volte irrinunciabili, dei “non detti”. E nei “non detti” ci sono le verità profonde, le crisi, la lotta tra il bene e il male, l’origine delle relazioni e di tutti i traumi”. Ecco, forse anche questi “non detti” hanno spinto Claudia a fuggire lontano dalle sue origini, e Francesco ad inseguirla in cerca di un’agognata salvezza.


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Spatriati 2022-08-22 08:40:27 barbara.g.76
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barbara.g.76 Opinione inserita da barbara.g.76    22 Agosto, 2022
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" Mai contento, mai nel mio centro ...."

Spatriati - Mario Desiati
.
Francesco Veleno e Claudia Fanelli sono i protagonisti di questo romanzo. Lei è alta, ha i capelli rossi, veste con abiti maschili, solitaria e divoratrice di libri. Lui è schivo, incerto, confuso, si trucca di nascosto e fa il chierichetto in parrocchia. Sono figli di due adulteri: la madre di Francesco e il padre di Claudia si sono innamorati nei corridoi dell'ospedale dove lavorano. Diventano Amici, Fratelli, amanti? ... ma per lei Martina Franca è opprimente e comincia a " spatriare" prima a Londra frequentando il quarto anno di liceo, poi frequentando l'università a Milano e infine si trasferisce a Berlino. Lui rimane sempre legato al suo paese, Martina Franca, dove trova sicurezza..tra gli ulivi ed il mare...
.
" Mai contento, mai nel mio centro" - cit. Giacomo Leopardi - recita l'incipit di questo romanzo.
Spatriati ha tanti significati nel dialetto pugliese: rinnegati, sbagliati, incerti, dispersi....
nel senso del libro, "spatriare' significa prendere coscienza della propria identità e fare un viaggio alla ricerca di sé stessi.
È proprio l'inquietudine, il non 'stare bene con sé stessi " che porta i due protagonisti a fare diverse esperienze, a provare mille sentimenti contrastanti, a perdersi, per poi ritrovarsi in età adulta.
È stato per me, un romanzo molto forte, di grande impatto. Ho spesso pensato che l'immaginazione non servisse, tutto è molto descritto in maniera chiara, a tratti dura, quasi come voler "toccare con mano" le situazioni e viverle in prima persona.
Complimenti a Mario Desiati per il Premio Strega!

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Spatriati 2022-08-20 12:03:09 68
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68 Opinione inserita da 68    20 Agosto, 2022
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Quale definizione di se’?

….” Gli Spatriati, come qui chiamano gli incerti, gli irregolari, gli inclassificabili, a volte i balordi o gli orfani, oppure celibi, nubili, girovaghi e vagabondi, o forse, nel caso che ci riguarda, i liberati”…

Una dimensione duale, di amicizia, di amore, di crescita, una relazione maturata all’ interno di famiglie tenute insieme da patti dolorosi, dal non detto, due protagonisti ugualmente diversi, opposti che si attraggono, una dipendenza che lotta oltre il senso di crescita e di abbandono.
Il romanzo di Desiati, recente vincitore del premio Strega, inserisce la vita di Francesco e Claudia in un contesto allargato, di condivisione e di lontananza, alla ricerca di una zona di comfort, personale e relazionale, l’ infanzia segnata da una fragilità persistente.
L’ intreccio erotico-sentimentale dei loro genitori, ( la relazione improvvisa e totalizzante tra la madre di Francesco e il padre di Claudia ), segna l’ inizio di un cammino diverso, che ridefinisca il proprio essere, unito alla sofferenza per una perdita inaccettabile, rincorrendo il fantasma di un affetto negato.
L’ infatuazione di Francesco per Claudia, sin dall’ adolescenza, osteggiata da un’ aura di irraggiungibilità, da una certa ritrosia, dalle proprie debolezze, dallo sfacelo famigliare, dagli amori fragili di lei, oltre che da un futuro che la porterà lontano da casa, prima a Milano e poi a Berlino, evolve in uno stato di inerzia, in attesa di un futuro che possa cambiare, di sentirsi vivo, tuttora ancorato alla città natale ( Martina Franca ).
Un giorno, aspirando a raggiungerla, vorrà essere quello che vuole essere, divorare la vita, oggi è posseduto da ambizioni annebbiate, guarda al futuro con paura e possibilità, al contrario di Claudia, guidata da speranza e determinazione.
Una relazione da lei declinata in uno stato di complicità, un afflato ispirato da musica e poesia, ma a diciannove anni non si può conoscere l’ amore, un percorso a ostacoli, lontananze presenti, un viaggio sentimentale alla scoperta della propria sessualità, per giuoco, per spirito di rivalsa, per compensare un senso di vuoto con la speranza di rivivere il primo amore.
Sopravvive uno spazio interiore che oscura e sostituisce il proprio luogo natio, la Puglia e le sue tradizioni, che li fa sentire a casa altrove, un luogo in cui riporre se’ stessi e le proprie fragilità.
E allora Francesco attende una telefonata di Claudia e auspica il suo ritorno, il senso di una vita vissuta nella reciproca lontananza, due solitudini perfette, ad attenderlo l’ unica patria in grado di riconoscerlo.
Come definire il loro afflato, un istinto condiviso, una forza solidale che …” fa annusare i pensieri l’ uno dell’ altra”,,,? E’ molto più sottile e sofisticato dell’ innamoramento, …” una nazione libera e indipendente che non ha nome “….
Si può lasciare la propria terra per ritrovare se stessi, una migrazione inversa, spatriare per riappropriarsi del senso famigliare, dell’ amore, di tutto ciò che ha un senso di vita. Finalmente a casa lontani da casa, anche se qualcosa è cambiato, e in quella città dove tutto è possibile nulla è più come prima e non può esistere un amore non condiviso.
La definizione di amore cambia, la fuga e l’allontanamento dalle proprie famiglie non serve quando sono loro a non essere mai uscite da noi, marchiate per sempre sulla nostra pelle.
Un romanzo che ci parla di vite irrisolte, del senso di identità, di appartenenza, del desiderio di essere, di amare ed essere amati, delle proprie radici e dello sradicamento da esse, della voglia di crescere, della ricerca di libertà. Tanti temi e sfaccettature, ma tutti irrisolti, complicato definirne il carattere dominante, oltre uno stato confusionale imperante. Partenze, assenze, ritorni, fughe d’ amore, inclinazioni sessuali, solitudine, condivisione, vicinanza, alla fine non si esce da un cerchio involuto di precarietà, un capogiro emozionale in una giostra di sentimenti variopinti.
Permane il desiderio di fuga per tornare a essere, ma da che cosa esattamente e da chi, da se’ stessi, dagli altri, dal passato, da una vita condivisa, dalle proprie paure?
Gli spatriati continuano ad annaspare in un microcosmo di incertezza e di precarietà, in parte voluto, per ritornare all’ origine, da vincitori e da sconfitti, forse liberati, non è dato saperlo.

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Spatriati 2022-08-05 12:23:15 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    05 Agosto, 2022
#1 recensione  -   Guarda tutte le mie opinioni

Chi sono davvero gli spatriati?

I premi letterari sono una chicca per i lettori, da sempre. Sono un modo per scoprire nuovi scritti, sono un modo per riuscire anche a conoscere nuovi volti del panorama letterario da poi, magari, riscoprire ancora una volta anni dopo quali autori, perché no, pluri-affermati con successi e successi alle spalle. Tuttavia, negli ultimi anni, sono proprio i premi letterari ad aver perso maggiormente di forma, forza e intensità. Come se la stessa lingua italiana si fosse adattata e piegata a un nuovo uso e una nuova conoscenza del pubblico medio, più consuetudinario e meno formale, meno erudito e meno incline alla scelta del testo complesso prediligendo quello più “preconfezionato”.
Piccola ma doverosa premessa che ci porta a “Spatriati” di Mario Desiati, opera interessante per gli intenti, parzialmente riuscita nella trama e nel contenuto, formalmente dubitante di se stessa.
Già in “Candore”, classe 2016, ad essere oggetto di trattazione erano stati i corpi, la loro scoperta, la loro riaffermazione. Corpi mixati a pensieri e parole, a uomini che hanno varcato la soglia delle fatidiche quaranta candeline, corpi che si immaginano sposati e consci delle loro responsabilità ma che si dimostrano l’esatto opposto. In Spatriati a incontrarsi sono Claudia e Francesco, a scuola. Lei che si veste da uomo con cravatte e abiti dissonanti con l’epoca attuale, lui con i suoi perché, il suo essere ramengo.
È bene premettere che siamo innanzi a un romanzo volontariamente e chiaramente di autofiction che, per molti aspetti, ricorda la Durastanti con la sua “La straniera”. Ecco, dunque, che la scena si apre con i genitori dei due giovani e il sospetto di una presunta relazione coniugale in cui si ipotizza che il padre di Claudia sia l’amante del padre di Francesco. Nasce dal pettegolezzo il loro legame. Per lei che già si è spostata nel milanese è diverso vivere rispetto a lui e alla realtà di Martina Franca, governata dalla maldicenza

«Di forza per reagire non ne avevo, non rispondevo, ma mi alzavo e me ne andavo, sperando di trasmettere almeno un po’ del fastidio che Claudia avrebbe provato a sentire quei discorsi.»

È possibile uscire da quel piccolo Mondo? Berlino può essere davvero una via d’uscita? Quale strada scegliere? Essere tra coloro che restano e pagano le bollette perché mai si farebbero mantenere da amici e conoscenti berlinesi o scappare, essere tra chi vive dell’avventura, ma solo per raccontarne a chi resta? Chi sono davvero gli spatriati? Sono i senza casa, i senza radici, i disorientati, i ramenghi, sono coloro che se ne vanno davvero o sono coloro che si avvicendano per l’Europa o nel mondo da qualche amico ma per poi tornare, inevitabilmente a casa? Un po’ come quel leitmotiv mencherealliano che ci ricorda il sempre tornare, perché costoro tornano sempre. Non siamo, forse, alla fine un po’ tutti spatriati? Sia chi parte che chi resta?
Tante le premesse, tante le idee, tanti i punti da voler affrontare in un testo che però solo parzialmente arriva. Sia perché a prevalere è un po’ troppo l’autofiction, sia perché a governare queste pagine sono personaggi che arrivano solo in parte, che non coinvolgono pienamente, che sono caratterizzati da un non riuscire a trattenere. A ciò si aggiunge lo stile troppo costruito, poco naturale, artefatto. Un libro che si prefigge di raggiungere i più ma che nel concreto non riesce a lasciare molto e che per questo rischia anche di far dubitare dei premi letterari.

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