Scherzetto
Letteratura italiana
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Riflessioni e bilanci
Un duello impari tra un nonno ultrasettantenne e un nipote di quattro anni, chiusi in un appartamento, praticamente soli. Il vecchio vive da molti anni solo, dopo la morte della moglie, a Milano, trascorrendo il tempo a fare quello che ha fatto una vita intera: illustrare favole e dipingere. E’ stato famoso e adesso vive di rendita non volendo rendersi conto che il tempo è trascorso e con esso anche la sua notorietà. Il confronto con il nipote gli gioca un brutto scherzetto. Fare i conti con se stesso, con la vecchiaia che avanza, con un inaridimento del suo estro creativo. Ritornare nella vecchia casa di adolescente a Napoli fa riemergere i fantasmi, opportunamente sempre repressi, di un ragazzo che poteva imboccare una brutta strada e che invece si è salvato dipingendo. E’ stato un uomo distratto, ha amato, sì, la moglie e la figlia Betta ma distrattamente, non volendo farsi coinvolgere dai sentimenti e dai problemi della vita, rinchiuso nel suo bozzolo fatto di colori, l’unico vero piacere della sua vita. E così la vita è trascorsa e ora si trova a confrontarsi con un nipote che ha visto sì e no due volte, un piccolo ometto in miniatura, che parla come un libro stampato, che sa fare cose impensabili per la sua età, saccente e petulante.
I genitori lo hanno educato in modo sovradimensionato rispetto all’età e in questo piccolo essere c’è il convincimento di saper fare tutto, che si confonde, giustamente, con il suo credere che tutto è un gioco con effetti a volte preoccupanti.
Nonno per forza, infastidito di non poter lavorare alle sue tavole da illustrare, diventa il paradigma di tutte quelle persone che, giunte alla vecchiaia, fanno bilanci sulla vita trascorsa e a volte i conti non tornano mentre, intanto, il tempo si dilata e si stira e si cerca una qualsiasi cosa che ne dia un senso, che faccia ritrovare il piacere di stare soli con se stessi.
Il piccolo Mario fa da contraltare alle paranoie del vecchio illustratore, una bomba pronta a esplodere, troppo compresso nella sua “adultità” prematura e imposta. Quando libera la sua forza di bambino ci è anche più simpatico anche se spiazza il povero nonno che non sa imbrigliare tanta potenza e un poco la invidia.
Un libro che ti fa lo scherzetto di farti riflettere. A volte serve.
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Nonno e nipote un rapporto da costruire
Domenico Starnone in Scherzetto viene a raccontare la durezza dei legami familiari. Un uomo stanco e un nipote petulante e vitale, la tenacia della vita dentro e dopo di noi, la rabbia di invecchiare e la fiducia nel futuro. Quando i genitori del piccolo Mario, quattro anni, partono per un convegno, il bambino viene affidato al nonno, un vecchio illustratore, piuttosto burbero che vive a Milano e per l’occasione si trasferisce a Napoli. Vedovo di Ada, un pozzo di scienza sgorgato dal profondo di generazioni agiate e di ottima educazione, molto amata tanto da non essere riuscito a strapparsela dal corpo e dalla mente. Non sopporta di parlare al bambino autodefinendosi “nonno”.Non sono nonno, sono io. Il bambino è beneducato, e insieme incontrollabile. Tra i due si gioca una partita di alleanze, rivalità e giochi non proprio divertenti. Due maschi si fronteggiano, sangue dello stesso sangue. Tra quattro mura e un balcone si svolge il racconto affilato, perfido e divertente, uno “scherzetto” da camera. E’ il riesame di una esistenza sollecitato da una sorta di competizione con il nipotino saccente. Riemergono episodi di una infanzia difficile, le sicurezze inconsce del presente si sovrappongono a quelle del passato. L’anziano misantropo ed imbranato duella con un piccolo saputello-perfezionista. La lotta è tra la ferocia e la tenerezza con momenti quasi allegri quando “per scherzetto” il nonno viene rinchiuso sul balcone. Mario che ha talento per il disegno proietta l’immaginazione del nonno in un avvenire in cui lui non ci sarà più. I fantasmi fanno i nidi nel futuro. Una confessione-riflessione che trasmette il senso di precarietà, la fugacità della vita, la difficoltà di conservare intriga l’unitarietà dell’essere. Un romanzo tesissimo di uno dei maestri della letteratura contemporanea, insegnante, romanziere, giornalista, sceneggiatore.
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“I fantasmi fanno il nido nel futuro”
Un anziano illustratore di successo in crisi di creatività, misantropo di lunga data. Un bambino di quattro anni saccente e petulante, che conosce un unico gioco, quello di fare l’adulto. Nonno e nipotino vivono in città lontane e di fatto non si conoscono, ma una forzata convivenza li costringerà a trascorrere qualche giorno insieme, soli. Ma chi si aspetta teneri sentimenti e facili buonismi rimarrà deluso, perché sarà una lotta feroce e a tratti dolente, tutta giocata tra passato e futuro.
Perché per l’uno la vita è ormai arrivata alla fase dei bilanci, dei dubbi e degli interrogativi, mentre per l’altro la vita deve ancora cominciare. Daniele Mallarico ha vissuto la propria esistenza sentendosi unico ed eccezionale mentre ora ogni certezza sembra sbriciolarsi davanti a un mondo in cui fatica a ritrovarsi, ad addetti ai lavori che non gli riconoscono più una posizione di privilegio nel panorama artistico, a un bambino a cui le proprie illustrazioni sembrano non dire più nulla. E proprio quel bambino che crede di sapere tutto, costantemente lodato e adulato dai genitori, riporterà alla memoria un se stesso bambino, costringendolo a fare i conti con i fantasmi del passato, con i propri ricordi famigliari e con tutte le possibilità bruciate nell’inconsapevolezza delle proprie scelte. A complicare ulteriormente le cose sarà un disegno, così inconsapevolmente talentuoso, fatto da Mario per gioco, che squarcerà la pienezza di anni di lodi e successo, lasciando una scia di dolorosi interrogativi.
Con straordinaria eleganza stilistica e spietata coerenza, Domenico Starnone mette in scena i nostri difetti, le nostre paure, le nostre cattiverie. Al centro è lo scontro tra un nonno vanitoso e concentrato su se stesso, che prova a fare il nonno ma fatica a sopportare quel bimbo saputello, a tratti mefistofelicamente ostile, ma anche tenero nella sua ingenuità e semplice ricerca d’affetto.
“Scherzetto” è un romanzo stratificato, che sotto alla piacevole lettura di una divertente e originalissima competizione generazionale, offre profondi spunti di riflessione. Sull’umanità, alle prese con lo sgretolarsi delle proprie certezze e della propria identità. E sull’arte, a interrogarsi sull’eccezionalità, il talento e i propri stessi limiti.
“Sentirci unici c'era venuto facile. […] Col tempo però l'eccezionalità era dilagata. Adesso l'eccezionalità è diventata un vocio disperato di massa lungo le infinite rotte delle televisioni e di internet, un'eccellenza diffusa, mal pagata, spesso disoccupata.”
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L'arte come reificazione di uno stato psichico
Qualche volta non ci si sofferma molto a lungo ad esaminare la copertina di un’opera, che pure spesso è determinante nel farci decidere di acquistarla. Di rado riflettiamo sul fatto che quasi sempre è nella copertina la giusta chiave di lettura. E’ quanto accade per l’ultimo romanzo di Domenico Starnone, “Scherzetto”, edito da Einaudi. In sopracoperta, infatti, è riprodotto un olio su tela di Dario Maglionico , parte di una serie di dipinti dal titolo “Reificazione”, titolo, questo, che evoca un concetto filosofico che spesso ritorna in scritti sociologici e letterari. Qui si allude alla trasformazione del linguaggio pittorico nella società contemporanea, nella quale assistiamo a una frammentazione dell’io, a una reale difficoltà di restituire unitarietà all’individuo e al suo pensiero. Ecco perché Maglionico rappresenta soggetti fisicamente incompleti, o viceversa con sovrabbondanza di arti e lineamenti sfocati. Siamo di fronte alla rappresentazione di una drammatica perdita di identità, che si avvia verso una ancor più drammatica scomparsa della sfera psichica dell’uomo. Ed è un mondo altrettanto equivoco nella sua molteplicità di aspetti che Starnone rappresenta nel suo romanzo. Attraverso l’originalissimo espediente del rapporto nonno-nipote, del confronto vecchiaia-infanzia, egli ci propone un personaggio, fiaccato nel fisico, come nell’anima, che riesamina la sua intera esistenza, sollecitato da una sorta di competizione, a tratti stizzosa, con un nipotino saccente e dispettoso. Riemergono episodi di un’infanzia difficile, in un ambiente tendenzialmente malavitoso, ricordi sepolti in un angolo remoto della memoria. Il ritorno nella casa dell’infanzia, per accudire al nipotino, genera in lui un disagio fisico e psicologico, in quel periodo della vita in cui si è quasi certi di aver rimosso le insicurezze. E al contrario le insicurezze inconsce del presente emergono e si sovrappongono a quelle del passato. E’ così che l’anziano si riduce allo stesso livello del bambino, litiga con lui e approfitta della sua autorità per prevaricarlo. D’altra parte il rapporto col bambino gli permette di scoprire lati di sé fino ad allora sconosciuti, o quanto meno fargli acquisire coscienza dei suoi veri e profondi limiti. Lui, sicuro nella sua giovane età, della centralità del suo essere e della sua arte nel mondo, è costretto a rimettere tutto in discussione. Riemerge quel senso di precarietà che aveva conosciuto nell’infanzia e nell’adolescenza. I disegni che aveva ritenuto fossero stati alla base del suo successo come illustratore e come pittore, gli appaiono sotto una nuova luce, mediocri e spenti ed è così che comincia a disegnare figure sfumate, senza volto, con qualche arto in più , come appare chiaro nell’appendice al racconto. Con queste immagini Starnone ci riporta dunque al significato della pittura di Maglionico, compiendo in letteratura lo stesso percorso che il pittore ha sperimentato nell’arte figurativa. Due modi, entrambi efficaci, di rappresentare la fugacità della vita e la difficoltà per l’uomo moderno di conservare integra l’unitarietà del suo essere.