Narrativa italiana Romanzi Rosso nella notte bianca
 

Rosso nella notte bianca Rosso nella notte bianca

Rosso nella notte bianca

Letteratura italiana

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Valtellina. Novembre 1994. Il settantenne Ulisse Bonfanti attende Mario Ferrari davanti al bar e lo ammazza a picconate. E, alla gente che accorre, dice di chiamare i carabinieri, che vengano a prenderlo, lui ha fatto quello che doveva. Erano quarantotto anni che Ulisse mancava da quei monti. Dopo avere lavorato tutta la vita con la madre Giuditta in una fabbrica tessile della Valsusa, è tornato e si è rifugiato nella vecchia baita di famiglia, o almeno in quel che ne è rimasto dopo un incendio appiccato nel 1944. Non un fiato, non un filo di fumo, non una presenza tutto intorno. In questo abbandono, tormentato da deliri e allucinazioni, Ulisse trascorre l’ultima notte di libertà: riposa davanti al camino, cammina nei boschi, rivive la tragedia che ha marchiato la sua esistenza. Dimenticato da tutti, si rinchiude come un animale morente in quella malga dove nessuno si è avventurato da decenni. I ricordi della povertà contadina, della guerra, della fabbrica, delle tragedie familiari, si alternano in una tormentata desolazione. Una desolazione che nasce dal trovarsi nel paese dove, nel 1946, è morta la sorella Nerina. È la stessa Nerina a narrare quanto accaduto. Uno di fronte all’altra, la neve sullo sfondo, Ulisse e la giovane sorella si raccontano le verità di sangue che rendono entrambi due fantasmi sospesi sul vuoto della Storia. Dopo La fabbrica del panico, Stefano Valenti fa della morte violenta di una giovane donna il trauma di un uomo, ossessionato dalla religione, e al contempo il trauma di tutta una stagione civile del nostro paese. Con una scrittura febbrile e allucinata, Valenti evoca passioni, crudeltà, tensioni mai sopite, destini che devono trovare compimento e voce.



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Rosso nella notte bianca 2016-12-16 15:04:57 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    16 Dicembre, 2016
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Sangue e montagna

E’ strano lo stile di quest’autore: una scrittura che sembra allucinata, un turbinio emotivo continuo. E’ un libro che ti lascia proprio addosso la sensazione del turbamento. Difficile però da leggere, nel senso che a volte senti anche quasi un effetto di “respingimento” quando lo prendi in mano, talmente tanto è forte ed aspro, talmente tanto è duro. Sembrano schiaffi. Il libro parla molto anche della solitudine, perché la devi conoscere e te ne devi anche innamorare, se vuoi essere davvero libero. Il libro ci offre schermate di povertà, scenari di guerra, condizioni di lavoro dure, con il tarlo della vendetta che scorre di pagina in pagina.

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