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Ragazzi di vita Ragazzi di vita

Ragazzi di vita

Letteratura italiana

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Il Riccetto, il Caciotta, il Lenzetta, il Begalone, Alduccio e altri sono giovanissimi sottoproletari romani. Sciamano dalle borgate della Roma anni Cinquanta verso il centro, in un itinerario picaresco fatto di eventi comici, tragici, grotteschi. Alternano una violenza gratuita a una generosità patetica: Riccetto salva una rondine che stava per annegare ma non potrà far nulla dinanzi al piccolo Genesio trascinato via dalla corrente dell'Aniene; Agnolo e Oberdan assistono Marcello agonizzante, rimasto travolto dal crollo della sua scuola. La Roma monumentale e quella della speculazione edilizia è lo spazio contraddittorio in cui avviene questa sorta di rito iniziatico di una giornata dei «ragazzi di vita».



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Ragazzi di vita 2020-06-08 09:59:09 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    08 Giugno, 2020
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Nei panni del Riccetto

La miseria è tanta e la pancia è sempre vuota nel mondo delle borgate romane, negli anni del secondo dopoguerra. Eppure, ad accoglierci in queste pagine non è l’asfissiante e annichilente dolore della fame, bensì un’aria di genuino entusiasmo e spontanea vitalità. Riccetto, Agnolo, Marcello e gli altri sono solo dei ragazzini, vivono in catapecchie o scuole occupate e gironzolano tutto il giorno tra sterri fangosi, immondizia e prati carbonizzati in cerca di espedienti. Raccattare ferrivecchi da rivendere. Rubare, a chiunque, persino ai mendicanti. Il tutto per raggranellare qualche lira, magari da bruciare subito dopo con una scommessa, un bagno nel Tevere o una prostituta. Eppure, nel loro mondo primitivo e amorale, c’è spazio anche per gesti di inattesa tenerezza e autentico candore.

Nel corso delle pagine, gli anni passano, i ragazzi crescono e il mondo cambia. Al Centro si respira una nuova aria di ricchezza e persino nelle periferiche realtà del sottoproletariato si materializzano nuove esigenze e nuovi bisogni. Una fame diversa, da placare come si può, senza un lavoro o un progetto di vita, ma strappando i brandelli di quel benessere lontano, raschiando con le unghie un po’ di scorza dorata. Anche le pagine si colorano così di tinte sempre più torbide e opprimenti: compaiono le rivoltelle, le violenze in famiglia, il bullismo, la svendita del proprio corpo. E in questa nuova realtà, ancor più desolata e misera, non c’è più nemmeno spazio per la compassione, ma impera la nuova legge dell’egoismo.

"Ma perché voi beve er latte, mentre hai bevuto sempre l'acqua pura dei ruscelli! de li scoli neri!"

Nonostante, tra le pieghe di un narrato completamente imbevuto nella parlata romanesca, si possa talvolta intravedere la figura dell’autore, stregato nell’osservazione dei suoi ragazzi di vita, il tono con cui vengono raccontati i diversi episodi che compongono il romanzo è sempre neutro, senza abbellimenti e senza spiegazioni. È la verità delle borgate quella che Pasolini ci propone, una verità che parla da sola. Ed è proprio il realismo la vera forza di questo testo, la sensazione di indossare davvero gli inusuali panni del Riccetto e dei suoi compagni. Sono vestiti che calzano stretti, lacerano la pelle e chiudono il petto, ma è il più grande regalo che la letteratura sa farci, quello di permetterci di vedere per qualche ora il mondo da una prospettiva diversa, lontana dal nostro vissuto e dal nostro tempo. Solo apparentemente lontana, forse, perché, nella sua essenza, è una prospettiva in fondo ancora attuale.

“A Pietralata, per educazione, non c'era nessuno che provasse pietà per i vivi, figurarsi cosa provavano per i morti”.

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Ragazzi di vita 2020-05-10 11:33:52 cristiano75
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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    10 Mag, 2020
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Eppure non era romano

Con mia somma sorpresa, vengo a sapere che il Pasolini non era romano, bensì romagnolo.....
Eppure se c'è stato uno scrittore che abbia saputo descrivere in maniera fedele, appassionata, reale e profonda lo spirito e la vita della popolazione di Roma, quello è stato proprio il Pier Paolo Pasolini.
Per mia opinione, egli rappresenta insieme al Moravia (che però romano lo era fin dalla nascita) i due massimi rappresentanti della descrizione della romanità più pura, intesa come modo di vivere, di sopravvivere, di lottare e poi alla fine di cedere alla realtà.
Con una grande differenza: il Pasolini amava le classi povere, i giovani senza speranza di borgata, i reitti, i picari, le prostitute, i ragazzi di vita, i delinquenti dal "core bono", il Moravia, invece soffermava la sua attenzione sui quartieri bene, sui ragazzi di alta borghesia. Prati contro Portuense. Piazza di Spagna contro Ostia centro.
Se si vuol comprendere affondo l'animo di una Roma ormai sparita e dimenticata, superata dal progresso e oramai popolata da una generazione di fanciulli appiattiti dai social network e dagli smartphone, allora ci si deve "sporcare le mani" con questi due scrittori.
"Ragazzi di vita" ha uno stile tipico del Maestro Dostoevskij. La ricerca vana, del perdente, di una via di uscita di un attimo di felicità.
Come il genio russo, che amava visceralmente la meravigliosa e regale San Pietroburgo, il poeta emiliano era talmente affascinato da Roma e le sue borgate, da diventare quasi un fanatico della vita di questi miserabili giovanotti che vagavano senza meta per le strade polveroso e infangate della capitale, negli anni del dopo guerra, quando ancora il boom economico, non aveva fatto breccia nella povertà e disperazione dilagante.
Ci sono scene poetiche e spietate in questo romanzo di vita, come quando questi cenciosi "pischelletti" fanno irruzione in una baracca e la donna che serve loro il caffè si scusa per non avere zucchero ad addolcire la bevanda e il povero giovine le dice che è già tanto se possono gustarsi un caffè nero, servito e caldo.
Oppure i giochi disperati lungo i margini del "biondo" Tevere, che inghiotte da sempre vite e speranze di tanti disperati attratti dalle sue torbide acque per porre fine alla loro vita.

Un paio di sere fa, ho rivisto il capolavoro del regista Pasolini "Accattone".

Altra amarissima riflessione sulle iniquità della vita, che come diceva un mio professore: tutti noi siamo "condannati" o "esaltati" nel nascere da tre fattori determinanti: il contesto sociale ed economico della nostra famiglia, il nostro aspetto fisico e naturalmente lo stato di salute che ci viene dato.

Ecco leggendo Pasolini o vedendo i suoi film si intuisce come a certe condizioni di povertà e ignoranza "atavica" non vi sia possibilità di redenzione.

Leggere Pasolini e Moravia significa fare un viaggio a Roma, un viaggio senza comodità e senza speranza di avere un lieto fine.

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Ragazzi di vita 2017-02-24 15:10:14 Franco Pompei
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Franco Pompei Opinione inserita da Franco Pompei    24 Febbraio, 2017
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Pasolini scopre Roma

Edito nel 1955, “Ragazzi di vita” è il primo romanzo di Pasolini e nasce dall’impatto dello scrittore con la realtà della periferia di Roma, impatto destinato a lasciare, direttamente o indirettamente, il segno su tutta la sua successiva produzione letteraria e cinematografica. Nel 1950 infatti, a seguito di un’accusa di corruzione di minorenni che ne comporta anche l’espulsione dal P.C.I., il poeta è costretto ad abbandonare il piccolo centro friulano di Casarsa della Delizia e a trasferirsi con la madre nella capitale. I primi anni in città sono difficili per Pasolini a causa delle ristrettezze economiche, ma gli danno l’opportunità di conoscere un contesto per lui del tutto nuovo: quello dei ragazzi del sottoproletariato romano, nei quali lo scrittore, al di là della miseria e della violenza, riconosce una primordiale vitalità non intaccata né dal perbenismo borghese di quegli anni né dalla, ancora lontana, azione omologatrice e frustrante (che Pasolini definirà “genocidio culturale”) del neocapitalismo e del consumismo di massa. Questi sono quindi i “ragazzi di vita”: tutti giovanissimi e quasi tutti identificati non da un nome ma da un soprannome, si muovono fra le borgate della Roma dell’immediato dopoguerra e dei primi anni cinquanta dove, accanto alle disperate baracche abitate dagli sfrattati dal centro storico e da sfollati ed emigrati provenienti da mezza Italia, hanno già iniziato a sorgere i primi orrori della speculazione edilizia. Per i “ragazzi di vita” il centro della città è un altro mondo, distante in tutti i sensi e teatro di occasionali incursioni per qualche furto, per qualche “marchetta”, oppure quando decidono di andarsi a divertire “dentro Roma”. Ciò che colpisce in questo romanzo è innanzitutto la notevole padronanza del linguaggio delle borgate romane che Pasolini ha maturato dopo solo cinque anni di vita in città: il romanzo è in italiano ma la struttura sintattica utilizzata è spesso quella del dialetto romanesco, con frequente impiego di parole e locuzioni dialettali e gergali, molte delle quali, peraltro, nel giro di un paio di decenni sono cadute in disuso nelle stesse periferie romane, travolte dall’uniformazione linguistica iniziata dagli anni sessanta in poi (alla fine del libro è presente un piccolo glossario di questi termini a cura dello stesso Pasolini). Altro aspetto evidente, e che anzi costituisce il tratto fondamentale dell’opera, è la netta separazione fra l’universo dei “ragazzi di vita” e quello degli adulti: nei confronti di quelli che in borgata hanno la fama di “guappi” può esserci ammirazione e timoroso rispetto (si vedano, ad esempio, i personaggi di Amerigo e di Alfio Lucchetti); tutti gli altri invece, in particolare quelli di estrazione borghese, sono o “micchi” da borseggiare e rapinare o “frosci” con i quali prostituirsi. Ed è proprio in conseguenza della loro radicale alterità rispetto al mondo adulto “borghese” che i “ragazzi di vita” ne ignorano completamente i paradigmi etici e sociali: sono brutalmente tesi alla soddisfazione di tutte le loro pulsioni primordiali, privi di qualsiasi rimorso per le proprie azioni più crudeli ed, allo stesso tempo, capaci di impeti generosi e spontanei appunto perché non condizionati da ipocriti moralismi e prudenti opportunismi. Emblematica a questo proposito è l’evoluzione del protagonista del romanzo, il “Riccetto” (anche se il termine protagonista forse non è del tutto appropriato perché “Ragazzi di vita” rimane piuttosto un romanzo corale): mentre all’inizio della narrazione, nonostante sia un piccolo delinquente senza scrupoli, non esita a tuffarsi nel Tevere, rischiando di annegare per la forte corrente, pur di salvare una rondine, al termine del romanzo, quando ormai è diventato un giovane adulto ed “ha messo la testa a posto”, ovverosia quando si è uniformato ai canoni della classe piccolo-borghese (alla quale continua tuttavia a non appartenere), sopraffatto dalla paura e dall’egoismo non interviene in soccorso del piccolo Genesio che sta affogando nell’Aniene. Altro mondo del tutto a parte rispetto a quello dei “ragazzi di vita” è quello femminile: donne e ragazze delle borgate conducono un’esistenza completamente separata e spesso ancora più dura di quella dei maschi a causa della violenza di padri o mariti; con ragazze appartenenti a ceti sociali, anche di poco, più elevati ai “ragazzi di vita” è preclusa, in radice, qualsiasi possibilità di approccio; le sole donne che interessano veramente ai giovanissimi personaggi del romanzo sono le prostitute, spesso gravide o anziane, che rappresentano l’unico strumento possibile d’iniziazione e di soddisfazione sessuale. Lo sguardo di Pasolini nei confronti di questi ragazzi è partecipe e commosso, specialmente nei confronti dei più piccoli: ne viene descritta la feroce violenza ma anche, talora con toni addirittura umoristici, la folle spensieratezza con la quale affrontano le miserie ed i pericoli della vita di tutti i giorni e, come nel caso del piccolo Marcello, la rassegnata dignità con la quale si pongono di fronte alla morte.

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Ragazzi di vita 2017-02-02 11:19:33 FrancescoMirone
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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    02 Febbraio, 2017
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La dimensione borgatara

''Ragazzi di vita'', è un titolo che parla da sé. I protagonisti di questo romanzo( a struttura episodica) sono abituati alla vita, precisamente a quella di strada; quella fase puerile concessa a tutti noi non hanno mai potuto viverla poiché essi devono essere in grado di procacciarsi ciò che è necessario al proprio sostentamento quotidiano autonomamente. Il set è una borgata della provincia romana, territorio molto caro a Pasolini, che ne fece oggetto di un attento e scrupoloso studio antropologico, poiché quest'opera è anche uno studio. Dunque, cosa ha spinto l'autore, esponente della borghesia, ad interessarsi alla vita di questi ragazzi senza speranza? Lo scrittore, pur appartenendo al ceto borghese, lo considera ripugnante e rifugge da esso in ogni modo; lo ritiene spregevole poiché legato alla materialità, i borghesi non amano la vita, essi la possiedono, Contrariamente, egli considera i ragazzi della borgata depositari di una concezione di vita piuttosto virile, intrisa di vitalismo, lontana anni luce dalla mefitica aria dei quartieri borghesi.

''Ragazzi di vita'' è dunque un'opera che si presenta come un magistrale affresco di quella classe sociale(ormai scomparsa) che era il sottoproletariato romano del secondo dopoguerra. Le scorribande notturne e le disavventure di questi ragazzi ci riportano ad una concezione di vita genuina che sta per essere disintegrata dall'avvento del capitalismo, avvento che Pasolini aveva previsto, forse proprio per questo l'autore ha voluto scrivere questo romanzo, per rendere i propri personaggi atemporali e salvarli dall'incombente omologazione di massa.

I ragazzi vivono di un edonismo immediato, compiono furti a tutte le ore del giorno e tentano di svuotare le tasche a chiunque incontrino sulla propria strada. Essi vivono anche di ipersessualità, Il sesso è visto come un vero e proprio rito di iniziazione, la conditio sine qua non per entrare a far parte del branco.

Potremmo definire questi ragazzi sfortunati, nascere in un quartiere degradato o meno è questione di mera fortuna. Ma non possiamo nasconderci dietro la fortuna, essa non può determinare tutta la nostra vita. Certo, a volte la condizione di partenza è determinante, perciò, chi ha la possibilità di vivere un'esistenza agiata e serena ha una responsabilità storica, bisogna vivere e amare la vita anche per chi non ha avuto la possibilità di farlo, forse è questo uno dei molteplici significati che l'opera di Pasolini racchiude.

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Ragazzi di vita 2015-12-08 13:40:53 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    08 Dicembre, 2015
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La nuca piena di riccioletti

Ragazzi di vita… ma è la vita di ragazzi del sottoproletariato visto da Pier Paolo Pasolini in un esperimento linguistico che si addentra nelle catacombe della società, costruendo ex novo il romanesco dei ragazzi di vita...
L’ambientazione è quella delle borgate (“In fondo, nel gran tepore, brillavano i lumi delle altre borgate, fino a Centocelle, la Borgata Gordiani, Tor de’ Schiavi, il Quarticciolo”), le zone desolate delle periferie – le stesse ove il poeta perderà la vita - fatte di “praticelli zozzi”, di “viuzze livide” e di “qualche stradetta tutta buche”, nella quotidianità di scene popolane (“Con le donne che venivano a distenderci i panni sull’erba bruciata”) ove prorompe la vitalità spontanea dei ragazzetti (“Tra centinaia di maschi che giocavano sui cortiletti invasi dal sole”) che si tuffano nelle acque livide del Tevere (“I fiumaroli che prendevano il sole sul galleggiante”) e dell’Aniene o raggiungono le spiagge di Ostia (“Il mare sfolgorava come una spada, dietro il carnaio”).

In Ragazzi di vita, Pasolini trascende la propria natura sofisticata d’intellettuale e sbozza la narrazione in qualcosa di primitivo e grezzo, per osservare i protagonisti conservando per loro qualche sprazzo di tenerezza (“la nuca piena di riccioletti”) che si esprime in vezzeggiativi (“un altro maschietto come lui, che veniva avanti allegro come un rondinino”) e immagini (“il ragazzetto… giocando cinguettava allegro”) sempre dipinte senza pennellate retoriche. Così PPP traccia la drammatica parabola che vede il Riccetto transitare dalla pietà genuina (“Era proprio una rondinella che stava affogando”) all’indifferenza vile per un compagno che affoga (“I tre maschietti gli venivano dietro, Genesio, con la pelle di liquerizia e gli occhi di carbone, in disparte, sornione, e gli latri due che trotterellavano come cuccioletti…”), passando attraverso le esperienze più disparate della strada.

Questo esperimento di spogliazione ancestrale e di riproduzione narrativa da una visuale borghese meritava dunque un processo per oscenità?

Giudizio finale: sperimentale, naturalistico, inutilmente messo al rogo.

Bruno Elpis

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Ragazzi di vita 2015-11-19 13:45:23 Lonely
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Lonely Opinione inserita da Lonely    19 Novembre, 2015
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Semo gente de' borgata

Pasolini è stato, ed è tuttora, un personaggio molto controverso: se ne parla sempre tanto e troppo bene o troppo male.
Quello che sappiamo per certo, al di là della sua vita privata, è che era un grande letterato, e un uomo di profonda cultura e conoscenza.
Amava la gente semplice e rurale,in loro intravvedeva quella schiettezza che è propria del candore e dell'innocenza, non ancora corrotta dal consumismo: gente che viveva ai margini della società, in borgate miserrime, in baracche fatiscenti, che con le piogge si allagavano, e diventavano fiumi di fango, nel quale spesso perdevano la vita.
Pasolini amava i ragazzi di quella realtà, e ne ha pagato caro il prezzo. Giusto, sbagliato? non siamo qui a giudicare un uomo, ma in questo caso uno scrittore, perchè prima ancora di questo era un grande poeta.
Ragazzi di vita è un romanzo realista, che descrive queste realtà.
Racconta, con uno stile lucido e crudo, di questi giovani romani e dei loro espedienti per arrivare alla fine della giornata.
Perchè la povertà vive di espedienti e compromessi.
Ai confini della società il limite tra quello che è giusto, o legale, e quello che non lo è, è molto labile, e sconfina facilmente in situazioni che non possiamo estrapolare da quel contesto. Oggi non avrebbe senso. Come oggi non farebbe scandalo l'omosessualità di Pasolini, o vogliamo dire la pedofilia, in un contesto appunto, nel quale la parola pedofilia neanche esisteva, come dice Alberto Arbasino in un intervista con Marco Belpoliti.
Ragazzi di vita è una minuziosa e a tratti sublime descrizione di Roma (da lui che di Roma non era!), delle sue borgate ai margini della città, e dei suoi ragazzi che andavano a fare il bagno al Tevere.
«Dietro il Parco Paolino e la facciata d’oro di San Paolo, il Tevere scorreva al di là di un grande argine pienodi cartelloni: e era vuoto, senza stabilimenti, senza barche, senza bagnanti, e a destra era tutto irto di gru, antenne e ciminiere, col gasometro enorme contro il cielo, e tutto il quartiere di Monteverde, all’orizzonte, sopra le scarpate putride e bruciate, con le sue vecchie villette come piccole scatole svanite nella luce.
Proprio lí sotto c’erano i piloni di un ponte non costruito con intorno l’acqua sporca che formava dei mulinelli, la riva verso San Paolo era piena di canneti e di fratte. Il Riccetto e
Marcello vi scesero in mezzo di corsa e arrivarono sotto il primo pilone, sull’acqua. Ma il bagno se lo fecero piú a mare, un mezzo chilometro piú in giú, dove il Tevere cominciava una lunga curva.
Il Riccetto se ne stava ignudo, lungo sull’erbaccia, con le mani sotto la nuca guardando in aria»
Il Tevere è il centro del romanzo, con il fiume inizia e finisce, come il fiume scorre la vita, ed il fiume è insieme vita e morte, una profonda metafora.
Le vicissitudini dei giovani si snodano in questo percorso, fatto di malavita e criminalità, che a volte se la cava, ma che spesso ne paga il prezzo, più che con la legge, con la morte. Perchè la legalità qui non arriva, perchè la legge rimane nelle aule di tribunale al centro della città, perchè giusto qui è arrivare a sera con la pancia piena, qualsiasi sia il modo di arrivarci.
«Un cieco con le spalle appoggiate al muro e le gambe abbandonate sul marciapiede
chiedeva l’elemosina. Il Riccetto e Marcello si sedettero appresso sull’orlo del marciapiede, per farsi passare il fiatone, e il vecchio, sentendo della gente vicina, cominciò con la sua lagna. Teneva le gambe larghe, e in mezzo c’era il berretto pieno di soldi.
Il Riccetto urtò col gomito Marcello, indicandolo. – Vacce piano, – borbottò Marcello.
Quando il fiatone si fu un po’ calmato, il Riccetto tornò a urtargli il gomito, con aria stizzita, facendogli un gesto con la mano come per dirgli: – Embè, che famo? – Marcello alzò le spalle per dirgli che s’arrangiasse, e il Riccetto gli lanciò un’occhiata di compassione, arrossendo di collera. Poi gli disse piano: – Aspettame laggiú –.
Marcello s’alzò, e andò a aspettarlo dall’altra parte della strada, tra gli alberelli. Quando Marcello fu lontano, il Riccetto aspettò un momento che non passava nessuno, si acco-
stò al cieco, acchiappò la manciata dei soldi dal berretto e filò via. Appena furono al sicuro, si misero a contare i soldi sotto un lampione: c’era quasi mezzo sacco.»
Il lessico, prendo ad esempio quest'ultima riga, è un misto tra la lingua italiana e il dialetto romanesco, quest'ultimo preponderante ovviamente nei dialoghi. Per l'idioma romanesco si fece aiutare da Franco Citti, e c'è una specie di glossario, che spiega i termini usati e sconosciuti a chi non è di Roma, alla fine del romanzo prima dell'appendice.
Il romanzo esce nel 1955, ma queste borgate a Roma sono rimaste fino ai primi anni '80, e se vi fate un giro in periferia ancora oggi ne potete vedere i segni, il degrado è ancora lì, così evidente che si tocca con mano.
Con questo libro Pasolini viene accusato di oscenità e pornografia, per i temi trattati, soprattutto per quello sulla prostituzione minorile, ma verrà poi assolto, anche per la testimonianza di alcuni intellettuali dell'epoca, tra cui Carlo Bo e Giuseppe Ungaretti.

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Ragazzi di vita 2015-08-09 16:44:23 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    09 Agosto, 2015
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Vite naufragate

Narrativa, reportage, saggistica?
Dare una collocazione netta a “Ragazzi di vita” di Pasolini è arduo e forse non esatto.
Un testo documentario che fotografa volti e storie delle borgate romane nell'immediatezza del dopoguerra, dove la vita scorre tra miseria e sottosviluppo.
Il furto, la rapina, la truffa e la prostituzione sono sinonimo di lavoro per gli abitanti delle periferie, luridi tuguri mono-stanza sono usuali e fortunate abitazioni, le strade sono teatro di baruffe, sono i luoghi dell'incontro e del trascorrere la giornata alla ricerca di piccoli espedienti per sbarcare il lunario e mettere un pezzo di pane sotto ai denti.
Vite naufragate, vite corrotte nel cuore e nella mente, vite avulse dal caldo abbraccio familiare, sociale e culturale.

La scrittura è fitta, incalzante, divisa tra descrizioni senza veli dei luoghi e delle situazioni e dialoghi serrati tra i giovani protagonisti.
Il linguaggio che attende il lettore è esclusivamente il gergo romanesco; scelta coraggiosa ma azzeccata per avvolgere di intenso realismo il quadro, per non disperdere la durezza e la disperazione.

Non si tratta di una lettura agevole, non esiste una trama narrativa da seguire, la luce all'orizzonte è spenta e il dolore si leva piano piano dalle pagine fino ad assumere una consistenza quasi materiale.
Denuncia di una società dimenticata dalla società, rappresentazione di piaghe da sanare, scontro tra morale e miseria, questo ed altro è racchiuso tra le righe di questo testo oramai datato, ma ancora maledettamente attuale.

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Ragazzi di vita 2013-08-29 09:06:38 chicca
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chicca Opinione inserita da chicca    29 Agosto, 2013
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saggio de borgata

Ragazzi di vita si tratta di un’ opera scritta da Pasolini nel 1955 , differentemente da “una vita violenta” qui Pasolini descrive la vita di alcuni ragazzi del sottoproletariato urbano con intento più saggistico.
Nel “romanzo” infatti non vi è una vera e propria struttura narrativa che collega tutti gli avvenimenti, i protagonisti sono molteplici, tutti ragazzi giovanissimi che vivono di espedienti volti a soddisfare i bisogni primari quali cibo, sesso, sopravvivenza.
A questi ragazzi capitano avventure di ogni tipo, dalle comiche alle più tragiche, ma questo non pare scalfire minimamente la loro routine, di fronte anche alla morte vengono riassorbiti immediatamente dal ritmo della loro disperata esistenza.
Come in “ una vita violenta” ho trovato quest’opera di Pasolini davvero bella e incredibilmente vera, pensando alla fine che ha fatto il povero Pasolini sembra quasi che in questi romanzi abbia descritto i propri assassini, toccante.

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"una vita violenta"
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Ragazzi di vita 2013-06-02 10:05:53 upsilamba
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upsilamba Opinione inserita da upsilamba    02 Giugno, 2013
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senza protezioni

Leggere questo libro vuol dire essere catapultati nei sobborghi della periferia romana, nel cuore di una Italia del dopo guerra che cerca di ricostruire una propria identità.
Entriamo a far parte di un gruppetto di ragazzi del basso proletariato, che sembrano avere, come unica vera famiglia e casa, solo la strada.
La trama si svolge intorno alle giornate del protagonista, Riccetto e dei suoi “compagni di vita”, al lettore sembra quasi di percepire l’odore, il rumore e i colori della capitale, sembra di essere lì ad ascoltare i dialoghi in dialetto romanesco, a vivere insieme a Riccetto e agli altri ragazzi di strada la banale routine di tutti i giorni che ruota intorno al vagabondare, alla piccola delinquenza, al dormire all’aperto, a legami affettivi molto deboli.
Il lettore può avvicinarsi empaticamente ad ogni personaggio, che appare come vittima di una violenza esterna, intrinseca all’ambiente, violenza che trasforma e impoverisce l’animo umano, il lettore si sente impotente di fronte alla vita che scorre tra le pagine e spesso prova rabbia di fronte all’impossibilità di cambiamento. Le possibilità di vita sembrano infatti essere l’integrazione in una società malata, con le sue periferie sgretolate e sporche o l’annichilimento definitivo.
L'atmosfera del libro: il grigio dei palazzi, la mancanza di possibilità di una vita ricca emotivamente e affettivamente, l'ignoranza e l'assenza di cultura e di un pensiero critico che rendono la vita di ogni giorno sopravvivenza bloccata in una vuota routine, fatta di azioni che sembrano ruotare intorno al vuoto, mi ha ricordato il film "l'odio" di kassovitz.
Pasolini sorprende perchè rimane negli anni di una attualità drammatica, descrivendo uno spaccato di società senza retorica e senza censure, interrogandosi sul vivere senza la protezione di legami affettivi familiari, senza la protezione della cultura, senza la protezione di una società che accolga.
E anche il lettore si sente senza protezioni, messo a nudo, impotente di fronte a una storia che non ci appare così lontana nè nel tempo nè nello spazio.

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Eddy-baby ti amo di Eduard Limonov.
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Ragazzi di vita 2013-02-17 13:09:42 antares8710
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antares8710 Opinione inserita da antares8710    17 Febbraio, 2013
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Il proletariato urbano del Dopoguerra

I protagonisti di questo romanzo sono gli adolescenti delle periferie più degradate di Roma, proletari con alle spalle famiglie distrutte e disperate, che vivono in baracche malfamate e fatiscenti o ritrovi di fortuna.
Questi ragazzi non sono inseriti in nessun contesto sociale; a differenza dei loro coetanei più fortunati, non hanno una scuola o un lavoro come punto di riferimento delle loro esistenze. Loro non giocano mai. Non ne hanno voglia perchè non sono mai stati bambini, perchè non hanno mai conosciuto l'età dell'innocenza. La strada è la loro famiglia, la piccola criminalità è il loro divertimento. Passano le giornate vivendo di espedienti, come rubare oggetti comuni (tombini, copertoni di auto, alimenti) per poi rivenderli nella speranza di ricavarne un guadagno. In loro la malignità, l'arroganza verso i più deboli, le crudeltà gratuite sembrano delle caratteristiche congenite della loro natura: il Riccetto, il Lenzetta, Alduccio, il Begalone, non si rendono conto della loro condotta perchè non hanno una moralità. I loro comportamenti non sono per loro fonte di indignazione o di pentimento, perchè questa è la loro natura e non fanno nulla per cambiarla. D'altronde, la famiglia non rappresenta mai un punto di riferimento ma un luogo da cui scappare: padri violenti o ubriaconi, madri inesistenti, fratelli che entrano ed escono dalla galera, non possono rappresentare mai dei punti di riferimento. Così come la scuola, spesso descritta come una catapecchia abbandonata, non è mai in funzione e viene usata come rifugio per sfollati e delinquenti di strada.
La rabbia, la frustrazione, la miseria, la violenza gratuita e immotivata, popolano le anime di questi personaggi che non fanno nulla per migliorare la loro condizione: per gioco possono decidere di dar fuoco a uno di loro, per pochi spiccioli possono decidere di accoltellare la madre o magari di rubare all'amico più caro. Tutto è violenza e miseria...

Il linguaggio usato è il romanesco fatto di parole smozzicate ed espressioni scurrili che descrivono bene l'ambiente in cui si trovano i protagonisti del racconto. E' una lettura che genera angoscia e richiede una grande attenzione da parte del lettore. Come tutti i racconti pasoliniani, anche Ragazzi di vita è un romanzo che va dritto al cuore, senza intermediazioni, e che ti lascia un sapore amaro in boca. E' impossibile rimanere indifferenti alla scrittura di Pasolini.

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