Questo giorno che incombe
Letteratura italiana
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Un cancello rosso
C’è qualcosa di magico nell'incontro tra realtà e immaginazione. Tra le mani di Antonella Lattanzi verità e finzione si cercano, rincorrendosi e trovandosi in un romanzo dai contorni sfilacciati in grado di attraversare le terre oscure del thriller, sfiorare i confini del racconto d’amore, esplorare l’immensa landa del romanzo psicologico per approdare in una terra sconosciuta, ancora da scoprire. Sono tante le etichette che potrebbero adattarsi sul dorso di questo libro eppure tutte scivolerebbero via, trascinate dall'irruenza delle parole e dalla varietà di emozioni che non si lasciano rinchiudere dagli schemi e dalle regole di un unico genere letterario. Francesca si trasferisce in un condominio nella periferia di Roma insieme alla famiglia. Una bella casa, dei vicini premurosi e tanto tempo a disposizione da dedicare a sogni e progetti chiusi nel cassetto. Un nuovo inizio che profuma di pace e serenità. Ma ben presto la luce di questi giorni si spegne, i colori sbiadiscono e quella patina di perfezione si sgretola sotto i colpi della cruda realtà. La scomparsa di una bambina all'interno di questo piccolo mondo idilliaco smuove il suo labile equilibrio creando uno strappo nella sua anima che sembra non potersi più ricucire. Antonella Lattanzi porta a galla le insicurezze di una madre che rinuncia alle proprie ambizioni per prendersi cura della famiglia, schiacciata dal peso di una vergogna "scura e collosa come la pece", combattuta tra l’angoscia di non essere adeguata e il bisogno di libertà. Con audacia e innovazione la scrittrice barese da vita e personalità ai luoghi trasformando la casa di Francesca nello specchio delle sue paure e tra bisbiglii, ordini, consigli e ammonimenti ci ricorda l’immensa valenza che i luogo hanno su chi li abita. All'interno di quel cancello rosso che protegge il condominio, Antonella Lattanzi descrive un piccolo mondo dove diversità diventa inevitabilmente sinonimo di emarginazione. In questo scenario così dolorosamente attuale anche le parole non dette e quelle sussurrate hanno l’impeto di un grido che può abbattere il muro del silenzio mettendo a nudo il lato oscuro e perturbante di una realtà che ci trasforma in naufraghi in balia di quella tempesta che chiamiamo vita.
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Misteri e verità
Tutto ha inizio con il desiderio di realizzare un sogno: scrivere. Scrivere quel libro da troppo tempo rimandato e al contempo consentire al marito, Massimo, di raggiungere quello scalino sociale in più, quella scalata di carriera tanto bramata. E poco importa se questo significa rinunciare a un lavoro sicuro, all’impiego che conduce da anni con certezza, abilità e competenza. Francesca è davvero sicura di aver trovato il luogo ove vivere felice con la sua famiglia composta, ancora, da due bambine tra loro diverse per età ma anche per carattere. Partono da Milano, i quattro, e con i migliori propositi raggiungono i Giardini di Roma, dove ad attenderli vi è un condominio anticipato da uno sfavillante cancello rosso. I vicini sono uniti come una famiglia, si aiutano a vicenda, sono solidali tra loro, i bambini giocano nel cortile, il pericolo non sembra esistere in questo luogo e al contempo non sembra contemplabile nemmeno l’ipotesi che i nuovi arrivati non si integrino in questo contesto sinonimo di pace e condivisione. È semplicemente il posto perfetto dove vivere, dove cambiare vita, dove ricominciare. Tuttavia, non è tutto oro quello che luccica. Tanti sono gli eventi che si susseguono in quella che è la quotidianità che si instaura, in particolare quella stessa casa con le sue ombre metterà in difficoltà la protagonista che tra vuoti di memoria, persone che parlano e poi scompaiono, bisbigli a cui è impossibile dare un nome, una confusione sempre più grande, rischierà di perdere la propria sanità mentale. A ciò si aggiunga un evento oscuro che colpirà il condominio e che riguarderà la misteriosa scomparsa di una bambina. E se questa bambina fosse una delle sue figlie?
«La mente è una montagna russa che ti porta dritto al cielo e giù nel buio quando vuole, una montagna russa posseduta da una volontà tutta sua che si muove, agisce e respira da sé, e vive. Ma Francesca non conosceva il buio. O lo conosci da sempre o non lo conosci più.»
Ispirato a fatti realmente accaduti, “Questo giorno che incombe” è un titolo che sin dalle prime pagine ricorda quella che è una sceneggiatura televisiva. Vuoi per l’impostazione e le origini dell’autrice, vuoi perché la narrazione è interamente strutturata in tal senso, l’impressione è lampante e vivida. Se dunque si è amanti del genere e di questo aspetto, è sicuro che il libro non mancherà di conquistare. Al contrario lascerà non poche perplessità. I capitoli, a riprova di ciò, sono brevi e caratterizzati da uno stile che ha quale obiettivo quello di condurre per mano in un viaggio nella psiche e nella mente umana. Il conoscitore è incuriosito dalle vicende e desidera conoscere della verità. Eppure, la sensazione che permane per buona parte della lettura è che la scrittrice abbia voluto far troppo mettendo cioè all’interno di un unico volume troppe tematiche e componenti (dalla depressione a seguito del parto, ai rapporti familiari, alla genitorialità, al mistero determinato dalla scomparsa di una minore, ad ambientazioni che vogliono somigliare troppo alle tipiche di King tanto da ripetere il classico cliché di una casa con voci inspiegabili e molto altro ancora) tanto da confondere, sfiancare e anche arrivare a chiedersi dove davvero voglia arrivare a parare. Sicuramente questa è anche una caratteristica dettata dall’essere altresì sceneggiatrice ma certamente influisce sulla piacevolezza della lettura che finisce con il rallentare, diventare farraginosa e rischiare di perdere di vigore. Tanti buoni presupposti di partenza per un componimento che convince soltanto in parte.
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L'incidente
Questo libro è la felice dimostrazione che il genere thriller non rappresenta un’esclusiva americana, perché le atmosfere angoscianti, claustrofobiche, che avvinghiano il lettore alla pagina, si possono sicuramente trovare in questo romanzo “made in Italy”. Gli ingredienti ci sono tutti: un’ambientazione idilliaca immersa nel verde alla periferia di Roma, un condominio moderno e confortevole dove andare ad abitare sembra un sogno ad occhi aperti e dove tutti i condomini ti fanno sentire parte di una grande famiglia allargata. Questa almeno è la prima impressione per Francesca che si trasferisce da Milano in questo paradiso per cominciare una nuova vita con il marito e le due figlie. Ben presto però le sensazioni e le prime impressioni cambiano ed il romanzo assume contorni che ricordano da vicino le suggestioni di “Rosemary’s baby” e del miglior King. Perché dietro alla facciata, il condominio tutto ed i suoi condomini sembrano nascondere qualcosa. Come se questa famiglia allargata fosse in realtà una setta e l’apparente gentilezza dei vicini svelasse un intrico di relazioni e di misteri dalle quali la stessa Francesca parrebbe esclusa. A differenza del marito invece, sempre più lontano da casa per impegni lavorativi, sempre più distante dalla famiglia, assente, ma allo stesso tempo così integrato nella nuova realtà di vicinato che sembra pulsare di una vita propria (“Come se nel cortile ci fosse qualcosa, una cosa strisciante, subdola, un unico reticolo di grosse vene che partivano da un unico cuore e dal cuore raggiungevano, pompando sangue, gli inquilini, l’organismo policefalo che era il condominio del Giardino di Roma”).
Antonella Lattanzi parte da un tragico episodio realmente accaduto nella sua infanzia: “l’incidente” come veniva chiamato all’epoca dei fatti, perché nessuno aveva il coraggio di usare altre parole per definirlo, avvenuto proprio nel condominio nel quale la sua famiglia si era appena trasferita e che inevitabilmente ha condizionato la vita di tutti gli abitanti dello stabile, istituendo un clima di paura e ambiguità del quale nessuno parlava chiaramente. Lo stesso clima che si respira tra le pagine dell’intero libro. Perché “Questo giorno che incombe” ha l’indubbio pregio di definirsi un romanzo disturbante nel senso positivo del termine, in quanto il genere thriller è al servizio di una storia che grazie all’abilità dell’autrice confonde e disorienta il lettore che non mancherà di stupirsi per la varietà dei colpi di scena, e che sicuramente gradirà certe scelte narrative come ad esempio la trovata di “dare voce” alla casa stessa in cui vive Francesca con la famiglia. Ma è altresì un romanzo che declina nella cronaca nera, che fa riflettere sul rapporto tra cronaca-media e su quel modello di comunicazione aggressiva che conosciamo ai giorni nostri. Un sistema malato che non ha rispetto per le tragedie private ed in cui, in nome dell’audience, non si esita nel dare in pasto alla folla urlante immagini e notizie spesso fondate su pregiudizi, alimentando così reazioni popolari che sanno “di giustizia sommaria”, perché l’importante è trovare “un colpevole” anziché il vero colpevole. Infine è anche un romanzo che nell’evidenziare l’angoscia e le preoccupazioni della protagonista mette in primo piano quelle che sono le difficoltà di una madre lasciata alla deriva, alla quale viene chiesto di dedicarsi alla cura dei figli piccoli e per cui cadere in uno stato di depressione (ed anche di tentazione, come capirà chi legge il libro) è assolutamente comprensibile.