Quella vita che ci manca
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
La durezza della vita
E' giovanissima Valentina D'Urbano, eppure una buona linfa narrativa le scorre nelle vene.
Alla sua terza prova, l'autrice si propone di andare al di là di ciò che definiamo degrado sociale, di porre l'attenzione sulle persone, dentro le case, tra quelle intimità domestiche difficili e disagiate.
Una periferia maledetta dove l'erba non cresce più, palazzi fatiscenti fuori controllo, visi torvi e grigi come le mura dei caseggiati, giovani la cui scuola è la strada che li sostenta con attività illecite; un mondo retto da regole dure e inflessibili, un mondo di cui porti il segno nel dna fin dalla nascita, il mondo che ti ha partorito e a cui devi appartenere.
Quell'altro mondo, quello “normale”, dove si lavora con onestà, dove ci si crea una famiglia in piena regola, è troppo lontano, inarrivabile.
Lo spaccato disegnato dalla D'Urbano è aspro, vivido ma senza superflue forzature; la sua penna si concentra sugli occhi e sul cuore di Alan, Anna, Valentino e Vadim.
Fratelli, figli di padri diversi, ma incatenati da un legame che va oltre la dedizione e l'amore, un legame viscerale fino a creare una barriera contro gli uragani di una vita complicata e fuori dai binari.
Il pathos creato da Valentina nel ritrarre la vita amara e coraggiosa dei suoi protagonisti è notevole; il freddo dei luoghi e dell'anima si schianta contro il calore di questi giovani perduti.
Quella dell'autrice non vuole essere un'operazione per giustificare un certo genere di vita; vuole essere il raccontare una storia a tuttotondo con la consapevolezza del male che si annida in tanti contesti sociali, ma allo stesso tempo vuole essere un invito a non fermarsi alla superficie della problematica, perché dietro al termine “degrado” comunemente usato, ci sono dei volti, dei nomi, delle storie, ci sono dei cuori marci e dei cuori da salvare, ci sono persone intenzionate a perseverare e ci sono persone che vorrebbero trovare il sentiero per evadere da quella gabbia.
Un buon romanzo, una scrittura moderna, ricca di dialoghi conditi da un gergo prettamente giovanile; un romanzo che riesce ad arrivare al cuore di chi legge, senza stupire con note eclatanti ma portando tra le righe tanta quotidianità di gesti e di pensieri.
Tanti giovani autori si cimentano su tematiche sociali attuali, tra questi a pieno titolo possiamo annoverare la D'Urbano, che con la sua ultima storia, immortala un pezzo della nostra società e delle nostre città.
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Opinioni inserite: 7
Amore, famiglia e degrado
Dopo “Non aspettare la notte”, la mia seconda prova con Valentina D’Urbano è andata ancora più alla grande.
Scritto come sempre in maniera magistrale, con quel tipico lessico dell’autrice che mischia molto bene la narrazione con le metafore e i sentimenti, “Quella vita che ci manca” ha il pregio di possedere dei bellissimi personaggi, così come un’ottima ambientazione.
Il senso di degrado, abbandono e povertà che caratterizza il quartiere della Fortezza graffia il cuore e l’anima, facendoti diventare un disperato abitante di essa, intrappolato in una vita che non hai scelto, che sei costretto a sopportare ma da cui vuoi uscire a tutti i costi.
Proprio come Valentino, il protagonista, un essere innocente ma la cui innocenza è finita troppo presto, obbligato dalle circostanze a sporcarsi le mani per mantenere la sua disastrata famiglia: il tenerissimo Vadim, ritardato mentale, la delicata e fragile Anna, la madre Letizia, profondamente logorata da una vita che le ha portato via troppe cose e gliene ha date altrettante alle quali non sa far fronte, e ormai incapace di ribellarsi all’autorità di Alan, il terzo dei suoi figli ma come se fosse il più grande. Forse il personaggio più bello e ben riuscito di tutto il romanzo, Alan, violento e aggressivo, dai modi e pensieri bruschi ed estremi ma, nonostante ciò, attaccatissimo alla sua famiglia per cui farebbe qualunque cosa, perfino la più disdicevole, coinvolgendo il fratello Valentino, con cui condivide un legame viscerale.
Tuttavia quest’ultimo, tra degrado, crimini e violenza, trova un filo di speranza nell’amore per Delia.
Un amore intenso, quanto sincero e genuino, che ricorda la tenerezza che suscitano le prime cotte adolescenziali, a prescindere dai vent’anni di lui e i ventisette di lei.
Una vera e autentica meraviglia, che trascende apertamente il pregiudizio di trovarsi di fronte ad un romanzo rosa, dato che la realtà ivi descritta è molto più variegata e complessa.
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Non fate come me, che ho voluto leggere prima questo che mi ispirava di più, pensando che i due in comune avessero solo l’ambientazione, e mi sono così spoilerata da sola e stupidamente il finale de “Il rumore dei tuoi passi”.
Se invece non vi interessa quel libro, o ve ne fregate degli spoiler, buttatevi subito su questo bel romanzo.
appartenenza al di là del legame di sangue
SPOILER - Primo libro per me della D'Urbano, che si è rivelata una piacevole scoperta. Lo stile narrativo crolla un po' nell'ultimo centinaio di pagine, un po' "buttate giù" e a tratti lente, rispetto invece alla parte precedente, molto accattivante e coinvolgente. I personaggi sono un po' alla Ammaniti , caratterizzati da vivere una situazione di disagio a più livelli.....Storia ambientata in un quartiere degradato, si narrano le vicissitudini di 4 fratelli da parte materna, i padri sono invece assenti per motivi che vengono via via spiegati (morte, rifiuto, latitanza all'estero). I principali temi trattati sono il forte senso di appartenenza alla famiglia al di là dei legame di sangue e indipendentemente dalle condizioni di vita (questione messa in evidenza anche dalla solitudine di Delia, di tutt'altra estrazione sociale rispetto ai 4 fratelli) e la possibilità sempre e comunque del riscatto personale, di potercela fare a cambiare rotta, a non rassegnarsi ai posti e alla vita che il fato ci vorrebbe assegnare. E questa possibilità per Valentino di migliorare se stesso dà un senso al dramma che colpisce l'amato fratello Alan.
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Valentina D'Urbano colpisce ancora
Talvolta la vita può essere davvero dura. Valentino e i suoi fratelli lo sanno bene. Vivono alla Fortezza da quando sono piccoli, con la madre. Nonostante abbiano avuto quasi sempre un tetto sopra la testa non sanno cosa voglia dire essere davvero felici. Non hanno idea di che cosa sia la stabilità economica. Non c’è giorno in cui non debbano lottare per non lasciarsi scappare quel poco che hanno. Alan e Valentino sono gli uomini di casa e per questo devono cercare di proteggere anche Anna, la mamma e Vadim, in apparenza ventiquattrenne, in realtà neanche dodicenne. Vadim ha un serio problema che nessun medico può curare. I suoi genitori si sono accorti troppo tardi del suo ritardo mentale e intellettivo. Resterà per sempre un bambino di otto anni intrappolato nel corpo di un ragazzo, di un adulto, di un anziano. Valentino, ventenne con una vita davanti, non ha mai avuto una ragazza, Alan, invece, ne ha conosciute parecchie. Una parte di lui invidia il fratello ma nel complesso lui sta bene dove sta e si dice che non ha di certo bisogno di una donna per essere felice. Questa certezza dapprima vacilla, poi cade completamente quando incontra Delia. Lei ha ventisette anni ed è laureata. Non il tipo di ragazza che si incontra tutti i giorni alla Fortezza. Valentino ha paura, non crede di essere all’altezza, ma l’amore che prova per questa ragazza è così forte che lo costringe a mettersi in gioco. Pur di stare al suo fianco, Valentino inventa tante scuse per non dire quale sia il suo vero lavoro e come sia la sua vita, ma Delia è sveglia, non ci vuole molto perché capisca come stanno davvero le cose. Un romanzo che ti entra dentro e non se ne va più. Un romanzo allo stesso tempo struggente, forte, crudo e incredibilmente ricco di amore e insegnamenti. Niente da dire, Valentina D’Urbano si conferma ancora una volta una scrittrice molto capace, nonché una delle mie preferite.
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Giovani, forti e fragili
E' un romanzo che ti entra dentro. Per lo stile, fluido e profondo, per il linguaggio, quello che riconosci, perché ti appartiene, perché sei nato in un Quartiere, perché la vita l'hai trascorsa nei rioni, per strada. Non puoi non amarli. Non puoi non fare il tifo per Valentino, sperare che riesca a riscattarsi, con la potenza dell'amore. Non puoi non commuoverti per Alan, sentirlo tuo fratello, detestarlo come fratello ma amarlo proprio per questo. Ti entrano dentro, come la polvere che si respira leggendo. Stile spigoloso, ruvido, potente. Sei nella Fortezza, respiri il degrado, la noia, la paura. Il desiderio di riscatto, difficile, sempre in salita. E tu sei con loro. Merito di una scrittura che non si avvale di ricercatezza, ma proprio per questo arriva dritta al cuore. Un ritmo veloce, incalzante, mai noioso. Un linguaggio giovane come la storia che racconta, forte, doloroso e fragile, come la vita che si dipana tra le pagine.
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QUELLA VITA CHE CI MANCA
VALENTINA D’URBANO riparte da dove aveva lasciato Alfredo con “il rumore dei tuoi passi”, ossia in quel sobborgo dove non esistono illusioni, dove spesso manca perfino l’elettricità, dove c’è un solo bar, una sola piazza, un solo punto di ritrovo chiamato “Anfiteatro” e tanta tanta miseria.
Il quartiere è un reticolo di case da cui non puoi assentarti troppo perché hai paura che ti si fiondino dentro, da cui non puoi assentarti perché, in fondo, non hai un altro posto dove rifugiarti.
La famiglia Smeraldo è una delle tante squattrinate famiglie che vive alla “Fortezza”, occupando un appartamento freddo e inospitale, sfasciato dalla rabbia di Alan che, quando non sa come sfogare le sue frustrazioni, se la prende con i pochi mobili rimasti. La famiglia Smeraldo è una famiglia che ha smesso di sperare di meritare una vita migliore, che può contare solo su se stessa, che fa quel che può per tirare avanti ma è una di quelle famiglie che, nonostante tutto, si può definire unita. I fratelli Smeraldo si sentono persi, credono di avere il germe della Fortezza, non tentano più nemmeno di uscire dal vortice dell’autodistruzione.
Eppure Valentino qualche volta pensa a chi dalla fortezza ne è uscito, sì, ricorda quella ragazza un pò troppo aggressiva per i suoi gusti, si chiamava Beatrice. Lei ha deciso di chiudere con quel postaccio e cercare una vita migliore, pulita, legale. Certo anche lei si è portata dietro il suo bagaglio di dolore ma ha trovato la stimolo per fuggire.
Valentino pensa che anche lui potrebbe farcela, potrebbe così salvare Mamma, Anna e Vadim dalla miseria, potrebbe salvare se stesso dalle porte del carcere che tanto spesso gli sono sembrate così vicine e aperte. Potrebbe convincere Alan a seguirlo, a tentare di vivere in modo più pulito, di liberarsi della sua rabbia, del suo dolore, dei suoi abbandoni. Potrebbe ancora farcela a nascondere a Delia chi è realmente ed essere l’uomo che lei pensa di avere al suo fianco.
La D’urbano dopo “il rumore dei tuoi passi”, scrive un’altra storia fortissima. Concentrandosi, questa volta sui legami di sangue, conferisce la forza di una saga a una storia familiare in cui tutti i personaggi hanno una maturità e una solidità tale da poter vivere in modo autonomo all’interno del racconto, si fanno da subito amare perché sono dei disgraziati che creano dipendenza, apprensione e dolore. Sono simpatici, sono autoironici e sono spietati. Non riesci a giudicarli, gli sei vicino fino alla fine, vorresti condurli sulla strada giusta ma alla fine li giustifichi, li accetti.
Lo stile è semplice, scorrevole, tipico di chi vuole arrivare al cuore di tutti ed in particolar modo dei più giovani, credo sia proprio uno di quei romanzi da consigliare a chi ancora deve affacciarsi alle finestre del mondo per averne un’immagine cruda e realistica.
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Una vita dura
Case fatiscenti, lampioni singhiozzanti, strade buie peste, sagome appostate in angoli bui in attesa della botta, chi d’amore, chi di droga. Non è un quartiere abbandonato, è la Fortezza, occupata abusivamente da un popolo senza mezzi e speranze. La criminalità e il degrado sono ad alti livelli, l’unica garanzia è la fedeltà familiare, nella pochezza brilla e si rafforza l’unione, nella disperazione non c’è solitudine.
Lì dentro ci nasci, nessun si trasferirebbe di propria spontanea volontà in un postaccio del genere, peraltro sorvegliato a mano armata da spietati guardiani invisibili. Nasci con il peccato originale più peccaminoso degli altri, sei figlio di uno della Fortezza, occupi il gradino più basso della società, sono affari tuoi, campare è un problema solo tuo, buona fortuna … tanto manco ti sfiora quella, scavalca i muri di cinta e va oltre, verso orizzonti migliori.
Il dna non è un capriccio. Puoi provarci a farti una vita normale, però è un lavoraccio faticoso, uno sforzo quotidiano sfiancante, ma non è impossibile. Stai alla larga dalla droga, dalla delinquenza, dalle schiene fallate e rimboccati le maniche. Manda una preghiera lassù, chiedi che qualcuno guardi giù per un momento soltanto, è sufficiente, puoi ritrovarti oltre la collina con una ragazza a posto. Insieme, graffiandovi, scorticandovi, forse impari l’amore e l’altra vita, quella vera, quella che fa male e bene allo stesso tempo, quella che si srotola ogni giorno con gioie e dolori, ricordarti, più bellezza che bruttezza.
Forse dovrai toccare il fondo, forse dovrai sentirti una bestia, sicuramente dovrai vomitare bile e rabbia, versare sangue e sudore, ma se lo vuoi davvero, forse puoi voltar pagina, non dimenticare mai la tua famiglia, le tue origini, un monito, un bisogno, un dovere, un diritto.
Questo è il seguito (indipendente) del ”Il rumore dei tuoi passi” meno toccante, più speranzoso, crudo e sboccato, in perfetta sintonia con il contesto.
Concludendo, a chi ha apprezzato il primo lo consiglio vivamente, a chi non ha mai letto nulla della D’Urbano lascio un invito alla lettura di realtà sempre più diffuse.
“ Tu sei la mia ferita, sei un nodo che non si scioglie. Tu non sei di questo mondo, non gli appartieni. Questo posto non ti merita, io non ti merito ma non me ne frega niente, è qui che devi restare. Non ti voglio in nessun altro luogo, non posso tollerare che tu sia lontana da me e mi dissangua la tua assenza. É con me che devi stare.”
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Valentino e i suoi fratelli
Storia cruda e molto sentita di 3 fratelli, una sorella , e della loro mamma, tutti inseriti in un contesto sociale difficile e tutti legati a doppio filo , nonostante la vita non abbia regalato loro momenti sempre facili . Chi spicca nella narrazione tra Alan,Anna, Valentino e Vadim è sicuramente Valentino, l'unico avuto da mamma Letizia dal suo secondo compagno poi deceduto. Valentino dimostra da subito una propensione al ragionamento e alla voglia di migliorare che gli altri si hanno , ma che spesso rinnegano in funzione dell'agire d'istinto. S'intrecciano tante storie in questo testo, molto particolare la descrizione dei comportamenti e dello stile singolare che ostentano molti degli abitanti del quartiere in cui abitano i protagonisti, la Fortezza(che poi pagina leggendo si scopre essere un nome di fantasia relativo a periferie romane). La storia d'amore poi tra Valentino e Delia, ragazza di peculiarità totalmente opposte allo stile di vita di Valentino, prende il sopravvento e, a mio avviso, tutti gli altri racconti vengono surclassati da questi avvenimenti. Estrapolo un passaggio emblematico, secondo me, del testo per concludere la recensione
..."Il sangue si lava, non è quello il problema. Il problema sono le cicatrici, che rimangono a distanza di anni ti ricordano chi sei e chi avresti potuto essere, e per questo fanno un male pazzesco"...
Particolare