Quel che ci tiene vivi
Letteratura italiana
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Amore latente
…” Non è vero che capiamo che cosa succede quando muore una madre. Muore e non sappiamo davvero che non ci sarà più. Muore e basta, chiude gli occhi e la gente intorno ti allontana perché sei piccolo. Ma ci vuole una vita intera a capire che una madre è morta. Se poi muore anche il padre insieme alla madre, ci vorrebbero due vite e non si sa come sbrigarsela questa cosa, perché naturalmente non ci sono due vite e allora si resta così, a chiedersi che cosa è successo e a scappare scappare scappare”…
L’unione di due solitudini affettive percorre il nuovo romanzo di Mariapia Veladiano, il solito timbro silenzioso, scarno, poetico, elegante, parole dosate nel proprio senso più vero.
Il protagonista, un giovane avvocato specializzato in diritto famigliare, contrappasso per chi è scampato a una duplice tragedia famigliare e che ha scelto di dedicarsi agli altri, è pervaso da una sensibilità particolare ritornando ogni volta nella casa di una infanzia rubata.
L’ incontro con Bianca, psicologa a sua volta sopravvissuta a un terribile trauma infantile, dedita con ardore alle sofferenze altrui di cui non fa trapelare nulla, si rivela un colpo di fulmine, di fortuna, uno stato di necessità.
Un legame professionale fondato in modo diverso sul potere persuasivo della parola e sulla capacità di ascolto, scivolato da subito nel personale, due anime connesse, corpi a confronto, un dolore atavico condiviso che si autoalimenta e si incastra sottraendosi alle difficoltà del presente.
Un protagonista fragile, vago, disordinato, con un passato frammentato, solo alla ricerca di conferme, che immette nella professione carenze consolidate, cerca di costruirsi la famiglia perfetta, quella che non ha mai avuto, ascolta e soffre, percosso da storie che gli ricordano una dimensione personale eludendo il respiro anaffettivo, quei genitori che lo hanno considerato un errore di percorso, un giovane uomo che fatica a riconoscere gli occhi dell’ amore.
Come si può essere invisibili, avere una famiglia e non sapere che cosa essa sia, occuparsi esclusivamente di relazioni non normali, sentirsi un sopravvissuto, ricordare tutto, la morte nei propri pensieri, un’ ombra che tiene al riparo dall’ abbaglio dei desideri, ogni volta rivivere l’ incubo dell’ abbandono? Come guardare al presente e al futuro, accogliere una vita matrimoniale, desiderare dei figli?
Le voragini affettive sovente sfociano in disastri famigliari, abbandonati dal pianto, la forza di un amore può guarire, proporre una rinascita sentimentale, corrodere la corazza anaffettiva che ci ha rinchiuso in una casa buia che non offre uno sguardo sul mondo.
La vita con Bianca offre al protagonista l’ intensità di un desiderio che si avvera, lo destituisce dall’ analisi guarendolo, sottraendolo alla paura, al dolore di non valere, riaccostandolo a una parte di se’, ma sarà un incontro inatteso, un bambino indifeso con
…” una felpa grigia, scarpe grigie, capelli ricci nerissimi, sguardo di Dio che brucia a fissarlo “….
a ricondurlo al se’ più profondo, a sembrargli
…” me, mille volte me”…
La forza di un amore può restituire alla vita grazie alla conoscenza del dolore, a uno sguardo affacciato sul mondo, riattivando in un gesto ripetuto la memoria di un legame vissuto solo per un momento.
E allora uno sguardo può salvare, c’è chi è vissuto in una scatola, chi è sopravvissuto in un armadio, chi si è trovato…
“ Quel che ci tiene vivi “ è un romanzo costruito su introspezione, sentimenti, relazioni, solitudine, condivisione, identità, salvezza, il potere magico delle parole nel mistero della vita che ci attraversa. Tratti ripetitivi e attimi di leggerezza, il finale insegue un po’ frettolosamente una nevicata bene augurante, la relazione protagonista-bambino pare dissolversi in un attimo di immaterialità per fare ritorno alla vita, un’ attesa che riconosce e alimenta la forza di un amore latente.