Perle ai porci
Letteratura italiana
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L'ALTRA CAMPANA
Lasciare adorna la pagina di "Perle ai porci" di un'unica recensione da 1.3 punti mi sembra piuttosto offensivo verso la narrativa contemporanea (e già da queste due righe credo si intuisca che la mia valutazione è tutt'altro che negativa).
Durante le poche ore che ha richiesto la lettura di questo libro un'aggettivo rimbalzava costantemente nella mia testa: delizioso. Credo sia la parola che meglio si addice alle 214 pagine nelle quali l'autore snocciola diaristicamente 9 mesi passati dietro la cattedra; 9 mesi vissuti "da carogna", la precisazione è necessaria. Un diario sferzante, caustico, iper critico,disilluso, splendidamente iperbolico, tutto in nome di un unico e un solo fine: far ridere. Eh già, è un libro ESTREMAMENTE divertente: rare volte mi è capitato di scoppiare a ridere per qualcosa trovato su pagina scritta, qui non solo l'evento si è verificato, si è reiterato.
Gianmarco Perboni è la meravigliosa nemesi di John Keating: un professore sadico, che per definire l'ignoranza di un suo studente non esita e dire che egli "è passato indenne e incolume lungo otto anni di istruzione", che identifica nella paura il sentimento dominante nella scuola oggigiorno, che vede nel suo lavoro una perdita di tempo...ma qualcuno ha il coraggio di alzarsi in piedi e gridare a gran voce: non è vero, la scuola italiana funziona, istruisce e trabocca di insegnanti appassionati!
Non credo.
Proprio in questo suo essere chirurgicamente spietato, in questa doppia chiave di lettura estremamente divertente ed estremamente scoraggiante sta la bellezza di Perle ai porci: un libro umoristico nella sua accezione più strettamente pirandelliana, o meglio (visti linguaggio e toni adoperati) nella sua dimensione più spassionatamente fantozziana.
p.s. Per trarre le vostre conclusioni su questo libro attenetevi strettamente all'etimologia della parola: aspettate l'ultima pagina; dire che il finale è azzeccato è oltremodo riduttivo.
Indicazioni utili
L'ira funesta...
Questo libro mi ha fatta particolarmente incazzare. Fondamentalmente, Perboni critica tutto e tutti, a partire dal ministero dell'istruzione, a quello del lavoro, per poi passare a uffici scolastici regionali, colleghi, dirigenti scolastici, personale scolastico in generale, studenti e genitori. Un prendi 8, paghi uno, insomma. In tutto questo miscuglio (senza dubbio degno di nota), a chi manca la critica? A se stesso. Ma poco male: posso passare sopra la critica ai colleghi e alla scuola in cui lavora, perchè è un caso specifico; la riforma Gelmini è ormai tristemente nota a tutti, una critica in più ormai non fa differenza.
Quello che mi ha dato veramente fastidio sono alcune uscite davvero poco felici: la prima, che è forse la più importante, in quanto riguarda il metodo di lavoro del nostro professore, è sulla didattica. Ora, cos'è questa magica cosa chiamata didattica? Si potrebbe riassumere dicendo che è la strada che si sceglie di usare per trasmettere metodi e contenuti ai propri studenti. La si applica dalla scuola dell'infanzia all'università ed esistono migliaia di modi possibili per insegnare, direi almeno uno per insegnante. Non è una scienza perfetta, ovviamente, in quanto varia a seconda di tanti fattori. E che cosa dice a riguardo il nostro eroe? Sostiene che serva a redigere un sacco di documenti, scartoffie che nessuno leggerà mai, in una lingua tanto strana che nemmeno gli autori stessi ne capiscono e che è utile solo a togliere tempo all'insegnamento. Non metto in dubbio che lui lo creda davvero (e tanti altri con lui), ma la didattica serve: aiuta a pensare cosa fare con i propri studenti, non solo a livello di contenuti, ma anche di metodo, cosi come i documenti di programmazione servono a farsi un'idea di come muoversi. Ma ovviamente, vent'anni di esperienza non bastano a capirlo.
Altro punto che ho trovato terribile è quello che riguarda l'umiliazione dei propri studenti: il nostro prof racconta un episodio in cui ha chiesto ad una ragazzina quindicenne o giù di li, il motivo per cui abbia portato un certificato medico in cui si dichiara che lei deve poter andare al bagno quando ne ha bisogno. Al di là del fatto che è patetico vietare di andare in bagno in una scuola superiore, perchè mai si dovrebbe chiedere ad una ragazza, a voce alta di fronte a tutta la classe che sghignazza, se rischia di farsela addosso in ogni momento? Se qualcuno lo sa, me lo spieghi, perchè per me è davvero umiliante. Senza contare che se questo è l'unico modo che ha trovato per farsi rispettare, vuol dire che non è poi così bravo come crede (questo tipo di episodi si ripete ed è proprio lui a dare come ricetta funzionante per gestire la classe l'umiliare gli studenti, manca un minimo di autocritica).
Inoltre, sarà che ho 20 anni e che sto studiando per diventare insegnante, sarà che mi riempiono di belle parole in università, ma non mi è per niente chiaro perchè ce l'ha con gli insegnanti "idealisti". Francamente, sono persone che amano il loro mestiere, che percepiscono l'insegnamento come un processo importante nella vita di una persona e che vogliono dare il meglio per i propri studenti: che c'è di male in questo? Ma d'altronde scopriamo anche perchè il nostro eroe insegna:ci dice che nessun altro mestiere è adatto a lui, in quanto non saprebbe vendere nulla (il che mi fa venire in mente una frase che recita più o meno "Chi sa fa, chi non sa fare insegna": ho sempre pensato che fosse falsa, ma non ne sono più tanto sicura).
Infine, condivido una perla, che mi ha fatto rizzare i capelli in testa per un quarto d'ora buono: "La scuola NON deve insegnare cosa si fa nel mondo del lavoro, men che meno seguendo direttive impartite da quest'ultimo; a scuola si insegnano le materie scolastiche e, se lo si fa bene, l'applicazione pratica degli insegnamenti verrà di conseguenza.
Punto."
Complimenti, Giovanni Gentile sarebbe fiero.
Se vi è piaciuto, vi prego, spiegatemi perchè: io riesco a trovarci del buono solo se lo penso come guida per capire come NON insegnare.