Narrativa italiana Romanzi Perché non sono un sasso
 

Perché non sono un sasso Perché non sono un sasso

Perché non sono un sasso

Letteratura italiana

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Lasciata la facoltà di filosofia, Matteo Gemmi, con poca convinzione e nessuna ambizione, cerca lavoro: vende prima abbonamenti alla tv satellitare, poi assicurazioni sulla vita porta a porta. Infine opta per dei corsi di formazione con scarsi risultati e nessuna conseguenza. Ma è proprio durante i due periodi di prova, che comincia a "curiosare nei microcosmi altrui", soprattutto quelli delle persone "normali", con un posto fisso, un mutuo, una famiglia e le vacanze da organizzare. La curiosità diventerà presto la sua occupazione principale: Matteo decide di passare la vita a pedinare le persone, con regolarità, annotando eventi e impressioni. Ed è durante uno dei suoi pedinamenti che incontra l'anziano signor Alunni, in un bar, che lo guiderà in esperienze ai limiti del parossismo.



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Perché non sono un sasso 2015-05-09 16:46:52 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    09 Mag, 2015
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Bravo Gianni!

Gianni Agostinelli, esordiente del Calvino, ci regala questo romanzo scritto in prima persona il cui protagonista Matteo Gemmi è un giovane Holden all'italiana: disoccupato, scazzato, con poca iniziativa, un personaggio che si lascia vivere, che ha perso il mordente e probabilmente la speranza di riuscire a fare o immaginare o inventare qualcosa di nuovo, le cui giornate sono tremendamente uguali le une alle altre, come anche le settimane scandite dai pranzi e dai ragù della madre. Un giovane per modo di dire, visto che ha già 37 anni pur conservando tutte le problematiche adolescenziali ancora irrisolte (donne, lavoro, legame con la madre, amici, sesso).
"E' una storia semplice, se non fosse che è la mia, e ancora mi pare che è finita ieri e invece c'ho 37 anni, come mi dico ogni tanto per tranquillizzarmi. Anche se poi penso al resto, e quindi va bene, sì, l'adolescenza è finita, ma si prosegue a gomme sgonfie. "
Come nel giovane Holden è molto interessante l'approccio stilistico, il fatto che Gianni crei un linguaggio quasi parlato, molto espressivo e immediato che è un po' all'opposto della ricerca di eleganza e raffinatezza e stilizzazione del testo che va per la maggiore (almeno credo). Il linguaggio è molto gradevole e rende la lettura come una confidenza al lettore, come se il lettore fosse un amico di Matteo, il protagonista: uno dei pochi, visto che Matteo è quasi sempre solo. Questo innesca una particolare simpatia tra il lettore e il protagonista. La prima metà del libro per me è bellissima, perchè Gianni dosa molto bene fatti minimi, la vacanza, l'esperienza di lavoro con i suoi commenti abulico-ironici per cui il testo risulta allo stesso tempo simpatico e poetico. Poi Matteo si perde un po' troppo a osservare le vite degli altri proprio quando il lettore ormai incuriosito e preso dal personaggio vorrebbe osservare meglio la sua di vita. Ma a questo punto Matteo fa un passo indietro come avesse già mostrato troppo. L'attenzione del lettore viene spostata su personaggi di passaggio, sconosciuti, vicini. Io avrei preferito conoscere meglio Matteo.
Il modo di scrivere è sicuramente molto interessante e geniale. Credo che si adatterebbe perfettamente a dei racconti.
"Restavano le luci accese giorno e notte, che alcune sere, dopo cena, seduto sul muretto con una birra in mano e i piedi penzolanti a venti metri da una scalinata che stava dabbasso, mi perdevo a guardare quelle luci gialle dell'università come da piccolo guardavo le stelle cadenti o le premiazioni alle Olimpiadi. E sognavo. Sognavo di più su quel muretto che da piccolo. Che belle quelle luci accese di notte. Gialla la fila del secondo piano. Più chiare le prime tre luci al quarto piano. E sognavo. Una vita ordinata, un ufficio o una cattedra, le mie parole che avevano un peso e che mi riconoscevano il rispetto degli altri, la stima. Una bella vita."

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