Padreterno Padreterno

Padreterno

Letteratura italiana

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È la storia di Aristeo, nome da dio minore. Figlio unico. Adorato. Maschio. Un dialogo muto con un padre morente sul crinale di una vita divisa tra erudizione, desideri mancati, e violenza. È la storia d'amore con Nina, la sua donna. Nina che non riesce a possedere, che se ne va, che ride di lui. Che ha forme d'amore che lui non capisce. Aristeo si scontra con l'incapacità di conoscere le donne, con l'invidia per la loro libertà, con l'esercizio del potere come forma di amore, con desideri che non può confessare. «Non lo so. Però da qualche parte deve pur venire. Mentre a me sembra naturale come se ci fossi nato. È tutto buio, mi sento più forte, più vero, e mi perdo, come se non fossi più padrone di me stesso. O fossi ancora quel bambino, onnipotente, che sa dire solo voglio». Questo libro è il suo tentativo di capire finalmente qualcosa di sé, del sesso e delle relazioni amorose.



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Padreterno 2015-11-12 05:43:38 Natalizia Dagostino
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Natalizia Dagostino Opinione inserita da Natalizia Dagostino    12 Novembre, 2015
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Corpo d'anima

Imperdibile la storia di Aristeo, dio minore, copione non perdente dell’uomo feribile contemporaneo.

Esistenza ripetitiva, in cui Aristeo - personaggio del testo che richiama il dio greco - insegue e manca la presa, ama e, senza volerlo, uccide. Scrive bene, Caterina Serra, scegliendo parole intense ed essenziali. E’ una donna che scrive i pensieri di un uomo mentre accudisce suo padre morente.

È una storia come se l’unico compito della vita fosse ricordare il corpo che siamo, come se l’analisi accurata servisse a guarire le ferite delle libertà mancate. Si chiama nevrosi, isterica, fobica, ossessiva, d’ansia. Oppure, sono i rituali della mancanza, fra strade sporche e silenziose presenze.
Non c’è una stagione per capire e una per vivere. Per questo è faticoso il lavoro della coscienza, vivendo.

Ritroviamo miele dappertutto, collante che nutre e si appiccica al sudore, alle confidenze, alle lacrime, alla malattia. C’è il corpo dell’anima, da indagare, c’è il corpo di ogni idea, di ogni angoscia segreta, il corpo del prossimo, il corpo di Nina. Nina/Euridice che lascia ovunque pensieri per Aristeo scritti sugli scontrini, come tracce di presenza e di spesa di sé. La corporeità, allora, si fa ampia e diviene una geografia alla scoperta delle relazioni.

Capiamo la deità, come disturbo di una relazione che cerca assoluti e certezze. Convivono in ogni persona l’essenza divina che offre il respiro ad ogni essere umano e la potenza vitale che non capisce l’ineluttabilità della fine.

Sospesi, Nina e Aristeo, alla ricerca di appunti perduti, a provare a trovarsi, a provare a capirsi, a provare a prendersi.

“La verità è che le donne non sono ancora riuscite a educarne di una specie diversa. Che provi vergogna della forza. Che non consideri la forza potere, e non usi il potere come dominio. Predominio, è la parola giusta. Nina deve avermelo detto almeno mille volte. E forse invece nasciamo così.”pp.59-60

“Ma come facevano le donne di una volta?... Che avevano uomini piccoli e li facevano sentire grandi. Come erano quelle donne, che non avevano bisogno di sentirsi invitate da nessuna parte? Che dicevano sempre di sì, che volevano solo sedurci o darci figli. Le donne-fica e le donne-utero, come le chiama lei, belle per noi, buone per la vita. Che ci piacevano tanto.
Furbe, che vi prendevano in giro. Mi pare di sentirti. Facevano finta, e ci cascavate. Anzi, ci cascate sempre.”p.129

“Una volta Nina mi ha scritto che se non dormivo era perché avevo paura di me. Non di quello che potevo fare, ma di quello che non sapevo fare di me stesso. Paura di non essere quello che voglio. È forse l’unico scontrino che non ho conservato”p.194

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