Oliva Denaro Oliva Denaro

Oliva Denaro

Letteratura italiana

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È il 1960, Oliva Denaro ha quindici anni, abita in un paesino della Sicilia e fin da piccola sa - glielo ripete ossessivamente la madre - che «la femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia». Le piace studiare e imparare parole difficili, correre «a scattafiato», copiare di nascosto su un quaderno i volti delle stelle del cinema (anche se i film non può andare a vederli, perché «fanno venire i grilli per la testa»), cercare le lumache con il padre, tirare pietre con la fionda a chi schernisce il suo amico Saro. Non le piace invece l'idea di avere «il marchese», perché da quel momento in poi queste cose non potrà più farle, e dovrà difendersi dai maschi per arrivare intatta al matrimonio. Quando il tacito sistema di oppressione femminile in cui vive la costringe ad accettare un abuso, Oliva si ribella e oppone il proprio diritto di scelta, pagando il prezzo di quel no. Viola Ardone sa trasformare magnificamente la Storia in storia raccontando le contraddizioni dell'amore, tra padri e figlie, tra madri e figlie, e l'ambiguità del desiderio, che lusinga e spaventa, soprattutto se è imposto con la forza. La sua scrittura scandaglia la violenza dei ruoli sociali, che riguarda tutti, uomini compresi. Se Oliva Denaro è un personaggio indimenticabile, quel suo padre silenzioso, che la lascia decidere, con tutto lo smarrimento che dover decidere implica per lei, è una delle figure maschili più toccanti della recente narrativa italiana.



Recensione della Redazione QLibri

 
Oliva Denaro 2021-10-11 18:42:56 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    11 Ottobre, 2021
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Femminile singolare

Oliva Denaro è una adolescente, poco più di una bambina, convintasi che, nel tempo e nei luoghi in cui si dipana la sua esistenza di ragazzina prima e giovinetta poi, il massimo che le è consentito senza vincoli sociali di sorta è esprimere una predilezione, una preferenza, una propensione, e niente altro: vive in un contesto tale che può tutt’al più dichiarare, in segreto ed esclusivamente a sé stessa, di essere “favorevole” o “non favorevole” ad una qualsiasi opzione di vita.
Un auspicio, forse, ma certo non la proclamazione di una decisione, una scelta, un indirizzo, una alternativa da intraprendere. Oliva è femmina, e come tale, sic et simpliciter, per semplice definizione, non appartiene a sé stessa. Da quando può ricordare, e cioè da sempre, si sente ripetere che il suo destino è già scritto dalla notte dei tempi, scolpito nella roccia, immutabile ed inevitabile perché predeterminato non dalla sua intelligenza, volontà, capacità ed opportunità che la vita offre, ma esclusivamente dal suo genere: quello femminile. Siamo nel 1960 a Martorana, piccolo ed in verità misero e depresso paesino della assolata provincia rurale siciliana, qui ed allora il termine “femmina” non è indicativo di genere, ma di ruolo: indica l’obbligata collocazione sociale, il livello inferiore e sottomesso alla Padronanza maschile. L’uomo non è un pari, un compagno, un marito, un padre, un fratello o che, è un Uomo, è padrone, è superiore, può prendere quando desidera e poi, magnanimamente, “riparare”.
E se qualcuna decide di non voler essere “riparata”? Di restare “un brocca rotta”?
Il titolo dell’ultimo romanzo della scrittrice napoletana Viola Ardone richiama subito, direttamente, senza se e senza ma, il nome della protagonista, come a dire che estrinseca immediatamente al lettore il cuore della storia: il racconto edificante della vita di una giovane donna, ed il suo contenuto ideale, costituito da autentici tesori di fermezza, coraggio e dignità, che insieme costituiscono un valore etico non altrimenti monetizzabile.
Capitali e significati ancora più pregiati perché eroici ed esemplari per i tempi ed i luoghi in cui si svolgono gli avvenimenti narrati.
Oliva Denaro è un fiore di donna appena sbocciato, ed insieme a lei qui si narra anche di altri petali del fiore, di altre donne, che nell’insieme costituiscono il sottofondo, il coro greco che fa da colonna sonora alla narrazione.
Risuonano perciò, a volte rauche, a volte stridule, talora cristalline o talaltra spezzate dalle lacrime, tante voci femminili, ad iniziare da Amalia, la madre di Olivia, arida ed aspra per le tante delusioni dell’esistenza, schiacciata dal peso del suo fardello di paure e timori ancestrali.
Segue la sorella Fortunata, costretta al silenzio sottomesso di chi ha confuso ingenuità, fragilità e cedevolezza per amore e passione; poi le amiche, le vicine di casa, le insegnanti, specie quelle davvero tali, come la maestra Rosaria, che educano e lasciano il segno tirando fuori il meglio degli allievi.
Ancora, si menzionano anche le compagne di scuola, e via dicendo altre compagne più importanti e formative, quelle solidali di vita, di consiglio, di supporto, di battaglia: Liliana, per esempio, o Maddalena Criscuolo…emana perciò dal libro un sentore di pluralismo al femminile.
Ma è solo una sensazione, un accenno, questa non è una storia di matriarcato, assolutamente: qui gli uomini ci sono, ed è vero, ritratti spesso nei loro tratti peggiori, maggiormente iniqui e detestabili, ma con qualche lieta eccezione, sorprendente e delicata, deliziosa, affettuosa, paterna e insospettabile.
In verità, qui il plurale non c’entra, questo è un testo declinato esclusivamente al femminile singolare, solo singolare, è la storia stessa del genere femminile che lo richiede, ogni donna si salva da sola, per prima cosa, e dopo tutte insieme.
Oliva perviene giovanissima, purtroppo attraverso un personale, e doloroso, itinerario di vita, all’assioma che, certamente, la solidarietà di genere va richiesta, procurata, ricercata, diffusa, elargita.
Battersi per l’autonomia delle scelte di una donna, e perché venga riconosciuto il loro valore di donna persona e non donna oggetto di angherie e sottomissione, è qualcosa di assolutamente indispensabile per una qualsiasi crescita civile.
Serve farlo però innanzitutto in prima persona, sacrificandosi, mettendosi in gioco, rischiando l’embargo, l’ostracismo, l’esilio, a costo di finire in una presunta “lista nera” nelle chiacchiere della gente, agli occhi dell’opinione pubblica.
Opinione pubblica maschile, ovviamente; quella che negava finanche dignità di lavoro alle donne:
“…E della donna che lavora, che ne pensate? …Qualcuno rideva dando di gomito al vicino, le poche femmine presenti guardavano per terra…”
Solo agire in prima persona conferisce efficacia all’impresa di cancellazione radicale di tutto quanto storto, arbitrario ed arrogante viene imposto dalla casta d’altro genere, spadroneggiante per motivi di tradizioni, usi e consuetudini di comodo, assolutamente infondati, fasulli, illegittimi, diffusi ad arte per opprimere, schiavizzare, vessare.
Spesso, se non sempre, utilizzando la forza fisica, la violenza per prevaricare.
L’input iniziale del cambiamento può essere solo e soltanto singolare: la forza delle donne di ribellarsi e battersi contro abusi, ingiustizie, violenze e vessazioni, di cui sono vittime dall’alba dei tempi, e che perdura ancora oggi come le cronache dimostrano, è sita nella durezza della catena, non di acciaio ma di diamante, che costituiscono legandosi tutte insieme, per resistere e lottare per il cambiamento, tutte sodali come una sola donna.
Tuttavia, ogni anello della catena stessa deve essere forgiato di quel materiale, della stessa tempra e robustezza, non si può permettere nemmeno ad uno solo di essi di avere composizione, forma, convinzione diversa. La rottura di una unità sconvolge l’intera architettura, ognuno perciò deve obbligatoriamente essere un singolo forte, non va mostrato nessun punto debole dove fare leva.
Il femminile singolare è d’obbligo, l’agire in prima persona è requisito essenziale: il totale lo fa la somma, se uno solo degli anelli tentenna, oscilla, non sa decidersi, non osa, allora salta, la catena si spezza, perde l’anello debole, poi sbanda per riallacciarsi, comunque il totale appare deficitario all’appello. Crea un precedente, semina dubbi, paure, incertezze, terreno fertile per la protervia maschile. Nessuna donna può essere lasciata indietro, le problematiche femminili le coinvolgono tutte indistintamente, ma le soluzioni iniziano necessariamente dalle singole reazioni di ribellione, per poi diffondersi a catena, letteralmente, e giungere a tutte.
“Oliva Denaro” è un bel libro, molto ben scritto, con uno stile descrittivo in prima persona, direi a voce alta, chiara, intonata, i pensieri della giovane protagonista riportano esattamente non solo quella che è e quella che diviene, quanto pensa e cosa desidera, le sue emozioni, le paure, le incertezze ed i faticosi distinguo, ma con accuratezza, direi con immediatezza visiva il testo riporta mirabilmente atmosfere, modi di dire e di essere dei tempi e dei luoghi in cui Oliva vive, soprattutto i capitoli riportano precisamente la mentalità corrente, lo stile di porsi tutto biecamente maschile in una società arcaica e medievale, crudele e opprimente per tutte quelle che hanno avuto ”il marchese”.
Il menarca per una giovane è allora una pesante linea di demarcazione, tra l’essere una “piccinina”, comunque un bimbo di rango inferiore, all’essere una “femmina”, un oggetto sottoposto all’unico arbitrio maschile.
“…Da quando sono diventata femmina, sto come sotto una tettoia durante un temporale: non mi allontano per non bagnarmi…”
Da qui, tutta una cappa di comportamenti assurdi ed obbligati che gravano sull’universo femminile, che soffocano la vitalità dell’esistenza femminile già alla nascita, al solo dichiarare l’appartenenza di genere. Perciò questo è, più di tanti reportage storici, un testo esemplare e educativo, delizioso da leggere perché ben costruito, con cura, con attenzione, soprattutto con un pudore, una discrezione, una riservatezza encomiabili; è una lettura scorrevole, piacevole, parla di crescita e maturazione, racconta di emancipazione e di dignità, esalta la giustizia, anche quando difetta la giurisprudenza.
Una storia che parla di amore, certo: ma amore quello vero, come inteso da una donna. Un sentimento intensamente affettivo, che si scambia, non si impone:
“…Chi ti vuole bene non ti strapazza, non ti intimorisce, non ti forza…”.
La vicenda narrata è romanzata, ma casi simili sono veramente accaduti; quindi, non è solo un racconto fine a sé stesso, questo è un testo che arricchisce, che spinge a riflettere, a porsi domande e soprattutto spiega la magnificenza del divenire storico dell’universo donna, ed il prezzo pagato, spropositato ma elargito senza esitare, data la posta in gioco.
Le battaglie delle donne per il riscatto della propria autonomia di vita sono state un’epopea eroica, degne di stima, di rispetto, di ammirazione, l’immedesimarsi induce in chiunque sentimenti affettivi fortissimi nei confronti delle protagoniste.
Credo che qualsiasi uomo con un minimo di onestà intellettuale dopo aver letto “Oliva Denaro”, si inginocchierà in un “woman lives matter”, un doveroso omaggio all’universo femminile.
Perché il problema non appartiene a loro, non è che le donne siano colpevoli di qualche cosa perchè magari vanno in giro con un abito troppo corto, troppo provocante, o che girino sole per strada, il problema appartiene a noi uomini che, vale tuttora per troppi di noi, non abbiamo ancora imparato, o non vogliamo imparare, di non avere alcun diritto di sfiorarle MALGRADO vadano in giro da sole e con gonne corte. Un problema tutto maschile, dipanato dal mondo femminile: non credo che esista altro di più eroico e assurdo insieme.
Ancora non si è spenta la gratitudine di tanti lettori nei confronti di Viola Ardone, per averci già in precedenza deliziati con la lettura di quel piccolo gioiello della recente narrativa italiana che è stato “Il treno dei bambini”: chi lo ha letto ricorderà quel romanzo di crescita e riscatto che vede protagonisti un bambino e sua madre. Anche qui troviamo una storia costruttiva di crescita e riscatto, che vede al centro stavolta una giovane e sua madre, e sua sorella, e le compagne, e le donne…
Ma sia chiaro, “Oliva Denaro” non è affatto una elegia del femminismo, anche se emergono nella scrittura caratteri predominanti tutti al femminile come tempra, fierezza, incisività, soprattutto intelligenza e esemplarità.
E gli uomini non sono tutti cattivi, ce ne sono tanti, e per fortuna sono tantissimi, che sono teneri, gentili, delicati, e servono…a cosa servono?
“…mi hai chiesto che cosa faccio. Questo faccio io…Se tu inciampi, io ti sorreggo.”
Viola Ardone ci offre una storia al femminile singolare, che prima diventa plurale per poi tornare all’unità, perché è la scelta del singolo che compie l’opera di aggregazione.
È un racconto di donne che tutte insieme si dannano per un percorso di crescita civile per tutte le appartenenti al genere, un discorso corale che infine, per logica conseguenza, porta ad un femminile singolare, perché le cose cambino serve l’impegno personale, lo sforzo individuale, la svolta effettuata in prima persona.
“…ci è voluto tempo, ci sono volute donne più combattive di me e tanti altri “NO” gridati più forti del mio, che si sono sommati al mio…”
Trattandosi di una storia di donne, tratta anche della controparte; perciò, è anche una storia della peggiore prevaricazione maschile, e quindi non si contano atti e atteggiamenti di alterigia, insolenza, tracotanza, e la logica violenza che ne deriva.
Sempre il più forte o presunto tale ricorre alla forza quando non si cede alle sue infondate pretese, non ha altri mezzi: per cui è anche un racconto violento. E però:
“…Ogni cosa viene per chi sa aspettare…”.
E lotta per quello in cui crede. Ed insieme ad altre riesce a far abrogare, e finalmente, una norma di legge assurda, abominevole, turpe ed abietta, portando alla definitiva chiusura delle “officine di riparazione”. Vincendo le proprie paure, perché le paure:
“…sono porte che esistono solo fino a quando non abbiamo il coraggio di attraversarle.”
Peccato che, ogni tanto, qualcuno ci prova, ancora oggi, a riaprire abusivamente certe officine, a ripristinare con un femminicidio certe storture.
Costoro vanno combattuti, sono peggio dei talebani, e serve farlo tutti insieme, uomini e donne.



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"Il treno dei bambini", della stessa autrice.
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Oliva Denaro 2023-06-10 15:30:31 Menti55
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Menti55 Opinione inserita da Menti55    10 Giugno, 2023
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Comportamenti ancora attuali (purtroppo!).

Premetto che ho approcciato il romanzo della Ardone con un po’ di scetticismo: sapevo di cosa trattava e pensavo che l’argomento, ancorché di grande importanza e degno della massima attenzione, non era poi così originale essendo stato sviscerato in tutti i suoi aspetti non solo dalla letteratura ma anche, e forse soprattutto, dal cinema.
Invece ho scoperto un romanzo ricco di pathos, capace di sprigionare una forte e avvincente tensione emotiva in grado di catturare il lettore. La storia è ciò che mi aspettavo: una ragazzina siciliana, intelligente, con una enorme voglia di vivere ma con la paura di crescere che, a differenza delle sue coetanee, teme il momento in cui avrà per la prima volta il “marchese” temuto spartiacque tra l’adolescenza e l’essere “donna”. Inconsapevole di essere bella, Oliva Denaro è una ragazzina minuta, curiosa, che ama studiare, libera nell’animo e nella testa (cosa non facile nella Sicilia degli anni ‘60-‘70). Ma il “marchese” arriva e nonostante “…da quando sono diventata femmina sto come sotto una tettoia durante un temporale: non mi allontano per non bagnarmi…” Oliva diventa “l’oggetto del desiderio”, la “preda” sognata dal giovanotto del paese. Bello, ricco - ma di una ricchezza di dubbia provenienza - il giovanotto incarna il prototipo dell’uomo dell’epoca, un uomo che è padrone, è superiore, domina, che non accetta il diniego, che può prendere quanto desidera, e poi magnanimamente riparare. A Oliva accade ciò che tacitamente temeva e che accadeva sovente in quegli anni: deve subire prima le attenzioni e poi il rapimento e la violenza del giovanotto. Solo che in questo caso non si tratta della famosa “fuitìna” consensuale per imporre un matrimonio perché Oliva si nega, si ribella e, infine, denuncia il violentatore (che poi verrà condannato ad un solo anno perché all’epoca vigeva ancora il famigerato codice Rocco). Con questo atto Oliva rivendica il proprio diritto di scelta quasi istintivamente, per un innato senso di libertà prima ancora che per una personalità non ancora pienamente formata (ricordiamo che ha 16 anni). Ma di questa scelta Oliva ne subirà le conseguenze con l’ostracismo del paese che non capisce i motivi di tale scelta e soprattutto l’aver rifiutato il matrimonio riparatore, con l’abbandono della scuola cui l’obbliga la madre e, infine, con la perdita definitiva della spensieratezza, dell’adolescenza. E fin qui è un po’ quel che mi aspettavo. Ma ciò che permea il romanzo e dove esso compie il salto di qualità è nei rapporti che la Ardone riesce a tessere. Il rapporto di Oliva con la madre, con la sorella Fortunata (ma non nella vita) e con il suo fratello gemello Cosimino, il rapporto con il suo amico d’infanzia Saro che lei protegge dai loro coetanei che lo dileggiano per la sua zoppia e che alla fine sposerà (Saro è da sempre innamorato silente di Oliva ma sa aspettare e, come le dice la prima notte di nozze, “…chi ti vuole bene non ti strapazza, non ti intimorisce, non ti forza…”). Fondamentali i rapporti con tre donne che influiranno notevolmente sulla maturazione di Oliva e sul consolidarsi della sua coscienza di donna: la sua amica comunista Liliana, che arriverà, “come la Iotti che non è nemmeno sposata”, in parlamento; con la sua insegnante Rosaria e con Maddalena, una donna della UDI (Unione Donne Italiane) che viene dal continente per supportarla nella battaglia legale. Ma a mio avviso il rapporto che raggiunge livelli straordinari è quello di Oliva con il padre Salvo. Salvo è un lavoratore, un contadino, parla poco e malvolentieri ma il dialogo con la figlia, fatto di sguardi, fugaci contatti fisici, condivisioni di pensieri raggiunge livelli di comprensione e complicità altissimi, non sempre facili da trovare in un rapporto padre/figlia. Un padre che capisce prima della stessa Oliva i suoi pensieri, le sue volontà e le asseconda con delicatezza, senza apparire ma sostenendo le sue scelte e, anzi, incoraggiandola stando sempre dietro le quinte. Non a caso, in uno dei rari momenti di tensione di Oliva verso il padre, Salvo le risponde: “…mi hai chiesto cosa faccio. Questo faccio io…se tu inciampi io ti sorreggo…”. E alla fine Oliva riconosce la saggezza del padre “…ogni cosa viene per chi sa aspettare”. Questa comunanza è sottolineata magistralmente dalla Ardone nella quarta ed ultima parte del libro dove le voci narranti di Oliva e Salvo si alternano nei vari capitoli e in cui il pensiero di chiusura di un capitolo è lo stesso identico dell’apertura del successivo.
Un bel libro che si legge facilmente, tutto d’un fiato, che procede in un crescente coinvolgimento del lettore e che, mi auguro, leggano tutte le figlie e tutti i padri.

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Qualsiasi libro sulla emancipazione delle donne dalla violenza maschile.
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Oliva Denaro 2022-03-24 22:26:13 violetta89
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violetta89 Opinione inserita da violetta89    25 Marzo, 2022
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Chinati giunco che passa la piena

Una storia struggente, una ragazzina spezzata, la violenza che entra nella sua vita e le porta via sia i sogni che la possibilità di una vita normale. Un padre che parla tramite silenzi e che la sostiene sempre, una madre severa ma che non l'abbandona mai. La giustizia che sta dalla parte dei violenti e li tutela nonostante tutto, la rabbia, il dolore ma anche la voglia di rivalsa, di vivere e di avere la libertà di scegliere.

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Oliva Denaro 2022-02-14 09:47:20 andrea70
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andrea70 Opinione inserita da andrea70    14 Febbraio, 2022
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Il coraggio di Oliva

Oliva è una ragazzina che vive con la famiglia in un paesino siciliano negli anni '60. La madre è una donna risoluta e pratica, il padre un lavoratore di poche parole che sembra lasciarsi trasportare dagli eventi ma solo finchè non decide che il corso di questi ultimi non sta andando secondo una piega che piace a lui o meglio ai suoi figli.
Siamo in una Sicilia quasi rurale con usi e costumi dei piccoli borghi dove tutto si sa e poco si dice, almeno apertamente.
La vità è difficile soprattutto per una ragazza in particolar modo quando diventa donna e quindi appetibile per un uomo . Con lo sviluppo fisico arrivano tutta una serie di preoccupazioni che partono dal modo di vestirsi, di comportarsi, dalle cose dette o non dette e persino dagli sguardi, tutto fa una donna e la classifica. Guai a dare anche solo l'impressione di poter essere meno che onorata, tutto va fatto secondo regole di atavica ignoranza nelle quali l'uomo è guida e padrone.
La donna deve arrivare pura al matrimonio come un dono offerto ad un signore che nella realtà dei fatti questo dono non fa niente per meritarselo . La donna non può essere singolare femminile, una definizione affilata e precisa della sua condizione, da sempre costretta a vivere nell'ombra del marito e a lui sottomessa al compimento di una unione coniugale in cui il suo ruolo è la procreazione e il suo posto è dove vuole che stia il marito.
E guai a farsi disonorare prima del matrimonio o sarà come una brocca rotta che nessuno più vuole. Così come accadde alla sorella maggiore di Oliva, Fortunata (di nome ma non di fatto),
disonorata dal figlio del sindaco e costretta ad un matrimonio riparatore e all'infelicità rinchiusa tra le mura domestiche come l'ultima delle serve mentre il marito fa i suoi comodi.
Ma Oliva è il germoglio di una nuova coscienza, soprattutto ha il coraggio di questa consapevolezza, di non essere proprietà di nessuno, nonstante il figlio scapestrato di un ricco commerciante locale si sia palesemente invaghito di lei .
Secoli di consuetudini sono duri da estirpare , Oliva non è indifferente alle attenzioni di questo ragazzo ma al tempo stesso coglie in lui qualcosa di sinistro e soprattutto non vuole deludere i genitori così accetta il matrimonio che le hanno combinato con un giovane non vedente di buona famiglia, aiutata in questo dai modi gentili di lui a dispetto della prepotenza maschile dell'epoca.
Così quando il figlio del commerciante, poco incline a farsi da parte e sostenuto dalle tradizioni decide di aggirare l'ostacolo del rifiuto da parte della giovane con la classica "fuitina" a dire il vero per niente consensuale , Oliva si ritrova disonorata e tradizione vorrebbe che accettasse la proposta di matrimonio riparatore di quest'ultimo.
Niente di tutto questo, Oliva non vuole che altri decidano il suo destino, tanto meno di qualcuno che le ha mancato di rispetto in manierà così profonda, lei è la vittima di un sopruso, di una violenza e viene additata come la colpevole dalla vile ignoranza dei tempi. La violenza su di lui continua anche una volta tornata a casa perchè è la stessa società dell'epoca a farle del male, il colloquio con i carabinieri in caserma è l'emblema di come la giustizia ha rovesciato giusto e sbagliato in nome di qualcosa che è una tara sociale elevata a consuetudine e quindi legittimata.
Ma Oliva non si fa intimidire, vuole fare le sue scelte senza costrizioni sostenuta in questo dai genitori, che hanno il coraggio e la dignità dei semplici e con pochi gesti la liberano dall'oppressione di dare peso ai pettegolezzi, alle malelingue, agli sguardi ammiccanti.
Nella società dell'epoca si ritrova sola ma libera, decide di emigrare altrove per ricostruirsi una vita.
Ritroviamo Oliva molti anni dopo, che ritorna al paese a svolgere il suo lavoro di insegnante, camminando a testa alta come fa chi ha saputo elevarsi sopra le miserie dell'ignoranza e del pregiudizio, tra gli sguardi sorpresi, ma a cui il tempo ha tolto la voce di chi ancora ricorda quei fatti.
Oliva sarà sposa dell'unico uomo (oltre al padre e al fratello gemello) che da sempre l'ha amata e rispettata , amico d'infanzia che accettò il suo no silenzioso di tanto tempo fa
per essere accolto oggi come colui che è degno di esserle compagno di vita.
Perchè l'amore si condivide e si dona non si prende.

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Oliva Denaro 2022-01-03 13:36:17 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    03 Gennaio, 2022
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Omaggio e memoria a Franca Viola

«La donna singolare non esiste. Se è in casa, sta con i figli, se esce va in chiesa o al mercato o ai funerali, e anche lì si trova assieme alle altre. E se non ci sono femmine che la guardano, ci deve stare un maschio che la accompagna»

Sicilia, anni ’60. Oliva Denaro è una figlia del tempo che nasce in una famiglia del tempo. La madre calabrese ha sposato un uomo di origini siciliane dopo essere fuggita con lui in quella che è la tanto nota “fuitìna” d’amore. Da questa unione sono nati Fortunata, Cosimino e Oliva, questi ultimi due gemelli. Oliva, purtuttavia, sa benissimo che tra uomo e donna ci sono delle differenze insuperabili e insormontabili e che per questo, anche se sono gemelli, ella non può essere considerata al pari del fratello. La donna è infatti una brocca e chi la rompe, se la piglia. Questo è quel che la madre le ha sempre detto. A Martorana, quel prima e quel dopo, è siglato per una giovane donna dal sopraggiungere del marchese, momento di gioia per l’esser diventate signorine ma anche di maledizione perché da quel momento tutto inevitabilmente cambia. Ed ecco allora che fuori dalla scuola ad attendere le giovani vi è un parente, ed ecco allora che se viene incontrato un maschio, lo sguardo deve essere rivolto al terreno. Oliva non ne vuol sapere del suo marchese. Ella vorrebbe poter continuare a prendere i babbaluci e le rane con il padre, vorrebbe poter continuare a giocare con l’amico di sempre Saro, ma il corpo cambia e con esso gli sguardi al medesimo rivolti. Ha tanti dubbi la ragazza, non conosce il suo aspetto, non pensa di essere bella e anche se il matrimonio sembra essere l’unica via di fuga e di salvezza per quella brocca, non crede che questo possa portare la felicità stante la sorella che tra quelle mura e con quell’uomo che ha preso come marito tutto sembra tranne che felice. Chi osa abbracciare la modernità in un contesto dove a far da padroni sono soltanto le convenzioni quali i matrimoni combinati, non è ben visto. Anzi. Lo stesso vale per la politica e per tutto quello che non rientra negli schemi precostituiti.
E c’è sempre un prima e un dopo, anche per il giusto e lo sbagliato che tra loro si scontrano e incontrano. In questo contesto e in questa realtà al torto può essere posto rimedio soltanto con il matrimonio e se non accetti le nozze tu che sei stata oggetto di scandalo in una Italia che giustifica la forza passionale che si trasforma in violenza, sei la colpevole.
Tra queste pagine tanti sono i volti a parlare in un contesto dove alla donna non è chiesto di studiare ma di trovare marito e alle madri stesse di rimediare e riparare quando sono le prime a sentirsi sole in terra straniera.
Un titolo diviso in quattro parti ove è prevalentemente Oliva a raccontare dei tanti dubbi, conflitti e di quel forte legame che la unisce al padre. Nella quarta parte è il padre, invece, a narrare e a destinarci dei pensieri di un uomo forte che vorrebbe vedere la figlia felice seppur lontana da lui e da quel che è la loro famiglia e la loro terra, le loro radici. Tutto pur di poter sapere che quel torto subito altro non è che ormai una cicatrice.

«Avevi ragione tu, papà: ogni cosa viene per chi sa aspettare.»

“Oliva Denaro” per mezzo della forza di un romanzo ci racconta la storia di Franca Viola, ci narra del torto subito da questa giovane donna, oggetto di violenze plurime e preda di una realtà del tempo che ci ha messo sedici anni a riqualificare il reato ex 544 cp da ella subito da “reato contro la morale” in “delitto contro la persona”.
La storia di Franca/Oliva è la storia di molte donne del tempo, è la storia del volto del nostro paese. Un paese in cui tante cose sono cambiate e tante altre sono rimaste uguali, illibate. Un titolo con una partenza lenta, cadenzata, che accelera piano piano, poco alla volta e che consente al lettore, seppur con molti deja vu e altrettanti cliché, di riflettere sul mondo che ci circonda e sul vivere che fa parte del nostro quotidiano le cui conquiste sono spesso date per scontate.

«Anche dalla terra bruciata dal sale può rinascere vita: l’ho imparato da te, pà, dai gesti delle mani. Scavare, seminare, tagliare, innaffiare. Infilo nella sporta il bouquet di margherite, con delicatezza, per non gualcire i petali, e procedo a passo svelto verso l’ultima destinazione.»

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Oliva Denaro 2021-12-18 14:32:41 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    18 Dicembre, 2021
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Femminile singolare e femminile plurale

Donna. Nome comune, femminile, singolare.
Eh no, maestra, l'esercizio è sbagliato, ribatte la piccola Oliva. Il femminile singolare non può esistere. Le donne possono solo stare insieme, a casa con i figli o in gruppo al mercato; altrimenti deve esserci un uomo ad accompagnarle.
La maestra sospira rassegnata perché nella Sicilia rurale degli anni Sessanta non sembra esserci molto altro da fare. Le regole sono scolpite nella pietra delle case, respirate insieme all'aria, marchiate a fuoco sulla pelle. L'unica possibilità per una ragazza è il matrimonio, spesso combinato dalla famiglia, e chi è priva di denari alla roulette delle nozze può giocarsi solo una reputazione specchiata davanti alla giuria senza appello delle malelingue di paese.

Nascere donna è tutta una sfortuna, pensa Oliva. Lei vorrebbe solo correre a scattafiato con i suoi zoccoletti e raccogliere lumache, come è consentito a suo fratello. Si sente diversa dalle compagne di scuola con gli occhi bassi e dalle vecchie comari bardate di nero, eppure sa che quelle donne sono comunque dentro di lei. Femmine nate in una prigione di regole, che l'indipendenza non la possono nemmeno rimpiangere. E quando il destino la mette di fronte alla prepotenza di un uomo, protetto dal denaro, dai costumi e persino dalla legge, dovrà crescere in fretta e trovare dentro di sé il coraggio e la voce per dire no.

"Un no, da solo, può cambiare una vita, e tanti no messi insieme possono cambiare il mondo"

Il femminile singolare è una ragazzina che avrebbe solo voluto vivere semplicemente la sua vita, studiare, innamorarsi e magari mettersi il rossetto come le dive del cinema. Ma è il plurale che viene in soccorso e riempie le pagine di umanità e commozione. È l'amicizia vera della ribelle Liliana. È l'amore delicato di un padre silenzioso e resiliente, capace di insegnare la libertà di scegliere. È il senso civico della militante comunista Maddalena, che combatte per quel che crede giusto, convinta che insieme si possa fare la differenza.

"Perché abbiamo bisogno di battaglie, di petizioni, di manifestazioni? Che colpa ne ho io, se sono nata femmina?"

Viola Ardone sceglie ancora una volta di portare alla luce una storia del nostro passato italiano, dimostrando straordinaria empatia e delicatezza di sentimento. Il romanzo parla di violenza sulle donne e consenso femminile, certo, ma al centro di queste pagine sono sempre i personaggi, le vicende personali, le emozioni. Ci si commuove, si sorride e si soffre, ma è solo sentendoci addosso i panni e i sentimenti di Oliva che la sua storia singola può tramutarsi in domande e insegnamenti universali.

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Oliva Denaro 2021-12-10 17:26:15 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    10 Dicembre, 2021
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Il difficile cammino verso l’emancipazione femmini

“Se le madri spiegassero ai figli maschi il rispetto della donna, la parità, se permettessero alle ragazze di vivere liberamente e senza chiusure, se le facessero studiare e prepararsi per un lavoro….
La mentalità, di chi è colpa? Solo dell’uomo o anche della donna? Io penso che deve partire proprio da noi!”
In queste poche righe il tema dell’ultimo romanzo di Viola Ardone, con tutta la problematica ad esso legata. La vicenda si svolge negli anni sessanta e se da un lato sembra siano passati secoli da allora, specialmente se si guarda al progresso della tecnologia che ha rivoluzionato il mondo, da un altro lato dobbiamo amaramente constatare che ci si è evoluti troppo poco e lentamente sul piano sociale. È vero che l’approvazione delle leggi sul divorzio e sull’aborto è stata una conquista indiscutibile, ma quanto è veramente e radicalmente cambiata la condizione della donna in tutti questi anni? Ci troviamo ancora oggi di fronte a casi di violenza ai danni di giovani donne, come quello rappresentato dalla Ardone con il personaggio di Oliva Denaro. Troppo spesso ancora oggi le vittime diventano loro stesse colpevoli. Né, purtroppo, ciò accade solo negli ambienti più socialmente e economicamente degradati, ma anche in quelli che dovrebbero essere più evoluti. Sempre più spesso, anzi, episodi del genere avvengono là dove c’è abbondanza di denaro. Il punto centrale è dunque proprio un problema culturale, un’attitudine all’educazione e al rispetto del prossimo, chiunque egli sia.
Le donne del romanzo della Ardone sono quasi tutte vittime di un’arretratezza sociale che le vuole subalterne all’uomo, dedite fino all’eccesso alla cura della casa e della famiglia, prigioniere di pregiudizi insuperabili, incapaci di atti di ribellione se non in casi estremi con il reale rischio di essere poste per questo ai margini della società in cui vivono. Ma ribellarsi si può e si deve, anche se costa in termini di isolamento, come fa Oliva che con coraggio affronta lo scherno e la discriminazione di chi a tutti i costi vorrebbe mantenere un tranquillo status quo.
Gli uomini di questo racconto rispondono a quello stereotipo del maschio prepotente e aggressivo, abituato a prendere ciò che vuole, ad eccezione del padre di Oliva, uomo sensibile, ricco di sentimenti affettuosi per ogni membro della sua famiglia di cui si prende cura: un personaggio commovente per certi versi, che induce a sperare che sulla natura umana si possa pur sempre agire per trarne il meglio. Un libro al femminile, nel suo complesso, che tuttavia parlando delle donne si rivolge agli uomini.


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Oliva Denaro 2021-10-10 17:15:03 mariaangela
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mariaangela Opinione inserita da mariaangela    10 Ottobre, 2021
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“Se tu inciampi io ti sorreggo.”

Ho cominciato con riluttanza questo romanzo, perché non rientra tra i generi che preferisco e mai avrei pensato potessi appassionarmi così tanto alle vicende della famiglia Denaro. Con curiosità corro avanti nei brevissimi capitoli che si succedono, e costituiscono uno sprone al proseguire.

Anni ’60, Martorana, luogo di fantasia in Sicilia, e Oliva Denaro ha quindici anni.
Una famiglia umilissima, il fratello gemello Cosimino, la sorella più grande Fortunata, la mamma Amelia e il papà Salvo, contadino.
Le giornate trascorrono nelle continue raccomandazioni e divieti imposti dalla mamma perché “la femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia.”

Oliva, brava a scuola, è combattuta tra la sua testa che vorrebbe pensare in autonomia e i vincoli imposti dal paese e dalle persone che lo abitano, che non sanno far altro che giudicare.

Questa mamma, così avida di sorrisi e carezze, ritorna a farle il bagno e asciugarla come quando era bambina, prendendosi cura di lei anche fisicamente. E’ una scena molto toccante con una narrazione perfetta, raccontandoci quel che vorremmo sapere. E’ lei a lavarle anche lo spirito. Perché una madre protegge. Sempre.

All'apparenza una famiglia “sfasciata”, dove ciascuno è per sé e una parla per tutti, pur essendo di umili origini e senza titoli di studio, capiscono che è il momento per Oliva di parlare e farsi sentire, e si ritrovano intorno alla tavola a mani aperte, come i cavalieri della tavola rotonda uniti in una unica decisione. Ci sono anche la fedele, amica Liliana e suo padre Antonino Calò.

“Cosa altro possiamo chiedere per i nostri figli, se non che un giorno ci superino senza vederci e passino oltre, diretti verso la loro strada?”

Mi commuovono gli slanci improvvisi di affetto e la solidarietà femminile e la forza di questa famiglia, la sua unione, che inizialmente non avevo sospettato.

L’arrivo di Maddalena, militante dell’Unione delle donne italiane, che offre il suo aiuto per migliorare la vita di tutte, ci fa avanzare di dieci anni in un attimo. Perché la storia di una donna non è mai solo la sua.

C’è il Sud e quel comunismo che aiuta i poveri e gli emarginati. La politica che va dagli ultimi e gli stende la mano.

Liliana, che passa ogni giorno dopo la scuola per confrontare i compiti che fa lei in classe e che Oliva ripete a casa.
Liliana è quell' amicizia unica e speciale che appariva così impossibile e ostacolata.

Oliva che ricomincia, come faceva un tempo, a condividere il silenzio con il padre all’alba, riprendendo ad andare in giro con lui per rane e lumache.
Il padre che le dice “quando si va per campi sconosciuti è meglio essere in due. Questo faccio io, se tu inciampi io ti sorreggo.”

E’ Natale e si prepara il cenone insieme, madre e figlia, senza rimproveri, lasciando stare le regole, lasciando fare, e anzi, sollevando ogni tanto gli occhi dai fornelli, la madre adesso sorride, con timidezza.

Ritorna pure Fortunata, tra quei complici di cose sapute e non denunciate. Finalmente di nuovo insieme.

Trascorrono gli anni, venti. I toni si sono addolciti, Maddalena corona il suo sogno di madre.

Si ritorna a Martorana, che nel frattempo è andata avanti da sola.

“Avevi ragione tu, papà: ogni cosa viene per chi sa aspettare.”

Non c’è rimasto più niente in paese, ma quella ragazzina che corre a scattafiato con gli zoccoletti ai piedi e i capelli spettinati, che disegnava di nascosto le divinità del cinema, è lontana ed ancora lì. Ma ora, tutti la salutano. Nessuno abbassa gli occhi, nessuno mormora.

Questo silenzioso padre ci viene raccontato tutto nel finale, ed è struggente… “pensavo di avere tre piantine deboli e ho scoperto nel mio campo tre alberi fruttuosi e resistenti. Anche dalla terra bruciata dal sale può rinascere la vita.”

Nei pensieri ritornano tutti, anche la maestra Rosaria tanto amata, e Saro, l’amico di una vita.

“Ti sei consegnata da sola. La libertà di scegliere. La possibilità di dover accettare un rifiuto.”

Il finale e le lacrime che porta con sé…poetico come mi aspettavo e non deludente affatto, è…il cerchio che finalmente si chiude. E non importa se è un finale semplice, forse ovvio, l’importante è che l’ovvio si avveri.

“Ho mantenuto la promessa che avevo fatto a lei. Liliana.”

Buone prossime letture.

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