Narrativa italiana Romanzi Non avevo capito niente
 

Non avevo capito niente Non avevo capito niente

Non avevo capito niente

Letteratura italiana

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Vincenzo Malinconico è un avvocato napoletano che finge di lavorare per riempire le sue giornate. Divide con altri finti-occupati come lui uno studio arredato con mobili Ikea, chiamati affettuosamente per nome come fossero persone di famiglia. La sua famiglia vera, del resto, è allo sfascio: la moglie l'ha lasciato, i due figli adolescenti, amatissimi, hanno i loro sogni e i loro guai. A Vincenzo Malinconico capitano improvvisamente due miracoli. Il primo è una nomina d'ufficio, grazie alla quale diventa difensore di un becchino di camorra, Mimmo 'o Burzone, e si trova coinvolto in un'avventura processuale rocambolesca. Il secondo miracolo si chiama Alessandra Persiano: la donna più bella del tribunale.



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Non avevo capito niente 2018-01-01 20:23:24 annamariafabbian
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annamariafabbian Opinione inserita da annamariafabbian    01 Gennaio, 2018
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Estremamente piacevole

«Ma vedi un poco la Madonna.»

Una delle frasi più esilaranti che abbia mai letto. La trama del Romanzo è molto semplice: la fortuna e la sfortuna dell'avvocato Malinconico.
Il suo punto di forza è senza ombra di dubbio la piacevolezza. Si tratta di una lettura frizzante e veloce, allegra, che riesce a far ridere a voce alta.
Nulla di impegnativo che necessiti di una grande capacità di analisi.
Una bella commedia che vale la pena di leggere.

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Non avevo capito niente 2016-11-19 02:42:42 CortaZur
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CortaZur Opinione inserita da CortaZur    19 Novembre, 2016
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Malinconico di nome e di fatto

Non avevo capito niente - D. De silva

Questo è un altro di quei libri di cui sente sempre parlare con toni entusiasti, persone che te lo consigliano perchè fa morire dal ridere e perché è una bella storia; al che tu lo compri e lo leggi con un carico di aspettative considerevole e anche con un po di diffidenza pensando: sarà piaciuto agli altri ma magari a me non piace, i miei gusti sono diversi e così via. Beh posso dire che questa volta tutte le aspettative sono state soddisfatte e che la storia davvero mi ha fatto ridere molto, a volte anche rumorosamente.

La trama in due righe vede protagonista l’avvocato Malinconico, già il nome è un programma, che ci accompagna nella sua vita e nel suo lavoro, al tribunale e in giro per la città immersi nelle sue riflessioni e nei suoi mille dubbi. Marito divorziato, avvocato quasi disoccupato, uomo perennemente indeciso questo è il nostro protagonista.

Un filosofo naturale, un pensatore che con semplicità e una logica tutta sua ci parla una volta di camorra, un’altra di amore, un’altra ancora di sistema giudiziario. Su tutte non posso dimenticare la scena del volpino esilarante e la riflessione sui cantautori impegnati: delle verità assolute. Un bel libro, divertente con pochi difetti e che sicuramente ci fa affezionare al personaggio Malinconico.

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Non avevo capito niente 2015-04-02 15:58:19 Arrigo
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Opinione inserita da Arrigo    02 Aprile, 2015

Non avevo capito niente, infatti questo libro non

Se fosse il primo libro che incontro a strizzare l'occhio al lettore cercando di fare il simpaticone seminando battutine a ogni piè sospeso, forse non sarei così netto nel mio giudizio. Purtroppo non lo è. Anzi, inizio a chiedermi che morbo stia colpendo molti scrittori italiani contemporanei che li spinge a tappezzare le loro storielle di battutine o giochi di parole troppo prossimi all'imbarazzante. Io non sono riuscito a finire il libro, che avevo comprato leggendo proprio le recensioni di Qlibri e che quindi ora voglio ripagare della stessa moneta, dicendo come stanno le cose secondo me. L'avvocato Maliconico è l'ennesimo personaggio che si affaccia sul mercato caratterizzato da un carattere a bassa autostima e spruzzatina di imbranataggine di cui l'autore si serve per bombardare chi legge di considerazioni omnidirezionali riguardanti ogni insignificante dettaglio della vita quotidiana. Lascia, nel leggerlo, un gusto rancido in bocca, come appunto se tramite l'avvocato mezza cartuccia che punta al fattore simpatia non centrando però neppure il pallone, l'autore gocciolasse abusivamente quelle che per lui devono essere personalissime e intelligenti perle di saggezza atte a spiegare a noi lettori capre brancolanti nel buio come funzioni in realtà il mondo, ed i rapporti uomo-donna. Riporto il paragrafo del libro dove mi sono arenato irrimediabilmente senza possibilità di procedere oltre "C'è una cancelleria in tribunale dove appena entri ti trovi sulla parete di fronte, piazzato in modo che non puoi perderlo, un avviso molto spiritoso, fatto al computer, di quegli avvisi fatti al computer che quando li vedi pensi quanto deve essersi sentito spiritoso, il tipo che li ha fatti, al centro del quale campeggia una sagoma di una testa umana, tipo manuale d'anatomia, dominata da una istruzione che recita: prima di aprire bocca, assicurarsi che il cervello sia acceso (una freccia tratteggiata esplicita, ondeggiando, il percorso fronte-cavità orale) "
Bene caro autore di 'Non avevo capito niente' , vorrei chiederlo io a te: quanto ti devi essere sentito tu spiritoso nello scrivere tale libro? Un libro farcito di considerazioni filosofiche sul nulla poggiate su un umorismo imbarazzante.

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Non avevo capito niente 2015-01-04 22:06:37 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    05 Gennaio, 2015
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Malinconicamente ... Vincenzo

Vincenzo Malinconico: già il fatto che porti il mio stesso nome m'ispira un sentimento d'istintiva empatia nei suoi riguardi per la disgrazia che ci accomuna sin dalla nascita e contro cui (almeno io, non so lui) non ho potuto ribellarmi visto che, nel momento in cui i miei genitori hanno pronunciato all'unisono 'Vincenzo' al ginecologo che mi ha portato alla luce, nessuno dei presenti in quel luogo
è riuscito a tradurre dal ueè-ueèese le mie urla disperate nel loro vero significato, ossia 'Ma che diamine di nome mi state affibbiando, ma vi rendete conto? Ma ci pensate al mio futuro? E perchè non scegliete.. che so Mattia, o Joe.. già, Joe.. breve, conciso, affidabile e serio.. un nome, una garanzia.. è statisticamente provato che uno che si chiama Joe fatica il 90% in meno di uno che si chiama Vincenzo per conquistare una donna.. e allora cosa volete? che rimanga scapolo a vita? ecco, è questo che volete?"
Solo l'ostetrica di turno sembrava aver intuito qualcosa nel mio pianto.. chissà quanti ne aveva sentiti.. ma non intervenne, la stronza.
E potrei raccontare molto altro in proposito, potrei scrivere un libro sulla disgrazia di chiamarsi Vincenzo.. ma sarebbe una digressione troppo ampia, ben più ampia delle innumerevoli digressioni presenti in questo libro di De Silva. Anzi direi quasi che il libro è una raccolta di digressioni intervallate da una storia; divagazioni piacevolissime, mai noiose, che spaziano dalla musica alla camorra, dall'amore ai panini di Burger King, rese ancor più gradevoli dall'umorismo dell'autore che seppur non dotato della carica cabarettistica di un Benni, per esempio, riesce spesso e volentieri a strappare un sorriso.
Si chiama patologia del narratore incoerente:

"Il fatto è che io sono un narratore incoerente. Non si può fare affidamento su di me. M'interessano troppo le chiacchiere incidentali che ti portano da un'altra parte. Quando racconto, sono come uno che cerca una bolletta nel cassetto delle ricevute. Prima tasto un pò, tanto per prendere confidenza con il materiale organico, poi pesco a casaccio, sperando di prenderci. Ovviamente non prendo, e comincio a raspare. Mescolo. M'incanto. Faccio mucchietti. Scopro bollette che non c'entrano e ci penso sopra. Guardo la data stampigliata su una ricevuta di ritorno, riconosco la calligrafia di quand'ero più giovane (avete notato come mostrano gli anni, le calligrafie?) e cerco di ricordarmi dov'ero e cosa facevo quando l'ho spedita. Se stavo meglio o peggio. Se mio figlio era già nato. Che odore aveva casa nostra. Chi erano i miei amici. Mi piace rivedermi negli avvisi di ricevimento. Penso che siano più attendibili delle foto. Tutto questo per dire che ho una cattiva tenuta di strada dei pensieri. Infatti credo che la mia patologia, in fondo, non sia altro che un saltuario collasso di questa inclinazione naturale. Mi prendo parecchie scappatelle dai discorsi che faccio, ecco."

E la storia? La storia è quella di un uomo, avvocato e marito senza successo, che trascina la sua esistenza sotto i colpi di un destino avverso ed alla mercè dei capricci della moglie..
sino alla svolta, quella che il destino ti offre quando meno te l'aspetti e che va presa al volo, senza troppe esitazioni... ed allora riacquisti dignità, speranza, quello scatto d'orgoglio a lungo represso e mai assecondato.

"Vaffanculo, penso. Ecco quello che penso. E' questa la parola che viene spontanea quando capita che ti senti inaspettatamente felice, tutt'a un tratto."

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Non avevo capito niente 2014-03-19 20:03:57 Antony
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Antony Opinione inserita da Antony    19 Marzo, 2014
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Un storia dal fiato corto

Con questo romanzo De Silva non fa altro che confermare il proprio stile e il proprio modo di narrare. De Silva è bravo: stile divertente, spesso brillante, con trovate "narrative" che sorprendono il lettore. Ogni suo lavoro si legge con leggerezza e piacevolezza. Qui si cimenta con tematiche complesse e vischiose per un autore. Il risultato non convince del tutto. Qui non è brillante, ma spesso sembra che "faccia il brillante". L'autocompiacimento per la propria abilità narrativa, che tende a rendere tutto leggero, può produrre tanto piacere quanta irritazione. Altro punto debole, caratteristica di molta narrativa di De Silva, si trova nella trama del romanzo. Per certi versi non è neppure un romanzo, ma una serie di "situazioni" narrative tenute insieme da una trama tanto esile da svanire una pagina su due. De Silva non è un romanziere, ma uno scrittore "situazionista", dal fiato corto o, se si vuole, bravissimo negli sprint e molto meno nelle lunghe distanze

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Non avevo capito niente 2014-02-27 21:42:51 Rollo Tommasi
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    27 Febbraio, 2014
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Ma cosa dovevo capire?

A chi si è divertito nel leggere questo romanzo, si consiglia la lettura di “Hanno tutti ragione” di Paolo Sorrentino.
A chi non ha ancora letto questo romanzo, si consiglia di passare direttamente a “Hanno tutti ragione” di Sorrentino.

Il problema di “Non avevo capito niente” è uno (e, a parere di chi scrive, abbastanza evidente): tutta la bravura dell'autore è fine a se stessa.
Dov'è questa bravura? In alcune battute – o forse sarebbe meglio dire: freddure – obiettivamente divertenti, in alcuni sprazzi arguti (“Parlare non risolve i problemi, semmai gli dà una lisciatina”).
Un libro però è una storia (almeno una). Se le varie battute, o lo stile umoristico, si trascinano in sequenza – come in un gag comica – finiscono per non raccontare nulla, o per raccontare qualcosa di molto esile. Se poi la ricerca a tutti i costi della suddetta sequenzialità produce varie battute scontate, o debolucce, il tutto prende ad annacquarsi un po'.
Il protagonista del romanzo, il malmesso avvocato Vincenzo Malinconico, è una persona separata che sciorina l'ordinario repertorio dei mariti delusi contro una moglie che sente nemica e dei figli che comprende a intermittenza. Finché non gli capita di inventarsi difensore d'ufficio di un camorrista di mezza tacca e di trovarsi sorprendentemente assediato dalla bella collega per cui sbava tutto il tribunale. E su questi quattro filoni – moglie, figli, camorrista, collega – si trascinano le pagine.
Il resto è partenopeismi che spuntano qui e lì come rovi, e menzione dei prodotti di un noto mobilifico svedese che Malinconico cita più e più volte (più del catalogo del mobilificio stesso, tanto da far venire il dubbio che il primo lavoro dell'autore sia piazzare mobili scandinavi).

De Silva non è il Sorrentino di “Hanno tutti ragione”, come si diceva: perché l'operazione di Sorrentino – che risulti piacevole o meno – è analoga solo in apparenza, consistendo invece nel prendere in giro tutta una filosofia di vita, e una o più categorie umane (ciò che il regista-scrittore fa anche nel suo ultimo film, “La grande bellezza”). Ma De Silva non è nemmeno il Bukowski di “Pulp”, se è vero che c'è differenza tra parodiare e imboccare la via del fancazzismo (nel senso non necessariamente dispregiativo del termine).
Immagino che poi qualcuno mi verrà a dire di questo romanzo che anche io “non avevo capito niente”... ma quello che non ho capito, in realtà, è una cosa precisa: se è vero che il libro è stato finalista al premio Strega, non ha ragione, allora, chi avanza dubbi sui meccanismi dei premi letterari in Italia?

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Non avevo capito niente 2013-07-12 16:13:58 T.D. Lemon
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T.D. Lemon Opinione inserita da T.D. Lemon    12 Luglio, 2013
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scurdammoce 'o passat'

E bravo il nostro pulcinella.
Tecnica e realtà a profusione, un cinismo melodico e brioso ed ecco qua che De Silva tira fuori questo buon lavoro dal cilindro.
“Non avevo capito niente” è il titolo del suo romanzo … ma alla fine del libro, a me,
non è poi mica tanto sembrato.
Alcuni lo hanno definito un romanzo semplice, ed io confermo, ma è proprio qui che ha colpito,
la semplicità con la quale affronta temi complessi e delicati come: la camorra, la separazione, una famiglia che va a rotoli e l’adolescenza di un figlio, insomma, “cosucce”.
Il protagonista VINCENZO MALINCONICO oltre ad avere delle grandi "imprecazioni" che da subito mi hanno fatto diventare suo fan è un avvocato atipico in bilico tra il volere e l’essere:
civile o penale, padre o figlio e marito o amante.
la storia continua sulla retta di questo gioco, mai noioso e molto interessante da seguire, perché in fondo un nuovo modo di affrontare le situazioni può sempre essere utile , a chiunque.
Un libro leggero e che fa sorridere analizzando tempi in cui in effetti poco rimane da sorridere e
cosi ho colto in De Silva un abilissimo osservatore ed un buon narratore .

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Consiglio a chi si vuole fare due risate sensate.
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Non avevo capito niente 2013-07-11 15:27:41 Raffa73
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Raffa73 Opinione inserita da Raffa73    11 Luglio, 2013
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Vincenzo Malinconico

Ho voluto recensire questo libro perchè è un libro veramente bello, come tutti i libri di De Silva.
Il suo modo di scrivere è unico, mi trovavo a ridere mentre leggevo e poi mi dicevo: "... ma perchè rido? qui la questione è seria!".
Vincenzo Malinconico è il protagonista, "il nuovo povero", in giacca e cravatta, che nessun sindacato difende, insomma parliamo di un avvocato (e credetemi è così!!!). Lo vedi girovagare per il tribunale pur non avendo nulla da fare, salutare con un largo sorriso un collega che nemmeno conosce o che gli sta sulle scatole, camminare per le strade di Napoli e lasciarsi andare ai pensieri.
Vincenzo pensa molto visto che la sua vita è tutt'altro che rosea: un matrimonio finito, una carriera che non decolla, due figli. I suoi pensieri spaziano, lasciandoti di sasso e facendoti pensare a tua volta Alla fine ti chiedi: non sarà che Vincenzo in realtà ha capito tutto della vita e me la sta spiegando?
La trama è relativamente importante, è Vincenzo il fulcro del romanzo, ci parla di quattrosalti in padella e di camorra quasi con la stessa disinvoltura, quando in realtà le sue riflessioni mettono a nudo un uomo con un grande spirito d'osservazione e tanta sensibilità. Lui ci racconta la vita con un humor disarmante, sottolineandone proprio gli aspetti roccamboleschi, seppur tragici, senza mai svilirli.
E' un libro da leggere perchè alla fine ti innamori di Vincenzo, o forse di De Silva? non credo ci sia differenza.

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Gli altri romanzi di De Silva
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Non avevo capito niente 2013-01-05 11:21:49 fulvio
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Opinione inserita da fulvio    05 Gennaio, 2013

MALINCONICA..MENTE AVVOCATO

Certamente non è un capolavoro, ma rispetto a tanta paccottiglia che gira è scritto bene, ha ritmo e si cala bene nel rappresentare l'ambiente forense (il brano "ho visto cose che voi non avvocati..." è esilarante nella sua aderenza al vero). Una lettura piacevole e divertente, anche se è più centrato sulla figura del protagonista - tra lo stralunato e il depresso - che su una vera e propria trama. Di fronte alla decadenza della figura sociale e professionale dell'avvocato, il povero Malinconico porta una ventata di aria fresca che non guasta.

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i romanzi di Carofiglio
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Non avevo capito niente 2012-05-24 21:56:43 marta
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Opinione inserita da marta    24 Mag, 2012

All'inizio...non avevo capito niente...

Pur piacendomi il modo di scrivere, all'inizio, non riuscivo ad entrare nella storia, non capivo dove voleva arrivare e se sarebbe mai arrivato da qualche parte. Piano piano, però, la storia mi ha preso ed il finale, davvero imprevedibile, mi ha lasciato una bella sensazione e, sicuramente, la voglia di leggere qualcos'altro di questo scrittore...

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