Neve, cane, piede
Letteratura italiana
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La verità di una vita
La montagna e le sue innumerevoli forze, impasto di leggenda e realtà, una fiaba senza tempo di un percorso scandito dai singoli giorni.
Adelmo Farandola è un uomo dimenticato da tutti, un pezzo di storia che ha perso una parte della propria, aggrappato e avvezzo ai silenzi, disabituato ad ascoltare, ripete gli stessi gesti, si sposta in modo guardingo, respira sensazioni, odori, rumori, in testa quel suono inquietante di quando era bambino.
Vive quassù, lontano da tutti, un eremita che diffida degli uomini, rigetta sguardi e domande indiscrete, unico compagno un cane parlante, capitatogli tra i piedi, a suo modo saggio o forse soltanto vecchio, mille voci gli parlano.
Non scherza, non ricorda di non ricordare, la solitudine di anni confonde la realtà vera e quella sognata. È abituato ad accontentarsi di poco, a parlare con i gorgoglìi della fame, non si lava da anni, impregnato di uno spesso strato colloso, come una seconda pelle.
Quell’alpe gli appartiene, così come gli animali e l’aria, può farci quello che vuole, non segue alcuna regola, non ha licenze, la solitudine gli piace e gli è vitale, lunghi anni per impararne il piacere ignorando la fame, il conforto di parlarsi da solo e di immaginare le voci delle bestie e delle cose pronte a rispondergli.
Fame, freddo e sonno gli siedono di fronte, fuori si affaccia il lungo inverno, la neve si muove, vive e respira, neve e ghiaccio sono creature rumorose, sfrontate, beffarde, bussano alla porta e chiedono di entrare.
Adelmo è assorto nei suoi pensieri, sepolto dalla neve, racconta in silenzio al cane addormentato, mentre qualcosa riemerge dal suo passato e dal fondo della sua memoria disastrata, un ritrovamento improvviso e inaspettato, misterioso e infausto, un cupo presagio inizia a percuoterne i giorni, le fantasie si fingono ricordi, le ore si confondono sotto gli strati di neve che trasformano la luce in un crepuscolo azzurro.
È qui che tutto nasce e pare confondersi, sparire, dissolversi, per riemergere, e pezzi di storia ricostruiscono accadimenti possibili, certezze nefaste, eventi improbabili, o forse è solo un’ idea nella testa.
Il racconto, secondo quanto ci dice l’ autore stesso, ha avuto origine da una storia vera, un incontro casuale durante un’ escursione montana, l’enigma mai svelato di un personaggio come tanti, intriso di mistero, leggenda, fantasia, epos. Il resto è una storia condita dalla penna, ma vera, e tale si presenta ai nostri occhi, sin dalle prime righe, di certo riesce a restituire l’ incompiuta fragranza di una presenza e di una vita condita di mistero e autenticità, ma che respira vividamente.
Indicazioni utili
Adelmo Farandola
Adelmo Farandola è un uomo come tanti ed un uomo come nessuno. Adelmo Farandola è il risultato della solitudine desiderata ed obbligata di chi vive in quei luoghi talvolta dimenticati da Dio che sono le realtà dell’alta montagna. La sua, è una storia come tante, una storia come nessuna.
Adelmo ha scelto di vivere proprio lassù, proprio nelle combe più nascoste ed integrate delle valli alpine, lassù dove nessuno può raggiungerlo e dove la vita che già di per sé è dura, diventa semplicemente impossibile. Di lui tutti sembrano dimenticarsi, perfino sé stesso che nell’ottusità di quei silenzi perde la cognizione del tempo che passa, dei giorni che furono, di quelli che sono, di quelli che saranno. Il tutto in un’unica e contestata compagnia; quella di un cane indesiderato e poi amato, una bestiola che quando c’è è troppo con la sua presenza e quando è assente è troppo per il vuoto che lascia. Dialoghi improbabili eppure fortemente ironici, quelli che con la stessa prendono campo.
Un inverno rigido, le provviste che si consumano troppo rapidamente con due bocche da sfamare. Il disgelo, quel piede. Di chi è? Perché è li? Cosa è accaduto? Che fare? Dare l’annuncio della misteriosa scoperta, oppure aspettare il sopraggiungere della bella stagione per scoprire, se non altro, di chi si tratta? Peccato solo che sia un piede umano e non lo zoccolo di un animale selvatico, altrimenti sai che delizioso e succulento brodino…
Quello di Morandini è un romanzo che sin dalle prime battute trasmuta il lettore in un clima basato sull’essenzialità, un teatro dove ogni dettaglio dà vita ad una favola morale sussurrata con toni ironici, mai banali, mai ridondanti.
Forte dell’influenza del tipico romanzo svizzero “Neve, cane, piede”, è un elaborato caratterizzato da una vicenda non immediata, il cui senso e il cui messaggio sopraggiungono a lettura ultimata con disarmante e prorompente forza, uno scritto in cui uno stile rapido, fluente, captante e magnetico, si alterna ad una riflessione intima e privata.
Al tutto si sommano le ambientazioni, luoghi incontaminati della natura e dei suoi abitanti – dai cani ai corvi – in cui il lettore si immedesima, rivive, ricrea con la mente. A conclusione un breve capitoletto intitolato “storia di questa storia” in cui l’autore ci rivela da chi e da cosa è nato questo anziano montanaro, in cui lo scrittore ci descrive quali realtà nascondono le montagne, quali universi si celano dietro quegli uomini dimenticati dal loro stesso genere di appartenenza.