Nessuno sa di noi
Letteratura italiana
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La discesa agli inferi
Libro meraviglioso, struggente, intenso, intimo, intriso di dolore e nello stesso tempo pieno della luce della rinascita. Incentrato sul tema dell’aborto terapeutico, questo racconto è estremamente potente, nei contenuti, nello stile, nelle emozioni. Tutto inizia da un attimo prima dell’impensabile, ovvero di quell’ecografia che cambia tutto nella vita di questa famiglia. Il lettore segue un percorso che si snoda attraverso tutti i dubbi, le ricerche di conferme, ma soprattutto di smentite, la ricerca di soluzioni, il dramma della scelta. Questa giovane mamma che vuole recintare l’assurdo, per domarlo, per renderlo più familiare, per trovare la strada di superarlo. Perché se il futuro è diventato un amalgama di colori contrastanti, lei punta al distacco come arma di difesa, per lei indispensabile per ritrovare l’equilibrio. Luce e Pietro erano felici, poi in un istante qualunque sono precipitati e hanno dovuto scegliere per Lorenzo, troppo debole per vivere, ma anche troppo potente per morire. E nell’istante di quella scelta inizia la discesa agli inferi. Con tutti i risvolti psicologici che una scelta di questo tipo può comportare e che si ripercuotono nei mesi successivi. Poi arriva il momento inaspettato, forse nel luogo meno adatto ed in compagnia delle persone più impensabili, in cui Luce riesce a buttare fuori il suo dolore, rivendica la sua scelta ad alta voce e da lì, lentamente, incastrata in uno spazio neutro senza più colori, in cerca di una via d’uscita, sente che si possono riaprire timidi spiragli e vi si aggrappa. Trovando appigli. Trovano l’amore che non era mai andato via. Non penso che il nome della protagonista sia stato scelto a caso. Dalla penna di un’autrice che ho già avuto modo di conoscere e di amare follemente, è scaturita una storia che illumina.
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Tema forte
Nessuno sa di noi è un libro che non consiglio a persone in stato di gravidanza. Potrebbe causare qualche disturbo.
Il tema del libro è estremamente forte, ovvero dopo aver cercato per anni un bambino, Luce la protagonista rimane finalmente incinta. Ma alla 29esima settimana scopre che il suo tanto desiderato Lorenzo ha una grave menomazione fisica.
Il suo tormento di aver sbagliato qualcosa nel corso della gravidanza e la scelta difficile.
Il libro ha molti Cliché: la madre di Luce donna una fredda, Pietro il partner forte e determinato e che prende decisioni per lei, c’è anche la suocera “bigotta”.
Non vado oltre per non rovinare la lettura a chi fosse interessato alla lettura del libro.
Ci sono pareri molto contrastanti, ovvero chi approva la scelta dei protagonisti e chi no. Io non l’approvo, per tutto questo senso di angoscia derivato anche dal modo di scrittura dell’autrice ho trovato il libro in alcuni punti molto forzato.
C’era bisogno di spiegare i dolori atroci del parto?
Lo consiglio forse alle persone che magari sono ossessionate nel fare dei figli che però non ci riescono, questo libro un po’ insegna che nella vita c’è di peggio a non riuscire a rimanere incinta. Per esempio qui in questo libro, Luce avrebbe preferito non sentire la presenza di Lorenzo fino al settimo mese e scoprire che il bambino ha una displasia scheletrica in forma grave.
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il dolore più grande
Una gravidanza molto desiderata e la scoperta, al settimo mese, di una displasia scheletrica che non consentirà al bimbo di vivere, forse neanche di sopravvivere al parto: che fare?
Era da tempo che mi proponevo, incuriosita dalle numerose recensioni, di leggere questo libro che ha fatto molto discutere; eppure ogni volta che mi capitava tra le mani, qualcosa mi tratteneva dall'aprirlo; forse temevo di trovarvi un dolore che non sarei riuscita ad affrontare o forse non mi sentivo pronta a rispondere alla domanda che ogni madre si pone di fronte al dramma che la protagonista ha vissuto: e io, al suo posto, cosa avrei fatto?
Luce e Pietro da tempo cercano di avere un figlio e ora il loro desiderio sta per avverarsi: per Lorenzo hanno già preparato tutto: corredino, cameretta e un immenso amore. Ma l'amore a volte non basta ad arginare ciò che non è prevedibile: Lorenzo ha una malformazione genetica che non dà speranze. Luce, sconvolta, non sa prendere una decisione; l'istinto la spingerebbe ad andare avanti, a proteggere la sua creatura contro tutto e contro tutti. Ma Pietro è di un altro parere: come potrebbe vivere un bimbo le cui ossa non sono in grado di crescere? Con quali prospettive? Quali sofferenze? Le leggi italiane non danno scelta: al settimo mese un aborto terapeutico non è consentito e così Luce e Pietro si recano a Londra per sentire l'ennesimo consulto e per avere la possibilità di decidere se mettere al mondo Lorenzo, oppure evitargli un tale dolore.
“Nessuno sa di noi” è un libro dal forte impatto emotivo, in cui al lettore non viene risparmiato nulla. La Sparaco descrive magistralmente un iter che si dipana tra esami, consulti medici e freddi ambulatori. Un calvario fatto di ansie, dubbi, sensi di colpa, solitudine, impotenza, rassegnazione, disperazione, depressione. Luce e Pietro vengono duramente messi alla prova, la loro esistenza non sarà più quella di prima: dovranno affrontare un periodo di profonda crisi e di incomunicabilità, proveranno il desiderio di fuggire, saranno sopraffatti dall'odio per chi il sogno di avere un figlio lo ha realizzato senza fatica, proveranno rabbia verso chi, con superficialità, si permette di giudicare senza sapere.
La scelta dei protagonisti di questo romanzo è discutibile: non li condanno, capisco le loro motivazioni; posso solo dire che io al loro posto avrei agito diversamente.
Il romanzo della Sparaco mi ha profondamente scossa, ha fatto riemergere un dolore che nella mia esperienza di madre molti anni fa ho vissuto e avevo in parte rimosso. E' un libro che ha il pregio di far riflettere su una tematica scottante e dolorosa che vede protagoniste madri che non potranno mai abbracciare la creatura che tanto avevano desiderato, madri di cui si preferisce non parlare, non sapere.
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La scelta
Nulla mi affascina più della gravidanza, della maternità. Una donna in dolce attesa è sensuale, attraente, un concentrato di luce, divinità e potere. Pelle luminosa, forme morbide in grado di appagare gli occhi, capelli lucenti, nove mesi di bellezza primordiale. L’utero ospita un mistero, quello della vita, un dono prezioso è stato dato alla donna, libera di accettarlo o rifiutarlo con assoluta armonia e pace dei sensi, quello di essere madre. É nella natura accoppiarsi e garantire la specie, ma non sempre la macchina speciale che è il corpo umano funziona a perfezione e a volte ciò che pare scontato e semplice in realtà non lo è. Può un utero essere inospitale, può il liquido amniotico essere vita e morte allo stesso tempo, può la placenta stancarsi del suo ruolo prima del tempo, può l’organo mettere in moto una delicata operazione nel momento sbagliato. Può il tesoro custodito fra le pareti così intime, personalissime, non essere perfetto, può essere gravemente malato.
In sala d’attesa gioiscono le gestanti, futuri genitori sorridenti con parenti al seguito scalpitano per vedere chi si nasconde là dentro, l’ecografia in 3D, la videocassetta con immagini chiare, il pugnetto che si agita, un dito in bocca, un piedino puntato sullo stomaco. Escono felici dalla stanza della rivelazione impugnando foto in bianco e nero che finiranno in prima pagina nell’album del nascituro, un trofeo da mettere in bacheca. Che orrore uscire dalla stanza delle confessioni dolorose con la certezza di non avere più certezze, con una sentenza di morte o di condanna alla sofferenza. Che dolore dover scegliere. Ci si aggrappa alla fede o la si rifiuta? Ci si affida alla scienza o la si dubita? Luce e Pietro, i protagonisti, faranno la scelta per loro migliore, consapevoli delle conseguenze e del carico emotivo che li accompagnerà fino alla fine dei loro giorni. Capita, purtroppo, di non avere neanche la possibilità di scegliere, lo fa madre natura al posto nostro senza consultarci.
Si parla poco di aborti terapeutici, delle malattie genetiche e delle esperienze altrui in questo campo, o forse si presta solo mezzo orecchio perché la sofferenza degli altri la si schiva per non esserne contagiati, vi è il terrore, credo, che una cosa del genere possa accadere a noi smorzando la voglia e il dovere di sapere. Un contenuto di difficile digestione, blocca il respiro e annienta l’appetito. Per affrontare la lettura di questo libro, che non è autobiografico, bisogna armarsi di apertura mentale e capacità di ascolto. Capisco che un tema tanto delicato, esposto benissimo con una penna sapiente, possa creare due fazioni contrapposte pronte alla guerra pur di rivendicare i propri diritti. Io non mi sono schierata da nessuna parte, ho letto con interesse ed angoscia una probabile storia, ho riflettuto e provato ad immedesimarmi nella protagonista, ho valutato i pro e i contro, ma non sono giunta ad una conclusione definitiva. Mi è venuto il bisogno e la voglia di abbracciare mentalmente tutte le famiglie che soffrono e che ruotano intorno a questo tipo di scelta.
Concludendo, lo consiglio a tutti, previo abbandono momentaneo dei pregiudizi.
“Mio figlio non ha mai incontrato il mio viso, e se fosse nato, forse, non mi avrebbe neanche riconosciuta. La mia carezza è stata un ago che gli ha tolto il respiro, e il mio latte usciva al richiamo di pianti sconosciuti per andare sprecato in un reggiseno che non ho mai più indossato. Ma è da me che è partito, e dentro di me si è fermato. È dalle madri che partiamo, ed è alle madri che sempre torniamo, una volta concluso il viaggio”.
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Dolori diversi...
Leggendo, ho assunto alternativamente la posizione di spettatore e quella di protagonista, immedesimandomi in entrambi i protagonisti. Da uomo ammetto di non riuscire a provare le stesse sensazioni di Luce, mi risulta troppo difficile oppure non sono dotato di nessun briciolo di maternità, dote non così sconosciuta agli uomini. E purtroppo mi tocca convenire che la maggioranza degli uomini avrebbe avuto una reazione come Pietro, io compreso. Però è stato costruttivo vivere queste sensazioni con gli occhi di Luce, perchè credo che siano raccontate in una maniera così credibile da far nascere la certezza che la scrittrice sappia benissimo di cosa sta parlando. Tutte drammatiche sensazioni che non hanno mai preso vita dentro il mio corpo, a parte una fondamentale, che ha dovuto subire anche Luce. Mi riferisco alle conseguenze di una scelta consapevole, dovuta e inevitabile. Mentre Pietro ha dovuto lottare contro il destino che gli ha inviato un figlio senza futuro, ed ha potuto riprendere la sua vita con lo slancio del guerriero che non si fa abbattere dalle difficoltà, Luce ha dovuto combattere contro un senso di colpa, legittimo, che le ha premuto contro lo stomaco per mesi e mesi lasciandola con al sensazione di avere il fiato corto. Questo è i vero dramma che ha dovuto sopportare, in silenzio, non capita da nessuno. Quando il destino ci manda i suoi strali,e nella maniera più dolorosa , ci offre anche la possibilità di rivolgergli la sua rabbia, facendo crescere le forze a dismisura, aiutandoci a trasformare una difficoltà in una prova di forza. Quando invece lo fa nella maniera più subdola, lasciandoci solo la possibiltà di scegliere quale dolore sopportare e su quale persona scaricarne buona parte, ci toglie ogni arma e ogni scudo di difesa, lasciandoci in balia della tempesta da noi stessi alimentata. Queste sono le ferite difficilmente rimarginabili, quelle inferte dal fato ma continuamente agitate nella piaga dal nostro inconscio.
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Lo strazio interiore di Luce
Libro molto struggente che tratta un tema sicuramente non facile: l'aborto preventivo.
Ammetto che da uomo ho provato ad entrare nelle profondità e sensibilità che solo una donna può capire quando si affrontano certe tematiche, mi sono molto commosso nel leggere dello strazio interiore della protagonista Luce, ma so già che è solo un tentativo, una donna che vive certe cose, un uomo non potrà mai comprenderla fino in fondo.
La trama: Luce e Pietro sono una coppa gioiosa e dinamica, lei giornalista lui uomo d'affari, il loro sogno si avvera finalmente Luce aspetta un bimbo. Controlli, esami , analisi fino al giorno fatidico in cui al piccolo nascituro Lorenzo ormai da quasi 7 mesi in grembo viene diagnosticata una terribile malattia: la displasia scheletrica. Pietro cattolico praticante e Luce atea, si trovano di fronte ad un dilemma che li tormenta: in Italia non è più possibile abortire in altri posti sì e dopo mille confronti, dialoghi e sconvolgimenti interiori volano a Londra.... nel periodo natalizio e...
Da questo momento in poi il libro diventa un'analisi interiore spietata, soprattutto per la protagonista Luce di cui vengono sviscerate ogni sorta di sensazione ed emozione, un calvario psicologico senza sconti
Voglio estrapolare solo qualche passaggio crudo, terribile a riguardo dei dialoghi pre aborto. Pietro a Luce:
...Pensa a un giorno della tua vita, al giorno in cui hai provato il dolore più insopportabile, in cui ti sei sentita più messa da parte. Prendi quel giorno e moltiplicalo fin all'inverosimile, fino all'impensabile. Poi non pensare più a te , a noi , che magari bruceremo all'inferno, pensa a questo bambino. E' così che sarà la vita di nostro figlio se disgraziatamente dovesse sopravvivere al parto"....
Ho provato molto dolore nel leggere queste cose, ma un libro che mi stravolge così vuol dire che alla fine mi ha emozionato e quindi, anche se l'argomento è ostico, mi è piaciuto
Non voglio lasciare nessun giudizio morale o etico ci mancherebbe, solo sensazioni
Straziante
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Un libro che ti scuote dentro
In questo libro si narrano le vicende di Pietro e Luce.
Questa coppia cerca da lungo tempo un figlio, dopo il sesso a comando finalmente arriva il giorno in cui Luce scopre d'aspettare un figlio.
Un giorno durante una visita di controllo viene diagnosticata una patologia seria al piccolo Lorenzo, una patologia che ne comprometterà la sopravvivenza.
Alla fine vengono posti davanti ad una scelta, proseguire accompagnando Lorenzo verso una fine inevitabile oppure eseguire un aborto terapeutico, ma il tempo legale in Italia è scaduto, unica scelta è andare in Inghilterra.
Luce e Pietro allora intraprendono un viaggio dopo sperano la diagnosi venga smentita, ma ahimè la diagnosi viene confermata, Luce ormai distrutta e senza forze non sa cosa fare, Pietro allora decide per entrambi.
Al ritorno le cose sono cambiate è il periodo di Natale, inevitabile non pensare a Lorenzo, il dolore per entrambi è straziante, ma per Luce è una ferita dell'anima che la sta uccidendo dentro piano piano.
La coppia entra in crisi, inutili gli sforzi di Pietro e dei loro amici per risollevarsi, Luce trova sollievo alle sue pene nella lettura delle discussioni di alcune donne che come lei hanno vissuto vicende simili iscritte ad un blog.
Ogni capitolo inizia con la discussione di una utente del blog, come fosse un ipotetico dialogo tra amiche in questo viaggio.
All'inizio del libro Luce è la protagonista, durante il loro viaggio della speranza emerge come punto centrale emerge prepotentemente Pietro, ma nel dolore la coppia fa capanno isolandosi da tutti insieme superano anche questa terribile esperienza.
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Potrebbe sembrare triste, ma è un libro che ti scuote dentro e per questo è bellissimo.
Consigliatissimo.
IL CARNEVALE DEGLI STEREOTIPI
ho deciso di leggere questo libro, incuriosita dalle numerose recensioni inserite e dall'argomento trattato.
Coraggiosa questa scrittrice, mi viene inizialmente da pensare, ma poi maturo anche la riflessione che, forse, sia anche un' ottima strategia pensata a tavolino. L'aborto terapeutico come tema, è intuibile da subito avrebbe creato sicuramente molto rumore, molta pubblicità, molto parlare e quindi molti libri venduti, molta visibilità......
Doveroso prima di altro, dire due parole sullo stile di scrittura, che risulta scorrevole, il libro lo si divora in poco più diuna giornata, anche se ritengo che la scrittrice abbia affrontato questo tema in modo molto superficiale, mantenedo un "basso profilo",nel senso che, la cosa più semplice da fare sia stata focalizzare l'attenzione sulla madre,come vittima di una situazione tragica, inaspettata,arrivando a trovare tutte le giustificazioni possibili alla scelta....
Ovviamente il discorso diventa molto più ampio di quello inserito nel commento a questo "romanzo", la riflessione assume forza ed importanza, se racchiusa nel contesto sociologico che ci ritrovIamo a vivere.
Contesto nel quale il relativismo, il soggettivismo, l'annullamento dei valori indissolubili legati alla difesa, ed al prendersi vera curadella vita come bene primario ed imprescindibile per una società onesta e giusta, la fanno ormai da padrone... Ecco che si cercano continue conferme ad azioni che la stessa coscienza del singolo condanna. Il parlarne, il far passare come "normale", come unica scelta possibile, un aborto terapeutico al settimo mese di gestazione, per di più, all'esterno dell'Italia, in quanto la nostra legge non lo permette, diventa ottimo trampolino di lancio per la Spartaco, ed ottimo sostegno per l'idea collettiva del nostro oggi, che chi non è "normale", non ha spazio nella nostra società, non ha diritti, nemmeno quello di venire alla luce e di essere amato per quello che è e che può dare.
Ecco che ci si riempie la bocca di frasi retoriche quali: " Che futuro può mai avere un bambino con gravi handicap fisici?
Decido di non farlo nascere per non farlo soffrire inutilmente....
L'ipocrisia la fa da padrone,siamo la stessa società che si indigna se viene abbadonato un animale domestico in autostrada d'estate ( confermo che è un'azione bieca e crudele..), dell'aborto però poco si parla...
come i clichè della stessa scrittrice, che fanno leva sulla religione cristiana, menzionando un Dio crudele,che indifferente permette tali tragedie, alla colpevolizazione della Croce di Cristo, come esempio di percorso obbligato di sofferenza perraggiungere la salvezza, al riferirsi anche ad altri credo, in merito alla reincarnazione..... Tutti concetti buttati lì in maniera superficiale, per seguire il pensiero comune ( molto facile scrivere in questo modo....)
Non posso sentire come in questo caso, definire un aborto terapautico al settimo mese di gestazione, liquidandolo con la frase:
" E' solo un feto" ( se pur provocatoriamente... ma quanti possono decidere di prenderla alla lettera?); Uno scrittore ha anche delle responsabilità credo..... Sarà perchè sono nata due settimane prima dell'aborto eseguito su Lorenzo ( questo è il nome del bambino), quindi sentiamo, non ho nemmeno il diritto di essere definita persona? Cosa sarei allora? Un aborto venuto male?
La Spartaco inoltre, lascia ampio spazio a pagine pagine di dolore, incomprensione, buio, che una decisione del genere porta con sè, dando molta visibilità alla difficoltà di gestire tale scelta, e per carità, nessuno nega il dolore,assolutamente, come nessuno nega la
libertà di ciascuno di poter scegliere,ma, ecco che arriva la buccia di banana.... Non si può condannare in maniera derisoria ed aperta, tutte quelle donne che invece, scelgono di portare avanti gravidanze difficili e dolorose, subendo una sorta di attacco al contrario.
E' un libro che non consiglio quindi, che sguazza nel dolore, che rigira il coltello nella piaga, in maniera anche pruriginosa, con descrizioni quasi minuziose della tecnica operata per l'aborto ( che necessità c'è? il concetto è già chiaro di per sè), con personaggi, stereotipati, Luce donna debole, influenzabile come una bambina,Pietro, marito forte che si assume la responsabilità di decidere ed organizzare tutto; La famiglia di Luce, meno abbiente di quella di Pietro, un cattivo rapporto di Luce con la madre,
una suocera invadente....... Alè! Ecco a voi il carnevale degli stereotipi, e noi che abbocchiamo vergognosamente.....
Cara Spartaco non si lucra sul dolore, forse è per questo che nessuno ha mai scritto in modo così aperto e "sbragato" sull'argomento... Non trova?
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L'ombra di Medea
Nella cinquina finalista del premio Strega 2013, “Nessuno sa di noi” è un romanzo cha affronta un argomento delicatissimo: quello dell’aborto “terapeutico” e dei connessi conflitti personali, morali e psicologici.
La storia si sviluppa in due parti. Nella prima si narrano gli eventi: la promessa di una maternità che finalmente si realizza dopo tanti tentativi (“Il fatto è che io questo figlio lo voglio”; “Non lo voglio un pecorone che segua il branco, voglio che si distingua e che pensi con la sua testa. Bello o brutto, basso o alto, etero o omo, non fa alcuna differenza. Lo voglio speciale, e con un cuore immenso”), la scoperta – durante una visita di controllo – dell’anomalia genetica del feto (“Displasia scheletrica”; “So che gli acondroplastici sono quegli individui comunemente definiti nani”), la sofferta decisione di ricorrere all’aborto terapeutico.
Nella seconda parte si affrontano le conseguenze della decisione assunta da Luce e Paolo: le ripercussioni sul rapporto di coppia (“Vedo ogni giorno dissolversi quello che c’è tra noi”), l’interiorizzazione del senso di colpa, il suo sbocco, se di sbocco si può parlare…
Quanto alla tecnica narrativa, alle parti descrittive del romanzo vengono intervallate parti in forma espistolare: perché Luce è giornalista, tiene una rubrica su un settimanale (“Leggo sempre la sua rubrica. Mi fa compagnia una sera a settimana…”) e a lei scrivono molte donne. Poi, alle lettere della rivista subentrano le mail del forum “lospaziorosa.com”, che Luce frequenta, alla ricerca di conforto e risposte, attanagliata dal proprio senso di colpa.
Il tema dell’aborto terapeutico è affrontato con una sensibilità che mette in luce i tragici interrogativi che esso pone (“un medico obiettore di coscienza definisce improprio il termine terapeutico accostato all’aborto che si pratica per interrompere la gestazione di un feto affetto da un’anomalia cromosomica” … “si tratta di infanticidio, specifica. E spiega che bisognerebbe insegnare ai genitori ad accettare l’handicap, a valutarlo nella sua completezza, prima di ricorrere a scelte così definitive”).
Anche la dinamica del senso di colpa (“Da cosa crede che dipenda allora il suo senso di colpa?”), l’elaborazione del dramma (“Come si possa sentire una mancanza del genere per qualcuno che non abbiamo mai conosciuto”) e la progressiva consapevolezza che interviene dopo una decisione per forza di cose repentina (“E’ un essere puntiforme e luminoso. Lo vedo circondato da un’aura dorata. Un essere uterino e celestiale che emana una luce calma e costante”) sono analizzate in modo originale, con profondo rispetto per il pluralismo ideologico e nella piena coscienza del relativismo decisionale e del soggettivismo. Con un occhio puntato al complesso di Medea.
Un libro che fa molto riflettere. Un libro che può far soffrire.
Bruno Elpis
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Luce mi fa rabbia
La prima parte del libro è stata molto intensa e commovente. L'idea di portare in grembo un bimbo che forse mai verrà alla luce è fonte di tristezza e depressione e la storia aiuta a far riflettere su un dramma vissuto attualmente da molti genitori. E' dalla metà in poi che il libro perde il suo fascino e diventa un romanzo-lamentela, un romanzo-compassione, un romanzo che ha scatenato in me molta rabbia... Luce è una donna fragile, una donna che non sa affrontare una decisione importante e il momento decisivo della sua scelta lo vive senza convinzione, come un'automa, lasciando alla fine scegliere al marito, l'uomo dalla mille certezze. E' difficile quando ci si trova di fronte a un bivio scegliere la strada giusta, ma se quella scelta riguarda la tua vita, il tuo futuro, tuo figlio bisogna avere coraggio e decidere con la propria testa, seguendo le proprie convinzioni e i propri desideri. Mi aspettavo un libro diverso, meno superficiale nei contenuti, meno banale nei dialoghi, meno stereotipato nei personaggi.